Tanto rumore mica per nulla: il Madre riapre, ma è ancora in cerca di soluzioni durature e strutturali
Napoli. Il salvaMadre ha funzionato anche questa volta. I visitatori, quindi, oggi potranno entrare nel bel palazzo di via Settembrini a Napoli, percorrere le sale, decidere se soffermarsi solo sulla collezione o se fare approfondimenti sulle mostre in corso (la bella mostra di Fausto Melotti, ad esempio; mentre è rinviata al prossimo 4 febbraio la performance di Rosy Rox prevista per oggi), prendere un buon caffè, fare colazione al ristorante, acquistare un catalogo o un gadget, chiedere informazioni al personale attento e preparato (che parla le lingue straniere), godere, quindi, di tutti i servizi che il museo garantisce attraverso la Scabec, la società mista pubblico-privata a maggioranza regionale.
Insomma, anche in questo caso gli uomini hanno fatto il loro dovere di animali politici e lo scorso 17 gennaio si sono seduti tutti insieme a un tavolo di trattativa (la Scabec, l’Assessore regionale alla Cultura, il Presidente della Fondazione Donnaregina) per trovare soluzioni, purtroppo, solo temporanee.
Nei giorni scorsi, le società che gestiscono i servizi del museo, in particolare Pierreci e Mondadori Electa, avevano dichiarato che «a fronte dei mancati impegni formali da parte della Fondazione circa i pagamenti delle somme dovute ai soci privati (per prestazioni svolte nel triennio) e in assenza di coperture economiche per la programmazione futura, si sono trovate costrette, loro malgrado, ad arrestare le attività del museo, con effetti gravissimi per il personale impiegato».
Il pericolo di licenziamento per 46 giovani lavoratori e l’arresto dell’attività tutta del museo sono stati scongiurati per le garanzie ricevute sui fondi pattuiti fino al 30 aprile e per l’impegno a sanare il debito che vantano i soci privati della Scabec, i quali così chiosano: «Le società, a tutela del patrimonio umano e culturale del museo, hanno accettato alla fine un’ulteriore tregua di qualche mese, disponibili a collaborare a una programmazione definitiva e pluriennale e a un piano di rientro e di stabilità. Per l'ultima volta purché arrivino risposte serie».
Arrivederci in primavera (o, almeno, così si spera).
da Il Giornale dell'Arte edizione online, 19 gennaio 2012