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Una svolta. Tra criticità e novità

  • Pubblicato il: 15/09/2015 - 12:52
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Daniele Jalla

La posizione di ICOM Italia sulla selezione pubblica dei direttori dei musei statali ad autonomia speciale

L’individuazione dei venti direttori dei ‘grandi’ musei italiani è stata, per il mondo della cultura e del patrimonio culturale, la notizia dell’estate. Ha suscitato una vivace discussione in cui, esattamente com’era avvenuto l’anno scorso, più o meno nello stesso periodo, per la ‘riforma’ dei musei statali promossa dal Ministro Franceschini, hanno prevalso le critiche, i dubbi, gli interrogativi.
E, come l’anno scorso, sembra opportuno andare oltre la cronaca per inquadrare i fatti in una prospettiva di medio-lungo periodo, cercando di giudicarli partendo in primo luogo dalla considerazione che il processo avviato segna comunque, pur con tutte le sue innegabili criticità, nessuna esclusa, l’avvio di una nuova epoca nella gestione dei musei statali e, in prospettiva di tutti i musei italiani.
Una svolta che, nei suoi principi e nelle sue linee di fondo, corrisponde a uno scenario che la comunità museale aveva auspicato da decenni si realizzasse. Che essa non si attui nel migliore dei modi è certamente vero, ma non possiamo non tenere conto del contesto, politico e istituzionale, in cui si colloca.
Nel valutare le nomine con sguardo critico, ma il più possibile oggettivo, è bene allora partire dagli elementi di maggiore novità e rilevanza per esaminare in seguito i punti di debolezza e le criticità. Alcuni degli aspetti che suscitano i maggiori dubbi e timori, pur censurabili, non sembrano facilmente superabili, altri costituiscono invece un fronte di impegno che abbiamo già segnalato e su cui possiamo e dobbiamo agire.
 
 
1. Per la prima volta, da oltre un secolo, i musei italiani tornano ad avere un loro direttore.
A un anno dalla ‘riforma’ dei musei statali, sono stati individuati i primi venti e nell’autunno seguirà quella degli altri quattrocento direttori: scelti con procedure diverse, destinati ad avere un potere e un’autonomia differenti, sono però tutti accomunati da un unico profilo, destinato a fare da riferimento per tutti i musei italiani.
Si realizza così un ulteriore, concreto passo in vista del superamento dell’anomalia dei musei (statali) italiani, costituita, com’è noto, tanto dalla loro inesistenza in quanto istituto quanto dall’assenza di un direttore alla loro testa, come avviene invece in tutto il resto del mondo.
Dopo aver aspramente criticato questa situazione da decenni, dobbiamo innanzitutto rallegrarci di questa novità, non nascondendo che ci piacerebbe che la strada dei concorsi pubblici fosse estesa a tutti musei statali con tutte le riserve di posto del caso.
 
2.  I direttori sono stati e saranno scelti “ad locum”
Anche questo non accadeva da oltre un secolo, quando – tra il 1908 e il 1909 – si svolsero le prove per l’ultima tornata di concorsi “ad locum”, allora limitati alla direzione di Brera, delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, dell’Estense di Modena, della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma.
Le persone selezionate da questo concorso, come quelle individuate dai Direttori dei Poli regionali, dirigeranno il museo per cui si sono candidati, chiamati a svolgere una funzione specifica e non ad assumere la generica posizione gerarchica di direttore.
Anche questo può sembrare normale, ma non possiamo dimenticare che così non è stato per un tempo lunghissimo e che questo fatto costituisce una significativa svolta nella gestione dei musei dello Stato.
 
3.  La figura e il ruolo del direttore di museo corrispondono a un profilo ben definito
Il profilo del direttore, comune a tutti i direttori di museo statale, è un profilo ben definito dal Decreto ministeriale di organizzazione dei musei statali del dicembre scorso che il bando di selezione pubblica ha ripreso e ulteriormente articolato.
Questo profilo ricalca quello contenuto dalla Carta nazionale delle professioni museali approvata nel 2006 e dal Manuale europeo delle professioni museali del 2007: corrisponde cioè a uno standard nazionale ed europeo che ICOM Italia ha contribuito in modo determinante a definire e che vediamo finalmente accolto.
È un passo molto positivo, il primo – ci auguriamo vivamente – in direzione della definizione e ridefinizione dell’insieme dei profili professionali dei musei statali, a partire da quelli dei responsabili delle quattro aree individuate come struttura di base del museo statale (gestione e cura delle collezioni, servizi al pubblico, amministrazione, logistica e sicurezza) sino agli operatori dei servizi di custodia, vigilanza, accoglienza e sicurezza.
È evidente l’urgenza di provvedere a questo compito, mantenendo gli stessi riferimenti utilizzati dal Ministero per il direttore, ma anche tenendo conto delle recenti formulazioni degli altri profili che l’Assemblea di ICOM Italia del giugno scorso ha approvato.
 
