Un’astronave atterra a Prato: il nuovo Centro Pecci sta per inaugurare
Nuovo corso per la città di Prato e la Toscana: dalla patria del Rinascimento, a un grande e internazionale centro di riferimento per il contemporaneo. Abbiamo conversato con Irene Sanesi, Presidente della Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana, ente di gestione del Centro Pecci di Prato, che sta per riaprire dopo alcuni anni di chiusura dedicati a un grande progetto di ampliamento affidato all’architetto Maurice Nio. L’arte contemporanea come elemento strategico di valorizzazione della cultura di un intero territorio, con una particolare attenzione al pubblico e all’inclusione di altre realtà. A distanza di un anno, la giornata del Grand Opening, che vede anche l’apertura della mostra “la fine del mondo” a cura del Direttore del Centro, Fabio Cavallucci, ospita anche una nuova giornata di lavori del Forum dell’arte contemporanea, al quale partecipa anche il Giornale delle Fondazioni, moderando il tavolo di lavoro sull'Art bonus
Quale missione per la Fondazione per le Arti Contemporanee in Toscana?
La missione della Fondazione è primariamente quella di curare e gestire il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. I suoi soci fondatori sono il Comune di Prato e l'Associazione che porta il nome del Centro e che nel 1988 lo fondò. Dalla denominazione plurale (per le arti contemporanee) e georeferenziata (in Toscana) si comprende che l'altra missione complementare sarà quella del coordinamento del contemporaneo in Toscana. Un tempo (nel Rinascimento) la Toscana era il centro del mondo; oggi possiamo guardare al mondo e ad una vocazione sovraregionale, nazionale e internazionale, senza i limes di allora provando a riempire di contenuti l'espressione che ho coniato "glocreal": globale creativo locale.
Perché la forma di Fondazione di partecipazione?
La scelta di una fondazione di partecipazione ha in sé la sfida del rapporto pubblico/privato. Sono trascorsi quasi 30 anni da quando, costituiti sotto forma associativa, molti privati insieme alle istituzioni dettero corpo al progetto visionario di un imprenditore, Enrico Pecci e di una città, Prato, che ha sempre avuto nel suo dna gli "enzimi" dell'innovazione. I soci fondatori in qualche modo hanno raccolto un'eredità e l'hanno proiettata nel presente.
Nel percorso di nascita della Fondazione, a quali modelli vi siete ispirati ?
Non è facile dire se ci sono modelli a cui fare riferimento, soprattutto perché in Italia vi è l'abitudine di lavorare prima all'hardware (l'edificio, il contenitore) e poi al software (il modello di governance e gestione). Ed anche il Centro Pecci non si è sottratto a questo trend. Le esperienze estere sono interessanti da analizzare, ma il contesto è talmente diverso che sarebbe inopportuno pensare di avere successo semplicemente "copiando". La vera sfida, dopo il raddoppio a firma dell'architetto Nio, sarà dunque quella di costruire "su misura" un modello sostenibile ed efficace. E tentare una via italiana, non solo giuridica.
Come si struttura la Governance e l’iter decisionale?
Il modello di governance è strutturato con due centri decisionali: il Collegio dei fondatori e il consiglio di amministrazione. Il primo con funzioni più generali e di indirizzo, il secondo con un ruolo gestionale vero e proprio. E' stata prevista anche la figura di un segretario generale in affiancamento alla figura del direttore, che ha poteri non solo in ambito artistico ma guida la struttura organizzativa nel suo complesso.
Esiste un ruolo consultivo anche sui contenuti, programmi, produzione culturale?
Lo statuto prevede una Commissione scientifica che ha la funzione di affiancare gli organi di indirizzo e governo e il direttore (Fabio Cavallucci). I membri, tutti nomi di spicco nelle varie discipline culturali, sono stati nominati e si insedieranno ufficialmente dopo l'inaugurazione.
Come si costruisce la sostenibilità della Fondazione?
La sostenibilità della Fondazione è frutto in primis di un intervento pubblico importante con il Comune di Prato che investe €1.150.000 e la Regione, in qualità di socio sostenitore, € 1.000.000.
