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Viaggio tra le fondazioni di comunità del sud Italia. Seconda tappa con la Fondazione di Comunità di Salerno

  • Pubblicato il: 14/09/2012 - 13:28
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Ilaria Oliva
Giovanni Vietri

In occasione del congresso annuale della Fondazione Con il Sud, la scorsa settimana abbiamo iniziato un percorso di indagine su una delle linee di azione peculiari della stessa, che sono le Fondazioni di Comunità. Dopo l’intervista al segretario della Fondazione di Messina, abbiamo ascoltato Giovanni Vietri, presidente della Fondazione di Comunità di Salerno al quale abbiamo chiesto di raccontare l’esperienza che ha portato alla costituzione di questo particolare ente no-profit il cui raggio d’azione si estende su Salerno e provincia.

Presidente, com’è nata questa idea di creare una fondazione di comunità?
La storia di questa fondazione salernitana prende spunto dal progetto della Fondazione Cariplo che aveva appunto favorito lo sviluppo di fondazioni di comunità nel nord del nostro paese, mutuando il modello americano. Il Presidente Guzzetti nel 2007 mi parlò di questo nuovo “modello di filantropia organizzata” e delle sue modalità di gestione, esortandomi a mutuarne l’esempio a sud. Da lì è scaturito il contatto con Bernardino Casadei che per Cariplo seguiva le fondazioni di comunità e che per circa sei mesi, da giugno a gennaio 2008, ha partecipato ad incontri che si tenevano una volta al mese, fino a quando nell’aprile 2008 si è costituito un comitato promotore. Da quel momento è passato circa un anno e tre mesi prima che si riuscisse a dare alla luce la fondazione, il 27 aprile 2009, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana con la partecipazione di ben 63 soci fondatori, estremamente eterogenei e variegati (da persone singole ad associazioni, sottocomunità, etc). Siamo stati i primi a partire con un progetto di questo tipo nel meridione e siamo un modello per metodo e contenuto!

Come funziona il fundraising?
Partendo dalla prima raccolta che aveva raggiunto i 500mila euro, raddoppiati dalla Fondazione Con il Sud, si lavora molto sulla sensibilizzazione con lo scopo di far comprendere cosa sia una fondazione di comunità e favorire le donazioni. Sono stati istituiti dei fondi, anche piccoli a volte, nei quali il donatore che apre il fondo decide le modalità di erogazione dello stesso assieme alla Fondazione. Così facendo pian piano si è venuta a creare una catena di fondi che si va sempre più allargando. Anche se bisogna dire che il momento storico e la congiuntura economica nella quale ci troviamo rendono estremamente complicato il reperimento delle donazioni; inoltre i rendimenti del patrimonio sono davvero ridicoli, sfiorando al momento il 2% al massimo.

Come si articolano gli interventi?
Considerato che la crisi attuale ha prodotto nuove fasce di povertà, ci è sembrato utile introdurre per prima cosa delle azioni di microcredito per i lavoratori in cassa integrazione, affinché possano provare a reinserirsi nel mondo del lavoro, ad esempio.
Nel sociale invece puntiamo sul concreto, alla fornitura di beni strumentali utili a sbloccare meccanismi inceppati anche per poche migliaia di euro: un esempio è quello di una casa di riposo che aveva il furgone bloccato da mesi in quanto non potevano permettersi di pagare la riparazione; una volta finanziato questo intervento e sbloccato il meccanismo inceppato, tutto ha ripreso a funzionare.
Per realizzare gli interventi cerchiamo sempre di coinvolgere la comunità, nel senso che la fondazione copre il 90% ad esempio, e il restante 10% viene aggiunto dalle donazioni dei cittadini: una formula di compartecipazione che dovrebbe spingere ad una maggiore responsabilizzazione di tutti.

C’è qualcosa che vuole sottolineare a chiusura della nostra chiacchierata?
In linea di massima direi che le fondazioni di comunità sono un progetto a lungo termine, per il quale non può esserci una “scadenza” o un tempo limite, proprio perché si tratta di un lavoro lento anche sulla gente, in modo che si comprenda prima di tutto di cosa stiamo parlando e come il fare del bene può avere anche una valenza di crescita. Credo che per raggiungere questo risultato sia molto utile intensificare la messa in rete degli esempi già realizzati e che funzionano bene nonostante la complessità dell’insieme.

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