4. Le designazioni sono avvenute tutte insieme
È certamente “una cura da cavallo (o da elefante), come è stato affermato, impensabile altrove. Ma va anche ricordata la fondamentale differenza fra la situazione italiana e quella degli altri Paesi, dove i direttori dei musei statali esistono da sempre e il loro avvicendamento avviene fisiologicamente in modo dilazionato nel tempo.
Sappiamo anche che l’attesa per l’esito di questo concorso costituiva uno degli elementi di blocco nel funzionamento del Ministero nel suo complesso, stremato da anni di riorganizzazione interna, di spostamenti continui di ruolo e funzione. Entro la fine dell’anno, almeno da questo punto di vista, la complessa macchina del Ministero dovrebbe trovarsi in condizioni operative migliori di quelle che c’erano al suo inizio.
Per questo crediamo che la selezione contestuale dei venti direttori sia stata una giusta scelta, auspicando anche che, in questo modo, essi possano così confrontarsi insieme sui problemi comuni che avranno da affrontare, elaborando soluzioni il più possibile omogenee e di riferimento anche per gli altri musei.
 
5.  Partire dal vertice o dalla base della struttura?
Qualcuno ha considerato negativo che si sia scelto di partire dall’alto (i direttori) e dai grandi musei (i venti dotati di autonomia speciale) anziché dalla base(quale?) e da tutti i musei. Ma come avviare un processo così complesso senza partire dai suoi vertici e senza affrontare i problemi più difficili, rappresentati proprio dai musei maggiori?
Sulla evidente difficoltà dei neodirettori di procedere senza poter contare su una struttura idonea e adeguata alle necessità torneremo più avanti. Come siamo consapevoli – e lo abbiamo denunciato da tempo, non in ultimo attraverso un documento sottoscritto anche da AIB e ANAI rivolto al Ministro nel febbraio 2015 – che sia urgente rafforzare i ranghi del Ministero con l’assunzione di nuovo personale da destinare innanzitutto alla tutela.
 
6.  Tra i vincitori della selezione vi sono cittadini di altri Paesi.
Il bando non prevedeva che tra i requisiti per partecipare alla selezione pubblica fosse necessario avere la cittadinanza italiana. Con un’enfasi mediatica forse eccessiva, l’apertura delle porte dei musei italiani a candidati che fossero nati, vissuti o avessero lavorato all’estero era stata anzi proclamata come un elemento distintivo del bando.
Quanto avviene per questi musei accade da tempo in molti altri settori e anche nel mondo della cultura molte frontiere sono cadute da molti decenni.
Il problema è semmai un altro: non sarà affatto facile a chi non ha esperienza e conoscenza dell’Italia, operare in un contesto, normativo e amministrativo, complicato come il nostro. Possiamo e vogliamo invece sperare che da un serio confronto con altre realtà e modi di gestire i musei pubblici, possano emergere idee e proposte per renderlo più semplice.
 
