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Un giovane Carpaccio al Correr

  • Pubblicato il: 22/02/2013 - 09:53
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Fabrizio Biferali
Vittore Carpaccio

Venezia. È davvero straordinaria la scoperta avvenuta nei depositi del Museo Correr della Fondazione Musei Civici Venezia di una piccola tavola (60,1 x 82,2 cm) raffigurante una «Pietà»: databile al nono decennio del Quattrocento, il quadretto è stato attribuito da Giorgio Fossaluzza al giovane Carpaccio, in una fase in cui l’artista risulta non di rado in debito con la maniera di Giovanni Bellini e dei suoi molti imitatori. L’immagine è caratterizzata da un vibrante pathos che la avvicina in modo suggestivo alla più o meno coeva pittura ferrarese, come dimostra un confronto con la drammatica scena omologa dipinta pressapoco negli stessi anni da Ercole de’ Roberti e oggi conservata presso la Walker Art Gallery di Liverpool.
Dal punto di vista strettamente iconografico, la «Pietà» esibisce una dimensione patetica tipicamente nordica: se risultano infatti palesi le derivazioni dalle «Vesperbilder» di area tedesca, al cui fascino non seppe resistere nemmeno il giovane Michelangelo con la sua «Pietà» vaticana, merita altresì osservare come nel dipinto non siano assenti sottili riferimenti alla scultura in terracotta policroma prodotta in Emilia nella scia di Niccolò dell’Arca (si pensi al suo «Compianto sul Cristo morto» in Santa Maria della Vita a Bologna, divenuto poi una sorta di modello normativo insieme con i gruppi plastici del modenese Guido Mazzoni).
La scoperta si rivela ancor più straordinaria se si considera che della misteriosa attività giovanile di Carpaccio, anche in assenza di solidi dati documentari sull’uomo e sull’artista, non resta pressoché nulla o quasi: eccezion fatta per il «Redentore tra gli evangelisti» in collezione privata statunitense, firmato Vetor Scarpazo e collocabile cronologicamente attorno al 1485, e per la coeva «Madonna con il Bambino», custodita anch’essa nelle collezioni Correr e assegnata a Carpaccio nel 2011 dallo stesso Fossaluzza (confortato dal restauro da cui era riemersa la firma Vethor Scharpaco), gli anni Ottanta del Quattrocento costituivano per il catalogo del pittore veneziano una parentesi stranamente silenziosa e improduttiva. Il prezioso ritrovamento offre perciò un nuovo e cruciale appiglio alla produzione non ancora matura di un maestro troppo spesso dimenticato (o quantomeno sottostimato) dalla storiografia artistica.

da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 15 febbraio 2013