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  • Pubblicato il: 15/05/2017 - 13:54
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Lisa Parola

Prosegue l’esplorazione delle fondazioni che operano a Torino nela cultura. Tra le più recenti, la Fondazione Sardi per l’Arte, nata nel 2014 dal percorso di Pinuccia Sardi Cagnucci, già titolare della Galleria Carlina con la quale conversa la curatrice Lisa Parola.  Da “un fondo importante di opere di Carol Rama”, una delle più significative artiste del XX secolo alla quale era legata da una amicizia trentennale, prende avvio un percorso di valorizzazione dell’artista  con catalogo ragionato, una ricerca sullo studio d’artista, la  collaborazione con istitituzioni culturali di primo piano a livello internazionale e un dialogo immaginario, restituito in una mostra, con gli artisti del nostro tempo. E ancora un premio con la fiera Artissima: Back to the future per premiare gallerie che promuovono artisti degli anni ’70-’80 che non hanno ancora avuto l’attenzione che meritano. Pubblicazioni, finanziamento di progetti di studio. Per “promuovere l’attività di un vero e proprio laboratorio d’idee aperto ad artisti attivi sulla scena internazionale.(..) per ragionare su un mercato sempre più aggressivo (..) uno spazio nel quale gli artisti possano invece trovare una loro camera delle meraviglie, uno spazio di pensiero e immaginari.” Una direzione nella quale si colloca la collaborazione con altre istituzioni come la Fondazione Merz, il catalogo dell’opera omnia di Marzia Migliora e le produzioni d’artista, partendo da Fatma Bucak, turca di formazione torinese, impegnata su temi di geopolitica. Prossimo appuntameno al Salone del Libro, il 21 maggio.
 


 
L’idea di una fondazione l’avevo in mente da molto tempo. Dopo decenni di lavoro nell’arte era un mio desiderio mettere a disposizione del sistema culturale non tanto uno spazio espositivo, a Torino ce ne sono già molti e di ottima qualità, piuttosto un luogo nel quale concentrarsi su progettualità artistiche, accompagnare la circuitazione e la produzione di opere, ricerche o pubblicazioni”. Sono questi i presupposti con i quali Pinuccia Sardi Cagnucci, già titolare di una delle più note gallerie torinesi, racconta la sua nuova avventura d’arte nata nel 2014. Titolare con Angelo Bottero, della galleria Carlina fino al 2013 e prima ancora, dal 1975, editrice d’arte alla guida di Grafica Internazionale, da tre anni Pinuccia Sardi presiede la Fondazione Sardi per l’Arte che ha come obiettivi principali l’attività di tutela, promozione e valorizzazione dell’arte.
 
Cosa guardare nell’arte di questi anni e come orientarsi?
Non è semplice muoversi in questo mondo in questo momento, soprattutto negli ultimidue decenni siamo inondati da eventi efiere. C’è un gran movimento intorno all’arte contemporanea e non è semplice ritagliarsi il tempo perun momento di concentrazione. Per questi motivi nel 2014 ho deciso di creare uno spazio dove riuscire a porre sull’arte l’attenzione chemerita, uno spazio che mi permettesse di continuare a interrogare prima di tutto le opere perché sono queste che raccontano quello che stiamo vivendoe che ci possono aiutare a comprendere ciò che ci circonda.
 
La fondazione è nata anche in relazione al lavoro svolto dalla galleria Carlina su una delle  artiste italiane più significative del XX secolo. Come ’è nato il rapporto con Carol Rama?
Un incontro e un’amicizia nata quasi trent’anni fa. Già alla galleria Carlina, infatti, avevamo promosso alcuni appuntamenti importanti. Ed è stato naturale che l’attività della fondazione, con l’apporto scientifico di Cristina Mundici che presiede l’archivio dell’artista e Raffaella Roddolo, si sia orientata principalmente alla storicizzazione dell’opera di Carol. Per questi motivi abbiamo scelto di supportare economicamente il catalogo ragionato; inoltre un mio fondo importante di opere dell’artista mi ha permesso di veicolare la sua ricerca in istituzioni e gallerie internazionali. Questa relazione professionale e amicale è stata per me anche un’opportunità importante per approfondire ulteriormente la ricerca dell’artista: osservare i particolari delle tele, le tecniche e i materiali usati, tornare cioè a ragionare sulle immagini che Carol ha lasciato. Questa idea di concentrazione e attenzione ha accompagnato anche un altro importante progetto che abbiamo voluto sostenere. Il Magazzino dell’anima, a cura di Cristina Mundici e con immagini di Bepi Ghiotti è una pubblicazione (ed. Skyra, 2015) che documenta quella che io reputo l’opera forse più importante dell’artista: il luogo nel quale ha vissuto e nel quale, negli anni, ha raccolto oggetti, immagini, documenti, tutto il suo mondo visivo e la sua poesia. Una documentazione fotografica unica della casa studio in via Napione, a pochi passi da quella di Carlo Mollino.
Quest’anno abbiamo invece finanziato l’edizione italiana dell’antologica alla GAM di Torino, La passione secondo Carol Rama. Come fondazione abbiamo voluto sostenere la prima pubblicazione scientifica che ha accompagnato l’esposizione, una mostra promossa dal MACBA di Barcellona e ospitata in importanti istituzioni europee. Accanto alla ricostruzione storica del percorso dell’artista mi ha sempre incuriosito capire anche che cosa Carol ha lasciato agli artisti di altre generazioni. Nell’autunno del 2015 abbiamo perciò finanziato la pubblicazione della mostra PanoRAMA, a cura di Olga Gambari e allestita in sei gallerie del quartiere Vanchiglia a Torino. Opere e immagini nelle quali artisti contemporanei hanno aperto un dialogo immaginario - ma da un punto di vista visivo anche molto concreto - con l’artista.
 