7.  Un processo di selezione lento e poco trasparente?
Certo non privo di zone d’ombre. Consideriamo però l’aspetto più positivo di questo processo di selezione pubblica che consiste proprio nel fatto stesso che esso sia stato adottato. Per ora per venti musei, in futuro, ci auguriamo, per tutti gli altri, aprendo la direzione dei musei non solo statali al merito anziché all’anzianità di carriera e alla logica chiusa delle amministrazioni.
Non è quanto prevedeva l’Atto di indirizzo sugli standard museali del 2001? Quanto è indicato dalla Carta nazionale delle professioni del 2006, dal Manuale europeo del 2007?  Quanto già avviene anche in Italia per i musei pubblici e privati?
Che anche il Ministero abbia deciso di adottare un metodo di selezione aperto e non riservato solo ai propri dipendenti è stato un bene e anche il fatto che il bando riservasse al Ministro la prerogativa di partecipare alla scelta finale appare, al contrario di quanto alcuni affermano, del tutto legittima: non si tratta infatti di un’intromissione, ma di un’assunzione di responsabilità da parte dell’organo di governo del tutto normale nella scelta di un direttore di museo.
È un’assunzione di responsabilità peraltro bilanciata dal parere tecnico di una Commissione sulla cui composizione nessuno si è sentito di fare obiezioni, non fosse per quei quindici minuti primi dedicati al colloquio con i candidati: un tempo decisamente inferiore a ogni standard di selezione, pubblica e privata. Sarebbe stato anche opportuno dare immediata pubblicità alle motivazioni che hanno portato prima alla selezione delle terne, poi all’individuazione del candidato prescelto, rendendo esplicito e trasparente il modo con cui sono stati applicati i criteri previsti dal bando.
Per un Paese come il nostro, trattandosi anche della prima volta che è stata fatta una selezione pubblica così aperta per la direzione dei ‘grandi’ musei, possiamo accontentarci? Senza entusiasmo, come per altre nomine, e soprattutto suggerendo che in futuro la procedura sia migliorata, nei modi e nelle forme della sua obiettività e trasparenza e non limitata ad alcune strutture.
 
8. Scelte insindacabili?
Le scelte fatte, buone o cattive che siano, sono certamente sindacabili (come tutte le scelte di questo tipo, comunque discrezionali. Le scelte sono state fatte dalla Commissione e dal Ministro ed è con loro e non certo con i candidati che semmai ce la si può prendere, come è stato fatto in modo ingeneroso e personalistico.
Va piuttosto raccolto l’appello di chi propone di dare credito ai neodirettori, attendendo a formulare un giudizio almeno sino a quando saranno resi pubblici – come auspichiamo e come prevede il Codice etico per i musei dell’ICOM – i programmi di mandato che essi dovranno elaborare. E in seguito, anche prima della fine del quadriennio, confrontandoli con i risultati raggiunti.
Allora si potrà iniziare a formulare un giudizio, sommando quello sul curriculum a quello sul programma e alla capacità dei neodirettori di realizzarlo.
 
9. Uno «schiaffo alle odiate soprintendenze»?
Uno solo dei venti direttori selezionati proviene dai ranghi del Ministero. È un fatto innegabile.
Spiace certamente molto che apprezzati e apprezzabili colleghi del Ministero siano stati esclusi. Ma, anziché lanciarci in ipotesi non sostenute da fatti o in lamentazioni che finiscono per assumere un carattere corporativo e autolesionistico, ci sembra che si debba piuttosto richiedere un pronunciamento del Ministro e della Commissione: aiuterebbero a sgomberare il campo da dubbi e sospetti su un processo di cui sono responsabili, facendo anche chiarezza sul problema dei nuovi organigrammi nei musei in rapporto alla riorganizzazione delle soprintendenze. Aiutando la ‘riforma’ a procedere, i neodirettori a iniziare il loro lavoro con maggiore serenità e tutto il personale a sostenere lo sviluppo delle istituzioni museali.
 
10. Competenze scientifiche e gestionali
Dai commenti emerge anche un altro, doppio equivoco: che l’essere un ottimo studioso consenta di essere il miglior direttore di un museo e che le competenze necessarie a dirigere un museo siano quelle strettamente legate alla disciplina di riferimento per lo studio delle collezioni.
Tanto più una persona è preparata nella materia di riferimento delle collezioni del museo che dirige, tanto meglio è, ovviamente. Ma si dovrebbe anche dare credito al fatto che la formazione ricevuta gli consenta di spaziare anche al di là del suo campo di studi specifico.
Carlo Azeglio Ciampi era laureato in filosofia, ma questo non gli ha impedito di essere stato un buon bancario e un ottimo Governatore della Banca d’Italia. E, per restare nel nostro piccolo mondo, Vittorio Viale, che è stato uno dei migliori direttori di museo del Novecento, era un archeologo di formazione, posto alla testa di un museo civico le cui collezioni spaziavano dall’archeologia all’arte antica sino a quella contemporanea.
Possiamo pensare che questo possa accadere anche nel Duemila in una situazione ben più evoluta, nel confronto fra i saperi e i saper fare, tra competenze scientifiche e professionali, di quella degli anni Trenta-Sessanta del Novecento?
 
