Verso un’armonizzazione europea delle fondazioni
Bruxelles. L’European Foundation Centre (EFC) ha pubblicato quest’anno l’aggiornamento della ricerca sulla comparazione dei diversi contesti legali e fiscali in cui operano le fondazioni dei 27 Stati dell’Unione Europea, della Svizzera, Turchia e Ucraina, pubblicata per la prima volta nel 2007.
Al centro della comparazione le tematiche più critiche: gli ambiti in cui le fondazioni possono operare per legge, i requisiti per istituire una fondazione, le indicazioni giuridiche di governance, senza dimenticare gli aspetti prettamente fiscali: la tassazione delle fondazioni, il trattamento sulle entrate da attività commerciale e dalla gestione degli asset, le agevolazioni fiscali per i donatori, con un occhio di riguardo alla complessa tematica delle donazioni internazionali.
Ancora oggi in Europa non esiste una definizione comune e ufficiale dell’istituto giuridico della fondazione; nonostante questo, la prassi considera le fondazioni come istituti indipendenti, no-profit, dotati di entrate finanziarie stabili e attendibili, generalmente istituiti da un atto di donazione e gestiti da un governo indipendente.
Naturalmente le differenze sostanziali tra i Paesi riguardano l’adozione del civil law – come l'Italia – e del common law – come il Regno Unito. Nel primo caso le fondazioni sono riconosciute come istituti giuridici, nel secondo il focus è spostato sul carattere di pubblica utilità dell’ente secondo il quale possono declinarsi diverse forme tra cui l’associazione, il trust, la charity.
Se tutti i Paesi riconoscono che il patrimonio della fondazione debba essere dedicato a uno scopo specifico, solo la metà di essi ne richiedono la pubblica utilità. Grandi differenze si riscontrano nel capitale minimo richiesto per legge (si va da un’assenza di richiesta ai 30.000 euro della Spagna, 70.000 euro in Austria e, in alcuni casi, a più di 1.000.000 di euro in Francia) e nel riconoscimento giuridico pubblico, che in alcuni Paesi è condizione inderogabile affinché la fondazione possa essere istituita.
Dal punto di vista fiscale tutti i Paesi a parte la Romania, presentano agevolazioni fiscali per le fondazioni che perseguono scopi di utilità sociale, ma si è ancora lontani da una definizione comune di quali siano i precisi ambiti d’intervento di utilità sociale, una lacuna che non permette ancora di procedere a direttive di uniformazione.
Anche le donazioni alle fondazioni che perseguono scopi di utilità sociale prevedono, nella maggioranza dei casi, precise agevolazioni fiscali tranne in Paesi come Cipro, la Slovacchia, la Svezia e l’Ucraina. In Danimarca, le fondazioni sono tassate anche sulle entrate da donazione, mentre nella grandissima maggioranza dei Paesi dell’Unione le entrate economiche da attività istituzionale non sono tassate (esclusa l’Italia, il Belgio, la Danimarca, Malta e la Turchia).
Maggiore diversità si registra, invece, sulle entrate da attività economica.
Il quadro aggiornato dell’European Foundation Centre (EFC) presenta una situazione ancora estremamente eterogenea ma è fondamentale per tenere monitorato il quadro di riferimento in vista di procedure di armonizzazione comunitarie.
Come afferma, Emílio Rui Vilar, Presidente uscente dell’EFC: «l’ambiente legale e fiscale in cui operano le fondazioni è in continua evoluzione, perché gli Stati ricercano costantemente nuove soluzioni più adatte. Dopo molti anni di lavoro verso un obiettivo comune, lo statuto delle fondazioni europee sta per diventare realtà. Nel frattempo, la Commissione Europea continua a perseguire tentativi di armonizzazione (…). E’ fondamentale rimanere informati e focalizzati sui trend correnti lungo tutti i confini dell’Unione».
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