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Tutta la verità sul non profit

  • Pubblicato il: 25/01/2013 - 17:17
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Marianna Martinoni e Federica Limongi
Valerio Melandri

Il problema dei costi generali, la difficoltà delle organizzazioni non profit a operare in maniera efficace, il passaggio necessario all’impresa sociale: queste alcune delle parole chiave del Convegno dal titolo provocatorio «Tutta la verità sul nonprofit. Come farlo bene, perché si continua a farlo male» in apertura della XI edizione del Master in Fundraising dell'Università di Bologna, 18 gennaio 2013, nella sede universitaria di Forlì.
Valerio Melandri, Direttore del Master in Fundraising, ha passato in rassegna alcuni dei limiti - culturali, mentali, di linguaggio - di un settore ancora troppo autoreferenziale e che deve combattere con molti luoghi comuni e pregiudizi radicati nell’opinione pubblica. Ostacoli che, di fatto, impediscono al mondo del non profit italiano di crescere: l’idea secondo cui chi lavora nel non profit deve guadagnare poco altrimenti è un «approfittatore»; il divieto, per chi lavora nel non profit di rischiare e, soprattutto, di sbagliare; l’accusa alle onp di spendere troppo in comunicazione e promozione. «Come faccio a rendermi visibile e a far conoscere la causa di cui mi occupo – risponde provocatoriamente Melandri – se non investo in comunicazione?»
Accanto al tema delle retribuzioni, Melandri ha affrontato il punto critico della percentuale della donazione che  va alla causa e al progetto e quanto alle spese generali. Per dare una possibile risposta all’accusa che le spese generali siano troppo elevate è intervenuta al convegno Sarah Holloway, Docente di Social Enterprise alla Columbia University, che ha confrontato la realtà italiana con quella statunitense, partendo da un'analisi in negativo, per arrivare a mostrare quanto e come per una non profit gli investimenti su struttura e comunicazione non siano uno spreco di denaro, rispetto alla destinazione ai progetti, ma si traducano nel medio lungo periodo in un ritorno in termini di efficacia ed efficienza. «Negli Usa ci sono 1,6 milioni di non profit, una frammentazione eccessiva, dimostrata dal fatto che tante di queste sono inefficaci in quanto a risultati ottenuti. Ma nessuno, paradossalmente, se ne preoccupa», racconta la Holloway. Il problema di fondo sta nel riuscire a far comprendere alle comunità di riferimento il significato e la portata di questo investimento, rispondendo con l’esistenza di programmi concreti e con risorse professionali adeguate. «Non posso, per perseguire l'obiettivo meritevole di contenere i costi, essere per la mia onp sia il direttore generale sia il responsabile finanziario, il responsabile operativo, il responsabile della comunicazione e del fundraising. Nelle non profit ci deve essere una struttura, fatta di professionalità e competenze, con competenze elevate e specifiche, perché altrimenti la mia non profit è destinata ad essere marginale». La docente americana ha a riflettere su quali strumenti esistono oggi per misurare le attività realizzate dalle organizzazioni non profit e soprattutto per misurare il loro reale impatto. «Le persone non donano solo o soltanto per sentirsi meglio, ma vogliono oggi più che mai poter conoscere qual è il reale impatto della loro donazione»: per questo motivo - ha sottolineato la Holloway - diventa fondamentale riuscire a dare informazioni sempre più chiare e puntuali in termini di bilancio, così come fanno alcune organizzazioni non profit americane portate come esempi di eccellenza da parte della docente della Columbia University.
Ulteriori considerazioni per tentare di sfatare pregiudizi e convinzioni comuni alimentati da un’idea troppo spesso superficiale del settore non profit, sono arrivate da Marco Morganti, Amministratore Delegato di Banca Prossima, che ha sottolineato come, alla luce della fase di transizione che il nostro sistema di welfare sta vivendo, il mondo del non profit dovrà sempre più occuparsi di gestire tutti quei servizi di cui lo Stato non potrà più farsi carico. Secondo l’AD di Banca Prossima, il primo passo da compiere per permettere al Terzo Settore di uscire da questa condizione di marginalità, è avere principi chiari e condivisi che ne permettano una maggior trasparenza ed efficienza, precondizione necessaria per l’alleanza tra le onp e i cittadini che donano.
Nella stessa direzione l’intervento del Professor Stefano Zamagni - Docente di Economia Politica all’Università di Bologna ed esperto di non profit - che ha introdotto e discusso il modello della «sussidiarietà circolare» come risposta ad una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo. «Per uscire dalla crisi – afferma Zamagni - è necessario un passo oltre: non profit, impresa ed ente pubblico devono interagire tra di loro in maniera organica e sistematica, sia in fase di progettazione degli interventi sia nel momento della loro esecuzione. E’ più che mai necessario cominciare a parlare di sussidiarietà circolare perché privilegiare il rapporto tra ente pubblico e non profit tipico della sussidiarietà orizzontale non è più sufficiente».
Dal convegno di chiusura della X Edizione del Master in Fundraising, arriva quindi  forte e chiaro l’appello a favorire da un lato una rivitalizzazione dei rapporti tra il mondo non profit e profit, considerato che proprio da questo settore arriveranno sempre più le risorse in futuro; dall’altro una chiamata ad investire in professionalità e competenze. Anche la figura del fundraiser dovrà mutare: all’interno di nuovi equilibri, il ruolo di una figura professionale, ormai indispensabile e sempre più richiesta, come quella del professionista della raccolta fondi, dovrà saper essere sempre più di stimolo e di supporto alle organizzazioni non profit, dirigendo nel giusto canale quelle risorse che sempre più andranno «non a chi afferma di aver bisogno, ma a chi dimostra di soddisfare dei bisogni».

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Marianna Martinoni è membro del Consiglio Direttivo di ASSIF - Associazione italiana Fundraising (www.assif.it). Dopo la Laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e un Master internazionale in Comunicazione e gestione delle politiche culturali pubbliche e private, si specializza presso The Fund Raising School dell’Università di Bologna. Da oltre dieci anni svolge attività di formazione e consulente di fundraising per le organizzazioni non profit, in particolare per quelle che operano nel settore culturale

Federica Limongi, laureata in Psicologia presso l'Università degli Studi di Padova, svolge dal 2001 attività di ricerca. Nel 2010 ha ottenuto il Certificato in Fund Raising Management presso The Fund Raising School dell’Università degli studi di Bologna