Un artista per rappresentare l’impresa. Il magistrale esempio di Franco Grignani
Milano. Dichiariamolo subito: celebrare la figura di Franco Grignani (Pieve Porto Morone, 1908 – Milano, 1999) significa riferirsi ad un artista italiano di fama internazionale. Lo dimostrano le sue opere conservate al MOMA di New York, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, al Museo d'Arte Moderna di Varsavia, al Victoria and Albert Museum nel South Kensington di Londra, al Museo di Arte Contemporanea di Buenos Aires nonché al Museo di Bellas Artes Di Caracas.
Un artista precoce, che già negli anni trenta partecipa a manifestazioni del ‘secondo futurismo’, per accostarsi in seguito all'astrattismo geometrico e al costruttivismo. Grignani si interessa poi dell’universo ottico/visivo, al quale si avvicina attraverso un incessante sperimentare gli sviluppi della percezione, in cui ha la lungimiranza di innestare i primi sistemi digitali nel tempo. Il risultato sono le sue speciali immagini, dalle forme muliebri: ruotate, dinamiche, distorte, scisse, deformate, rovesciate, accelerate. La percezione diviene un’attrazione irresistibile per il riguardante, con una modalità che attiva i meccanismi della psiche.
Ed ora ecco la mostra, arricchita da molti lavori inediti, allestita alle Gallerie del Piccolo Credito Valtellinese in Corso Magenta, fino al 15 marzo 2014, che significativamente si intitola Alterazioni ottico mentali 1929 – 1999, curata da Cristina Quadrio Curzio, Leo Guerra e Manuela Grignani. Il team ha puntato a far emergere la complessità di un artista che si è espresso sempre al di là dell’ambito ristretto delle categorie. Chiarisce meglio questo aspetto la voce di Manuela Grignani «Per mio padre il ruolo d'artista veniva prima di ogni altra cosa. Privilegiava in assoluto questa definizione che peraltro trovava un suo incredibile e esteso impiego nel graphic-design che l'ha visto protagonista internazionale ed innovativo nel panorama della grafica di quell'epoca. Amplierei ulteriormente le definizioni che servono a «classificare» mio padre: artista, fotografo e graphic-designer. Dove la ricerca artistica usa le esperienze di percezione visiva sperimentate della fotografia, e dove il design applica tutte le teorie di psicologia della forma coniugata all'estetica della forma per proporre una comunicazione pubblicitaria molto più sottile, innovativa, quasi destabilizzante ma educativa».
A Franco Grignani va il merito di aver collaborato con le più importanti aziende, per le quali la sua arte ha incontrato l’esigenza di comunicare l’impresa, all’insegna della creatività . Uno dei lavori più noti al pubblico è il progetto del marchio della Pura Lana Vergine (International Wool Society) registrato in 117 paesi, eseguito nel 1964 e sostenutodalla "I.W.S." (International wool secretariat) organismo senza scopo di lucro che unisce i produttori di lana. In esso sono sottese le ricerche ottico – visive di Franco Grignani, convinto che «l’immagine raggiunge la sua dinamica unità per mezzo di vari livelli di integrazione: tensione, ritmo, armonia matematica. L’esperimento – continua l’artista - è il risultato di un conflitto fra forze esterne ed interne, fra due forze dinamiche e forze di riferimento». Indubbia ne è la potente forza comunicativa ed il valore aggiunto in termini artistici – culturali, uniti nel concetto di brand, considerato l’anima del prodotto, ovvero lo specchio della reputazione dell’azienda sul mercato. A tal proposito Manuela Grignani cita G.C Argan «l'obiettivo della sua ricerca non è il funzionamento di una cosa, ma la funzionalità ottica e mentale dell'immagine». Aggiunge poi «Il marchio Pura Lana Vergine fu in questo senso, la migliore applicazione pratica delle sue teorie. Il marchio, allora, aveva molteplici condizionamenti nell'elaborazione grafica dell'idea della lana: non doveva evidenziare nulla che avesse una diretta relazione con gli allevamenti o con il prodotto finito, pur tuttavia doveva trasmettere in modo inequivocabile il messaggio corretto».
Ed ancora Grignani applicò la sua arte agli annunci pubblicitari per la casa farmaceutica milanese Dompè, per la stamperia Alfieri & Lacroix e per altre imprese. Interessante è l’affondo di Manuela Grignani, che chiarisce il legame dell’esposizione milanese a questi temi «Sin dalla scelta di copertina della monografia, che vuole enfatizzare il collegamento fra arte e arti applicate la mostra, sotto questo aspetto, offre una ampia visione della sua produzione grafica: dalle campagne pubblicitarie e l'attività di art-director per il Gruppo Farmaceutico Dompè (che alla fine degli anni '40 e per tutto il decennio successivo gli affidò il ruolo di coordinatore dell'immagine d'impresa) alla serie di avvisi realizzati per Alfieri & Lacroix, officine grafiche d'avanguardia ai tempi, che per decenni, gli permise l'applicazione pratica delle sue teorie sulla comunicazione. Nel 1965 mio padre fu invitato, in qualità di relatore al primo congresso sulla comunicazione visiva, "Vision 65" che si svolse negli Stati Uniti».
Diceva di sé Grignani «Appartengo al professionismo grafico. Ogni giorno lo spazio bianco di un foglio aspetta l'invenzione del segno. Dietro di me il peso di una imposizione commerciale preme contro i tentativi di deviazione per la ricerca di nuovi linguaggi. Il mio compito, come quello di altri grafici, è quello di analizzare e convogliare, attraverso filtri intuitivi, le nuove figurazioni per adeguarle alle tecniche in continua evoluzione». Aggiunge Manuela Grignani «Era, come si definiva, ‘un destabilizzatore di equilibri emozionali’».
Sul rapporto tra Franco Grignani e le aziende con la quali ha collaborato sono illuminanti le parole della curatrice e figlia «nel corso della sua attività grafica, ha quasi sempre avuto una committenza preparata, attenta alle nuove tecnologie e alle richieste di un mercato che già diventava, con la progressiva educazione, sempre più ricettivo e disponibile alle nuove proposte. Cilsa, Falcinelli, Tessitura di Monpiano, Alessi e Driade per citare alcuni esempi di collaborazione strutturata all'interno del Gruppo di ricerca Exhibition Design. Il Lanificio Zegna dove l'arrivo della rivoluzione di mio padre impresse una svolta sostanziale all'immagine della comunicazione d'impresa per la modernità delle proposte grafiche e che tutt'ora vanta la collaborazione con mio padre come un momento topico nella storia aziendale. Le dinamiche copertine per la collana di fantascienza della Penguin Books, le pagine per la Nebiolo».
Questo il concetto chiave, per Franco Grignani : «Vedere è passivo, osservare è la possibilità di valorizzare la presenza dell'immagine nella sua forza comunicativa».
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