A Bruxelles protagonista il Museo del Futuro
Rubrica di ricerca in collaborazione con il Museo Marino Marini
Parole che richiamano una sfida trasversale e complessa, che riguarda piccole e grandi istituzioni: vogliamo musei più rappresentativi, più attenti alla società che cambia, alle necessità e alle problematiche delle comunità che li ospitano.
La conferenza Communicating the Museum, ha esattamente l’obiettivo di essere punto di riferimento e luogo di confronto per tutti quei professioni della cultura che vogliono accettare questa sfida: un programma di 5 giorni ricco di eventi, dibattiti, workshops, talk e tour, attraverso i quali scoprire le migliori iniziative culturali in termini di partecipazione, le collaborazioni più audaci e interessanti, successi e fallimenti nel campo della comunicazione, educazione e audience engagement.
Abbiamo incontriamo la Direttrice Corinne Estrada per scoprire questo evento insieme.
In collaborazione con il Louvre, abbiamo organizzato la prima conferenza a Parigi e invitato i colleghi inglesi: eravamo poco più di dieci persone accomunate dal desiderio di condividere le proprie esperienze. Dopo questo primo incontro il numero di partecipanti è cresciuto gradualmente e esponenzialmente, si trattava della prima conferenza dedicata alle strategie digitali e di marketing all’interno del museo, c’era un mondo interno da esplorare e molto da imparare.
Il percorso è abbastanza definito: abbiamo iniziato parlando di branding e strategie di comunicazione all’interno dei musei, poi abbiamo sentito la necessità di confrontarci sulla visitor experience e audience development, in particolar modo attraverso l’utilizzo dei nuovi strumenti di comunicazione digitale, per questo tra il 2010 e 2015 abbiamo discusso molto di social media e Rete. A partire dal 2015 abbiamo assistito a un ulteriore passaggio, abbiamo sentito la necessità di concentrarci maggiormente sul ruolo politico delle istituzioni culturali e su tutte quelle attività dedicate al social engagement, alla interazione e coinvolgimento delle nostre comunità di riferimento.
Il tema di quest’anno “Are you ready to participate?” è dedicato proprio a quest’ultimo aspetto: la partecipazione culturale. In che modo lo affronterete e attraverso quale prospettiva?
In questi anni abbiamo potuto osservare come il tema della partecipazione si declini in modo diverso a seconda dei Paesi che ci ospitano. Abbiamo iniziato a discutere di engagement nel 2016 in Québec City con una conferenza dedicata alla missione e impatto sociale dei musei.
Grazie alla partecipazione di luoghi di eccellenza come il Museo di Fine Arts in Montreal, impegnato nel coinvolgimento dei visitatori ad ogni livello, abbiamo esplorato l’idea di museo come spazio di condivisione e arricchimento. In questa società di consumatori, la missione delle istituzioni culturali diventa quella di Restituire ed Accogliere.
Abbiamo continuato lo scorso anno a Los Angeles, con il tema “Museums Beyond Walls”, durante la quale ancora una volta abbiamo toccato con mano quanto profondamente i musei di oggi siano interessati all’inclusione e coinvolgimento delle loro comunità locali, raccontando esperienze di attivismo e partecipazione oltre le mura e le dinamiche politiche in atto.
Quest’anno, mi aspetto ci focalizzeremo sul tema della partecipazione da una prospettiva più formativa, cercando di riflettere insieme sui metodi e strumenti di comunicazione e interazione più efficaci, soprattutto in termini di co-creazione e co-design. Abbiamo voluto mettere al centro, un’idea di apprendimento condiviso, orizzontale e partecipato, per questo abbiamo invitato rappresentanti dei Paesi Scandinavi, particolarmente attenti e preparati su questi temi.
A proposito dei partecipanti e di provenienza geografica, grandi assenti nella lista: i paesi mediterranei. Qual è la sua idea rispetto a una così bassa adesione da parte di alcuni dei paesi come Italia (Μuseo Egizio di Torino unico presente), Spagna e Grecia (no rappresentanti)?
Con le nostre conferenze siamo stati tre volte in Spagna e due in Italia, ma sono d’accordo nel dire che in generale abbiamo riscontrato maggiore difficoltà nel discutere di queste tematiche nei Paesi mediterranei, soprattutto quando la partecipazione richiede lo spostamento. Farei riferimento anche alla Germania, un altro Paese che vediamo raramente rappresentato nei nostri eventi. Questo non significa certo che questi Paesi non stiano facendo cose eccezionali nel settore, sappiamo che non è così, ma la tendenza forse è quella di avere minore interesse, eccetto alcuni casi, verso la condivisione, il confronto e il networking. Dalla nostra prospettiva, Australiani, Americani, Inglesi, Paesi Scandinavi, Belgio e Lussemburgo, sembrano più attenti a questi aspetti, oltre che sicuramente più orgogliosi di condividere e valorizzare la loro esperienza.
Il mio messaggio è sicuramente di apertura e interesse verso i Paesi mediterranei, saremmo felici di tornare in Italia e di organizzare per la prima volta una delle nostre edizioni in Grecia: è importante che questi eventi siano loro stessi inclusivi e rappresentativi della diversità culturale che ci circonda.
Non a caso il titolo della conferenza è “Are you ready to participate?”: tutti sono invitati a partecipare al dibattito.