Il resto - che sarà necessario per garantire le attività espositive - lo abbiamo già cominciato a costruire. Intanto abbiamo inserito a staff la figura del fundraiser, indispensabile per avviare una seria politica di membership e raccolta fondi. Lo stesso CdA (e in questo assomiglia ai board delle no profit americane) è impegnato su questo fronte. E poi sono state pensate numerose attività ancillari alla sola visita delle mostre, a pagamento, progettate per rispondere ai bisogni di partecipazione culturale e non solo. I prossimi mesi saranno fondamentali per capire se da questa mixitè potrà uscire fuori la "ricetta giusta" per la sostenibilità.
Crescerà la Fondazione in termini di inclusione di altre realtà culturali o rimarrà focalizzata sul centro Pecci?
Il ruolo della Fondazione per le arti contemporanee in Toscana è inclusivo statutariamente si potrebbe dire, a partire dalla comunità pratese estendendosi alla Regione come terra punteggiata da esperienze importanti. Già per questo Grand Opening sono state previste diverse installazioni di opere della collezione in musei e luoghi del sapere. Un Centro Pecci centripeto e centrifugo al contempo.
Cosa intende esattamente in particolare per legittimare l’arte alla “maniera di oggi” e diventare strumento di welfare?
Legittimare l'arte "alla maniera d'oggi" esprime insieme il tributo alla memoria del periodo più fulgido per la Toscana, il Rinascimento, quando i "grandi" di allora erano pur sempre "contemporanei" per i loro coevi e la complessità oggi di rendere accessibile ai più l'arte contemporanea, superando - anche grazie a luoghi e musei come il Centro Pecci - quel cultural divide che la vorrebbe esclusiva e per soli addetti ai lavori. Se l'arte contemporanea diventa "per tutti" assume naturalmente una funzione di welfare.
Quale ruolo per il pubblico?
Il Centro Pecci nella sua rinnovata formula si proporrà con un orario 11-23 con sole 3 chiusure nel corso dell'anno salvo i lunedì settimanali. E' tutto da sperimentare e ci auguriamo che i visitatori (turisti o cittadini) apprezzino questo "lungo corso" e lo sfruttino appieno trovando tanti eventi, performance, cinema, conferenze, corsi, anche in contemporanea. La coabitazione di pubblici diversi e il passaparola, nella nostra strategia, dovrebbero fare il resto.
Quale ruolo per il mondo dell’arte?
I naturali interlocutori del mondo dell'arte contemporanea saranno: la direzione artistica, la commissione scientifica e la collezione (circa 1500 opere che stanno crescendo grazie a nuovi lasciti, donazioni e comodati). In cantiere anche un progetto con la regione e la soprintendenza archivistica dedicato agli artisti, una rinnovata collaborazione con il mercato dell'arte (non a caso continueranno i corsi per curatori, collezionisti e galleristi con docenti d'eccezione sulla spinta del successo degli scorsi mesi, a museo chiuso). La capacità di fare ricerca interagendo con gli artisti sarà fondamentale per garantire un lavoro di scouting per il futuro. E chissà magari si riuscirà a vedere alcuni di loro diventare le star di domani.
C’è qualche rapporto con il Forum dell’arte contemporanea che ha visto i suoi natali a Prato e ritornerà dopo un anno per un nuovo appuntamento?
Il Centro Pecci un anno fa, nella sua fase di "attesa" dello spazio, con il contributo di un gruppo di advisors, progettò il "Forum dell'arte contemporanea in Italia" con oltre 40 tavoli di discussione e la partecipazione di 1000 presenze. Ci fu una vera e propria mobilitazione nella 3 giorni, segno dell'attenzione e della ricerca di risposte da parte degli interlocutori. Nel Grand Opening verrà riproposta una formula "breve" che si concentrerà il giorno 15.10 sul mercato dell'arte. L'obiettivo è quello di rendere autonomo il progetto Forum come già sta accadendo avendo contribuito a lanciarlo fungendo da "incubatore" nella contemporanea logica delle "start-up".
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