11. I veri problemi sono davanti a loro (e noi)
I venti neodirettori sono di fronte a una difficilissima, non invidiabile sfida: saranno privi delle risorse economiche sufficienti a conservare, gestire e, se possibile, far avanzare istituti che hanno subito tagli su tagli come i loro ex responsabili ben sanno; mancheranno anche dei mezzi strumentali necessari, per lo più obsoleti, dai sistemi di condizionamento e allarme alle dotazioni informatiche; dovranno confrontarsi con un’autonomia operativa tutta da inventare, a fronte di un confuso modello di governance dei musei ad autonomia ‘speciale’, con una struttura tutta da creare, con profili professionali da mettere a punto ecc..
Senza parlare del non facile compito, come sa chiunque si sia trovato in condizioni analoghe, di operare un distacco dal corpo storico in cui si collocavano i musei, quello delle soprintendenze, un contesto a un tempo amministrativo, economico e gestionale, e in un quadro organizzativo a livello regionale in via di definizione e non privo di tensioni tra direzioni dei Poli museali, Segretariati regionali, Soprintendenze.
Intanto i neodirettori saranno chiamati a elaborare gli statuti dei loro musei, a ridefinirne la missione, a redigere un programma di mandato e a farlo approvare dagli organi di governo. Tutto questo senza distogliere l’attenzione dalla gestione quotidiana dei musei e dalla programmazione attuazione delle attività. Non poco, ci sembra.
Per questo crediamo che essi abbiano bisogno di solidarietà e di fiducia e soprattutto del sostegno da parte del ‘superiore’ Ministero e del Ministro in primissimo luogo. A lui e ai suoi più diretti collaboratori spetta il dovere di offrire loro l’insieme delle condizioni minime necessarie a operare, rispetto alle risorse economiche e umane, in primo luogo. Perché da come si realizzerà questa prima attuazione della riforma dipende il futuro di un Sistema Museale Nazionale che ha bisogno di un nuovo modo di essere e di fare da parte del Ministero innanzitutto.
Consapevoli che per la prima volta la questione musei va affrontata a partire delle professionalità che vi lavorano e che il nuovo sistema nasce anche da un’iniezione di giovani e professionali risorse
 
12  I nostri compiti
Alla comunità museale nel suo insieme dobbiamo chiedere impegno e collaborazione a questo cambiamento. Imperfetto, come tutte le cose umane, tanto più se si realizza in un Paese che pervicacemente ci disillude.
Ma, per la piccola parte che ci riguarda, con modeste speranze sul breve periodo, ma anche grandi aspettative sul futuro a lungo e medio termine. Perché il metro per misurare il cambiamento non è quello degli anni, ma dei decenni. La svolta, per quanto gestita come si può, con molta determinazione, ma anche con azzardo, c’è stata. Dobbiamo saperla accompagnare, contribuendo in tutti i modi e a tutti i livelli perché si realizzi nel migliore e non nel peggiore o mediocre modo possibile.
Siamo portatori, forse non i molti, ma in numero certamente sufficiente, di una nuova cultura di gestione dei musei e del patrimonio culturale. ICOM Italia aspira a esserne il portavoce, insieme a tutte le altre Associazioni museali e del patrimonio culturale, partecipando attivamente (e anche molto criticamente, se necessario) –a livello nazionale, regionale e locale – a una sfida che oggi coinvolge venti nostri colleghi, presto altri quattrocento, ma che alla fine dovrà coinvolgere tutti noi. E allora, senza abbandonare le armi della critica, diamoci da fare.
Evitiamo soprattutto che si ripeta quanto scriveva nel 1925 Adolfo Venturi, rivolgendosi privatamente a Mary Pittaluga, sua allieva e direttrice di Brera: “la carriera nei musei e nelle gallerie non è più una carriera. Quegli scolari miei che entrarono nelle gallerie, delle quali sono oggi direttori, hanno tenuto alto l’onore delle nostre armi: ma oggi essi stessi si trovano a mal partito, a leticare col Provveditorato per aver qualche foglio stampato, la spesa per i caloriferi, per l’acqua ecc.”.
 
 
Daniele Jalla è Presidente di ICOM Italia