Vent’anni ben portati tra Guercino, Lega e la pittura Veneta
Padova. Compie vent’anni la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e li festeggia con due mostre, dal 16 marzo al 31 luglio, nella sede restaurata del cinquecentesco Palazzo del Monte: la prima analizza, attraverso 20 fotografie, ciò che l’ente di origine bancaria ha realizzato nelle due decadi di attività a supporto dell’ampio territorio di competenza, mentre la seconda illustra attraverso 60 opere la propria collezione artistica. Il titolo scelto, «Ritratto di una collezione», mette bene in evidenza le finalità dell’appuntamento, che sono quelle di illustrare, per la prima volta in modo così ampio, i capi d’opera acquistati da molti decenni dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, il cui patrimonio è oggi è in parte proprietà della omonima Fondazione. La raccolta, come quasi sempre avviene quando le acquisizioni sono fatte da istituti bancari lungo un periodo storico durato secoli (dai tempi dei pegni depositati al Monte locale), è eterogenea perché frutto di arrivi da famiglie di prestigio, nobili e imprenditori in difficoltà economica. Qualche esempio è stato invece acquisito in anni recenti dalla stessa Fondazione, ma in tutti i casi quanto esposto è utile come «termometro» del gusto collezionistico a Padova e nel Veneto lungo un così ampio arco di tempo: le opere coprono infatti oltre mezzo millennio di storia dell’arte. Un elemento salta subito all’occhio scorrendo l’elenco degli artisti esposti: quello della presenza emiliana, accanto alla naturale e dominante presenza di artisti veneti. La Repubblica di Venezia certo è stata un forte attrattore di artisti provenienti da fuori dei suoi confini e gli emiliani furono tra i principali: i territori di Padova e Rovigo confinano con l’Emilia ed erano abbastanza comuni i matrimoni tra rampolli di casate venete ed emiliane. Tutti fattori che, uniti, spiegano la presenza di maestri d’Oltrepò nella collezione padovana, a partire dal grande telero raffigurante «l’Intercessione di San Domenico» realizzato per porre fine alla peste che colpì Padova nella prima metà del Seicento, dipinto da Luca da Reggio (detto «Luca fa presto») oppure alla drammatica raffigurazione di «Assalonne che fa uccidere il fratello Amnon» firmato da Guercino. Il gusto per l’area emiliano-toscana sembra continuare anche in epoca unitaria nelle acquisizioni bancarie, vista la presenza di Silvestro Lega e Giovanni Fattori. La parte del leone però la fa la pittura veneta: in mostra dipinti di Tintoretto, Strozzi, Da Ponte, Marco Liberi, Pellegrini e Pagani, Marco Ricci, Giovan Battista Pittoni, Rosalba Carriera, Giambattista Piazzetta, Zais e Bison, Zanchi, e per venire a tempi più recenti Oreste Da Molin, Giovanni Manzoni, Cesare Laurenti e Mario Cavaglieri, Tullio Crali. Il secondo dopoguerra è infine rappresentato da una sequenza di opere che segnala l’importanza del gruppo N e dell’Optical art con Biasi, Castellani e altri protagonisti. «Le opere esposte sono una parte della nostra collezione, spiega il presidente della Fondazione Antonio Finotti. Complessivamente la Fondazione ha un patrimonio di quattrocento opere di pittura oltre a diversi nuclei di sculture, incisioni, disegni, manoscritti».
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