Da quattro anni la fondazione promuove anche un premio alla Fiera Artissima di Torino…
Certo sì, con la promozione di Carol Rama di certo il premio è il nostro progetto più significativo. La prima edizione del premio è stata nel 2014; la direzione della fiera mi propose di finanziare il premio Back to the future e accettai con curiosità. E’ una bella sfida premiare gallerie che propongono artisti del decennio ‘70/’80 che non hanno avuto una giusta riconoscibilità o dei quali la ricerca affronta temi ancora attuali. Conosco bene quanto sia duro il lavoro di galleria e so quanto sia difficile promuovere un artista per questo ho scelto di appoggiare questa sezione; è affine a me e alla mia storia professionale senza dimenticare che mi ha anche permesso di approfondire la ricerca di autori internazionali che non conoscevo bene o non conoscevo affatto. Con il premio ho avuto grandi soddisfazioni: premiare la galleria François Ghebaly di Los Angeles ha voluto dire avvicinarmi ai lavori di un’artista come Channa Horwitz che davvero mi ha colpito per l’utilizzo di codici di colore e la loro relazione con sperimentazioni geometriche. Lo stesso è accaduto lo scorso anno con la Gallerie in situ - Fabienne Leclerc di Parigi che ha presentato la ricerca di Lars Fredrikson. E non è solo un riconoscimento alle gallerie, mi ha sempre incuriosito anche l’idea di vedere come la ricerca di alcuni artisti storici venga riletta e aggiornata attraverso lo sguardo di curatori di nuove generazioni. Credo che anche questo aspetto sia un’altra forma di attenzione e rispetto per l’arte”.
 
La fondazione ha promosso anche progetti legati alla formazione e all’ambito universitario…
Sì, anche questo è un modo per interrogarsi sul senso di cosa l’arte ha prodotto o sta producendo. Due anni fa abbiamo finanziato un seminario di xilografia presso l’Accademia Albertina di Torino. Crediamo che la formazione degli artisti in Italia sia un tema centrale e per questo motivo abbiamo accolto la proposta di Franco Fanelli di sostenere un corso che ha visto riuniti in una cornice formativa docenti che provenivano da altre istituzioni italiane. Sempre in ambito accademico, stiamo invece terminando la traduzione inglese di un numero monografico della «Rivista di Estetica», che già avevamo appoggiato nell’edizione italiana, dedicato alla relazione tra la ricerca di Ugo Nespolo e la filosofia. Una pubblicazione con interventi importanti di ricercatori e filosofi e che ci piace presentare proprio quest’anno quando l’artista torinese è stato invitato da Germano Celant alla Fondazione Prada per ricostruire il clima culturale a Torino a metà degli anni Sessanta, in particolare l’esperienza internazionale del New American Cinema Group Exposition nel 1967”.
 
 
Progetti futuri?
Stiamo iniziando nuovi progetti per lo più legati all’idea di produzione che credo sarà un tema centrale nell’arte dei prossimi anni. Per questo affiancheremo artisti e curatori nella loro progettualità, là dove non riescono ad arrivare per mancanza di fondi o relazioni. Con quest’idea nel 2016 la Fondazione ha prodotto, con tua curatela (ndr Lisa Parola), Remains of what has not been said: una serie fotografica composta da 84 elementi dell’artista turca Fatma Bucak  che affronta il tema della censura e della violenza politica. L’opera è stata esposta per la prima volta qualche mese fa in una personale dell’artista presso la galleria David Winton Bell di Providence Rhode Island negli Stati Uniti. Un’opera che vorremmo provare a presentare anche a Torino il prossimo autunno. Inoltre, in collaborazione con la Fondazione Merz, vorremmo mettere a punto una serie di appuntamenti, mostre e incontri dedicati alla ricerca dell’artista e alla sua denuncia di una situazione geopolitica drammatica che riguarda tutti noi in questi anni. Il primo appuntamento sarà al Salone del Libro di Torino il prossimo 21 maggio, un incontro nel quale l’artista presenterà i temi del suo lavoro e la relazione tra arte e attivismo.
Stiamo inoltre finanziando la prima monografia dedicata all’opera di Marzia Migliora a cura di Cristina Mundici e che vorremmo presentare in differenti contesti nel 2018. Sempre ponendo attenzione alla produzione, dalla primavera prossima finanzieremo parte dell’attività di Quartz Studio, un progetto ideato da Francesca Referza, curatrice e collezionista, nato in un piccolo spazio del quartiere Vanchiglia. Credo sia importante, a Torino, promuovere l’attività di un vero e proprio laboratorio d’idee aperto ad artisti attivi sulla scena internazionale. La mia esperienza di collezionista mi ha portato spesso a ragionare su un mercato sempre più aggressivo ed è per questo che ho scelto di affiancare uno progetto nel quale gli artisti possano invece trovare una loro camera delle meraviglie, uno spazio di pensiero e immaginari.
 
 
Lisa Parola
 
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