Un'altalena in casa Merz
Torino. Dal 16 maggio al 2 settembre Marisa Merz è di scena nell’antologica «Disegnare, disegnare, ridisegnare il pensiero immagine che cammina», nella Fondazione intitolata a lei e al marito Mario Merz. La mostra ripercorre con opere storiche, recenti e inedite, l’intera carriera dell’artista torinese, costituendo la seconda tappa del progetto espositivo organizzato in collaborazione con la Fondazione Querini Stampalia di Venezia, che la scorsa estate ha ospitato la rassegna «Marisa Merz, non corrisponde eppur fiorisce». Un duplice percorso, dunque, suggellato da un volume che sarà presentato in settembre all’Hangar Bicocca di Milano.
Ad accogliere il visitatore nella Fondazione Merz vi sono rari lavori del 1966, anno del debutto di Marisa Merz. Si tratta di opere come «Living Sculpture», sculture sospese al soffitto, realizzate in lamelle di alluminio pazientemente assemblate a una a una, con gesti ripetuti, tipici della manualità femminile, che danno luogo a corpi simili a organismi fluttuanti nelle profondità marine. Del 1968 è poi l’altalena in legno e rame dedicata alla figlia dell’artista, «Altalena per Bea», in cui il tema della maternità si fonde con il ricordo dell’infanzia. Nel decennio successivo la Merz comincia a inserire frammenti di materiali come cera e argilla in oggetti quotidiani trasformati, così, in habitat sconosciuti, in scrigni contenitori di misteriose forme di vita. Il volto femminile, dai lineamenti fortemente stilizzati, fa la sua comparsa nelle sculture in argilla degli anni Ottanta e nei disegni degli anni Novanta, appoggiati, quest’ultimi, su supporti di metallo che amplificano il senso di transitorietà e precarietà del disegno e della bellezza muliebre.
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