Vulnerabilità e resistenza
Milano. 17 luglio. Tradisce la consuetudine presentare un volume alla chiusura di una mostra. Anziché aggiungere informazioni evoca e testimonia un percorso. Ma per il ciclo «Terre vulnerabili», la collettiva nel formato di «growing exhibition» curata da Chiara Bertola con Andrea Lissoni, il programma di respiro internazionale che ha segnato la prima programmazione di Hangar Bicocca a spazi restaurati, non c’era alternativa. Nell’impianto metodologico dei curatori, il processo che supera la logica d’intrattenimento non si esaurisce con il traguardo di una mostra, ma continua a coinvolgere artisti e pubblico, producendo esperienze inaspettate.
Nasce così un volume che richiede una lettura di «profondità», di intesa con la parola scritta, estremamente curato nei contenuti e nella forma. I testi e le conversazioni tra i curatori, artisti e altri intellettuali sono statement generativi, già nei titoli presi a prestito da grandi intellettuali: «le soluzioni vere vengono dal basso» (Yona Friedman), «interrogare ciò che ha smesso per sempre di stupirci» (Georges Perec) «alcuni camminano nella pioggia,altri semplicemente si bagnano» (Roger Miller), «l’anello più debole di una catena è anche il più forte, perché può romperla» (Stanislaw J. Lec). Racconti polifonici per immagini che stimolano il campo visivo e portano a una definizione di vulnerabilità che supera l’accezione negativa, un’esperienza di cui ci parla Chiara Bertola
Una sfida pluridisciplinare quella di attraversare le possibili declinazioni dell’idea di vulnerabilità, dialogando con l’imponenza e la storia dello spazio, attualizzata dalle monumentali Sette Torri di Anselm Kiefer. Perchè?
«La prima immagine che ho avuto dell’Hangar è stata quella di un campo da arare, da seminare con nuove visioni, con nuovi pensieri… Vulnerabilità è quella singolare capacità empatica che permette agli esseri umani di riconoscere e accettare la propria responsabilità etica verso l’altro, la comunità, l’ambiente».
Una chiamata alle arti, in un momento di grande ridefinizione dei valori simbolici, sociali, economici, su temi che si manifestano come luoghi metaforici di appartenenza e occasioni di fertilità. Qual’è lo scenario futuro?
«Non può che innestarsi nel solco di questo lavoro e prevede la presentazione alternata di opere di importanti artisti al fianco di figure più giovani e meno note, portandole all’attenzione internazionale. Tutti i lavori saranno concepiti per gli spazi che da luogo di esposizione diviene luogo per la produzione e l’elaborazione dell’arte contemporanea. Continuiamo a provare a costruire qualcosa di diverso da una mostra».
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