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UN MARCHIO PER LA VALORIZZAZIONE DEI TERRITORI ITALIANI DI ECCELLENZA

  • Pubblicato il: 16/01/2017 - 00:10
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Luca Moreschini

Nei suoi oltre 40 anni di vita, nonostante il suo grande successo, la Convenzione UNESCO sulla protezione dei siti del patrimonio culturale e naturale dell’umanità ha mostrato qualche incertezza nell’affrontare il tema dello sviluppo sostenibile e i problemi legati alla qualità della gestione. Partendo da questa considerazione, nel 2011, su impulso del Professor Walter Santagata, la Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibact ha affidato al Centro Studi CSS-Ebla il compito di ricostruire gli impatti su sviluppo socioeconomico e governance locale, degli strumenti di politica economica e istituzionale, come i marchi collettivi, fondati sulla valorizzazione della reputazione attribuibile all’inserimento nella Unesco World Heritage List. I risultati di questa ricerca sono ora disponibili nel libro “Un marchio per la valorizzazione dei territori di eccellenza: dai siti UNESCO ai luoghi italiani della cultura, dell’arte e del paesaggio”, a cura di Luca Moreschini, Giovanni B. Ramello, Walter Santagata, recentemente pubblicato dall’editore Rubbettino nella collana dei quaderni del Mibact.

Il libro contiene integralmente i risultati della ricerca del 2011, ma, considerato che le idee e le riflessioni teoriche sviluppate nei diversi contributi conservano ancora l’attualità e l’originalità di quando il progetto è stato lanciato e che la scelta di un marchio indipendente di proprietà del Mibact - che certifichi la qualità dei territori culturali italiani di eccellenza, sia per il loro valore che per la loro gestione - appare ancora coerente con le ragioni teoriche della valorizzazione della cultura italiana e con le ragioni pratiche della gestione del marchio e la sua creazione è ancora allo studio il Mibact e il CSS-Ebla hanno deciso di pubblicare i relativi testi senza modifiche, anche come testimonianza dell’ampiezza e profondità del contributo di Walter Santagata al dibattito scientifico e all’elaborazione delle politiche culturali e della sua capacità di suscitare riflessioni mai banali e avviare percorsi di ricerca condivisi.

Gli impatti del “Marchio” Unesco
I contributi pubblicati nel libro hanno rappresentato un originale tentativo di avviare il dibattito sull’uso del marchio Unesco, in una prospettiva di valorizzazione economica dei territori italiani basata sull’applicazione degli strumenti di proprietà intellettuale, indagandone le basi teoriche in termini economici, giuridici e di sviluppo locale e verificando sul campo l’esistenza di impatti sulla governance, sull’attrattività turistica e più in generale sulle prospettive di uno sviluppo locale basato sulle risorse culturali.
Nel testo gli autori hanno cercato di rivelare le potenzialità dei marchi collettivi per il rafforzamento della reputazione dei territori della Lista del patrimonio mondiale e delle tradizioni locali, cui sono collegate importanti attività produttive di beni e servizi, incluse l’industria turistico-alberghiera e le diverse attività industriali e artigianali connesse alla cultura materiale, con l’obiettivo non solo di costruire e rafforzare le identità dei territori e dei siti della lista, ma anche di combinare immagine, tradizioni e saperi locali in segni riconoscibili, che siano oggetto di valore e che consentano un livello di sviluppo sostenibile alle comunità e ai territori.

Un marchio indipendente
La scelta di un sito da inserire nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco è sempre in qualche modo frutto di negoziazioni e di una selezione che non sempre riesce a valorizzare nel corso del suo processo realtà di grandissimo valore culturale. Pur avendo un gran numero di siti nella lista Unesco, l’Italia possiede moltissimi luoghi di grande valore culturale che ne sono ancora esclusi, per ragioni che niente hanno a che vedere con il loro valore culturale, storico o ambientale, e che meriterebbero comunque un riconoscimento. L’istituzione di un marchio indipendente, che non sarebbe sottoposto alle limitazioni del marchio UNESCO, senza comunque sostituirsi o contrapporsi ad esso, potrebbe essere una prima risposta all’esigenza di valorizzare «tutti» i luoghi e territori di eccellenza della cultura italiana, premiando la buona gestione culturale e ambientale e offrendo un grado di libertà in più per la politica culturale italiana.

I marchi collettivi tra teoria…
In questa prospettiva, la prima parte del volume, partendo dal ruolo dei segni come strumento essenziale per le relazioni umane e dalla loro natura nelle economie di mercato, indaga come il marchio possa divenire un valido strumento per il mercato e la società, in particolare per il turismo e le produzioni locali, in cui esiste un gran numero di operatori in grado di beneficiare delle economie di scala informative di un marchio collettivo, per svilupparsi ed entrare nel mercato. Nel primo capitolo, che costituisce la premessa e il punto d’arrivo del volume, Walter Santagata analizza le prospettive di un marchio indipendente per la valorizzazione dei siti e dei territori italiani di eccellenza. Nei contributi successivi Giovanni B. Ramello affronta il tema dell’economia del marchio; Nicola Bottero indaga gli aspetti terminologici e giuridici dei marchi collettivi per prodotti e servizi; mentre gli ultimi due capitoli sono dedicati alla valorizzazione economica dei territori (Giovanna Segre) e a certificazioni, marchi e territori (Martha Friel).

e pratica
La seconda parte del rapporto è dedicata invece ad alcuni casi studio italiani (Luca Moreschini, Pienza e Val d’Orcia; Tiziana Cuccia, Val di Noto; Donatella Saccone, Residenze Sabaude; Aldo Buzio e Alessio Re Langhe, Roero e Monferrato), attraverso i quali gli autori hanno cercato di individuare le diverse dimensioni e le dinamiche di sviluppo locale connesse all’inserimento nella World Heritage List dell’Unesco. I casi studio, nel loro complesso sembrano indicare come l’adozione di un marchio legato al patrimonio culturale locale, oltre ad avere innegabili effetti diretti, potrebbe essere un modo per ricreare la mobilitazione locale intorno a prodotti e servizi culture- e place-based, stimolando la progettualità pubblica e la partecipazione degli attori economici privati. Come scriveva Walter Santagata, una cautela appare però essenziale, «l’uso dei marchi può mostrare difetti e debolezze. Ad esempio nel caso in cui il marchio sia una scelta calata dall’alto e non partecipata dai rappresentanti degli interessi locali. In questo caso lo strumento istituzionale dei marchi collettivi difficilmente sarà in grado di guidare un processo di miglioramento della qualità dei prodotti e del territorio. Perché ciò avvenga è necessaria una mobilitazione dal basso che si sostenga sulla consapevolezza di un guadagno comune e sulla volontà di rafforzare una comune identità».

 
Luca Moreschini, Centro Studi Silvia Santagata