Sia l'Italia la Capitale Europea della Cultura e non una singola città
Al via il percorso per presentazione dei dossier di candidatura per diventare Capitale Europea della Cultura nel 2019, dopo Firenze, Bologna, Genova. Una data che si colloca al termine del ciclo della nuova programmazione comunitaria 2014-2020, che impegnerà tutti gli Stati membri sulla crescita «intelligente, sostenibile e inclusiva», sulle industrie creative e sull’innovazione.
È stato pubblicato il bando sul sito del MIBAC. Ci saranno dieci mesi di tempo. Una commissione composta da rappresentanti del governo italiano e delle istituzioni europee, prenderà quattro mesi per la selezione, prima di eleggere entro la fine del 2014, la Capitale Europea della Cultura per l’Italia. Un bando con un grande vincolo: il piano presentato da ogni città, dovrà essere corredato da un programma di fattibilità economica e finanziaria, sia per interventi infrastrutturali che per eventi. Un vincolo che deve essere coniugato con la carenza strutturale di risorse, considerato che gli investimenti che consentono la realizzazione, nascono prevalentemente dai bilanci ordinari, integrati dai cicli di programmazione economica europea.
«Questa è una fase storica e in ogni caso per tutti una palestra di programmazione e di utilizzo più efficace delle risorse disponibili rispetto al passato» dice Ledo Prato, Segretario Generale di CIDAC, l’Associazione delle Città d’Arte e Cultura, che ha riunito recentemente le principali città che stanno lavorando al tema. «Non potranno più essere realizzati contenitori, interventi di restauro discutibili, o procedere come nelle grandi stagioni imitative del passato, che hanno fatto proliferare eventi, festival, appiattendo l’offerta».
Più di quindici, disseminate in tutta la penisola, le città che hanno avviato il percorso. Una grande varietà per storia, dimensione e notorietà, che rappresenta la natura del nostro Paese. «Costruire un percorso di candidatura costituisce per una città e per il suo territorio un grande sforzo. Uno sforzo di coordinamento tra enti, tra esigenze locali e nazionali, tra idee consolidate e ricerca del nuovo. Uno sforzo di coinvolgimento della cittadinanza. Uno sforzo per mettere in fila le priorità e trovare le risorse adeguate per realizzarle nei tempi e nei modi più opportuni. In definitiva le città sono chiamate ad uno sforzo di portata non ordinaria per migliorare se stesse, non solo innovando e incrementando la propria produzione culturale in un dialogo più intenso con la contemporaneità, ma anche trasformandosi sul piano infrastrutturale, urbanistico e architettonico, magari attraverso forme di progettazione partecipata». Aosta, Amalfi, Bari, Bergamo, Brindisi, Caserta, Lecce, L’Aquila, Mantova, Matera, Perugia e Assisi, Ravenna, Siena, Siracusa e il Sud-Est, Urbino, Venezia e il Nord-Est, la maggior parte delle città che hanno già espresso l’intenzione di partecipare alla gara, sono state riunite alla presenza del Segretario Generale del Ministero, Antonia Pasqua Recchia, per verificare il lavoro che stanno svolgendo per la competizione. Ne è emerso un profilo elevato della progettazione orientata alle direttive europee per intercettare le risorse previste per il nuovo ciclo della programmazione 2014-2020.
Un panorama che, come commenta Ledo Prato, evidenzia «un vero e proprio programma per un “Progetto Paese”, che potremmo chiamare Italia 2019. Abbiamo di fronte un’occasione per mettere da parte le logiche di campanile e presentarci in Europa in modo originale, uniti, fino a proporre l’Italia come Capitale Europea della Cultura per il 2019. Abbiamo idee e progetti – oltre che un invidiabile patrimonio culturale – per diventare la piattaforma europea dell’innovazione e della produzione culturale, dopo anni in cui abbiamo guardato indietro piuttosto che avanti». Cooperare per competere.
Le città candidate, avviando un processo di programmazione, possono costituire un modello per il Paese per il rilancio dell’economia e dell’industria nazionale a base culturale.
«Il MIBAC è a bordo, nonostante il delicato e imminente passaggio elettorale» continua Prato. «Ci saranno poi le fasi delicate dei rapporti verso l'alto, ovvero verso l'Europa, alla quale dimostreremo che i piani verranno declinati sulle dorsali strategiche del programma 2020, anche se ogni realtà li interpreterà sulla base delle proprie specificità». Una linea comune in direzione dell’Europa, ma prima il percorso dovrà essere negoziato a livello regionale. Regioni che, per la prima volta, stanno discutendo con il Governo Centrale il nuovo ciclo di programmazione comunitaria, sulla base delle loro specializzazioni, partendo dalle singole identità, dalle vocazioni consolidate.
Il 4 dicembre il Ministero realizzerà un info day sul tema e nel contempo CIDAC farà un passaggio al livello della programmazione locale con la conferenza Stato-Regioni, capitanata dalla Sicilia per la programmazione comunitaria.
La numerosità della città e la qualità dei percorsi può essere letta come una piattaforma programmatica sull’«Italia delle città» e quindi un’opportunità per l’esecutivo. Per i Ministeri dei beni culturali, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del turismo e degli affari regionali, dello sviluppo economico e delle infrastrutture, del lavoro, della coesione sociale, della salute e ambiente. «Le risorse che ciascuna città destinerà al progetto non saranno risorse aggiuntive, ma selezione e ri-orientamento di quelle esistenti, con l’apporto di eventuali capitali privati che peraltro andrebbero incoraggiati con adeguate politiche di sostegno. Cogliendo questa occasione si possono fare molte sperimentazioni. Sperimentazioni di democrazia, innanzitutto».
Un impegno civile e politico ai nastri di partenza, quello del 2019, per una piattaforma di sviluppo condiviso del sistema paese per un nuovo welfare.
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Immagine: Ledo Prato