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Si scaldano i motori per il nuovo ciclo di programmazione comunitaria

  • Pubblicato il: 04/02/2013 - 15:17
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni
Valentina Montalto

Impresa culturale, Media, fondo di garanzia e azioni di supporto alla sperimentazione di nuovi business models, audience building e media literacy: questi i principali strand della nuova programmazione che la Commissione Europea presenta in Parlamento con il nome di «Creative Europe», per il settennio 2014-2020.  Un nuovo approccio più business oriented che premia l’innovazione e lo sviluppo integrato di cultura ed economia, per rendere l’Europa competitiva. Ma abbiamo le idee chiare?
Ne abbiamo parlato con Valentina Montalto, ricercatrice e consulente di KEA European Affairs, società di consulenza strategica, con sede a Bruxelles, specializzata nei settori della cultura, creatività e sport.

Che cos’è Creative Europe?
Con il nome di «Creative Europe», s’intende il programma a favore della Cultura per il prossimo settennio 2014-2020, delineato dalla Commissione Europea e attualmente al vaglio del Parlamento e Consiglio Europei. Con questo programma di stanziamenti e attività si vogliono perseguire tre obiettivi: la promozione della mobilità per i lavoratori della cultura; l’incoraggiamento alla circolazione transnazionale dei contenuti e produzioni culturali; lo sviluppo di un dialogo inter-culturale.

Quali le novità rispetto al settennio precedente (2007-2013)?
Le principali novità riguardano proprio i cosiddetti strand di finanziamento, ovvero gli ambiti di intervento. Particolare attenzione verrà data alle Organizzazioni Culturali e Creative in tutti i settori, cioè a tutte quelle realtà che producono cultura a vari livelli (non solo Patrimonio, Arte Contemporanea, Musica, ma anche Digital, Design, Editoria…), e nel contempo producono PIL.
Assoluta novità e cambio di prospettiva, è la creazione del Fondo di garanzia, che supporta gli istituti creditizi nell’erogazione di prestiti, allargando le possibilità di accesso al credito anche per piccolissime start-up e realtà non-profit. Infine si punterà molto sulla formazione e network per i professionisti del mondo dell’audiovisivo, con particolare attenzione ai cambiamenti prodotti dalla digitalizzazione, che stanno trasformando le modalità di distribuzione. L’idea è stimolare la creazione di nuovi modelli di business e marketing transnazionale e piattaforme on line. La Commissione ha richiesto un budget più alto del 37% circa di quello del periodo precedente, passando dunque da uno stanziamento di 1, 1 miliardi a 1,8 miliardi di Euro.

Quali le ragioni di questo nuovo indirizzo?
L’UE riconosce il valore dell’Economia della conoscenza e sta puntando fortemente sulla creatività e innovazione come obbiettivi di crescita e uscita dalla crisi. Gli stessi sono considerati elementi distintivi e competitivi sul Mercato Internazionale.
Si apre un periodo più business-oriented, dove verranno premiate le realtà innovative, sempre attente alla coesione sociale e multi-culturale, che dimostrino una prospettiva di crescita su lungo periodo. I finanziamenti sporadici per singole organizzazioni (operating grants), verranno abbandonati e verranno assegnati sempre su presentazione di progetti. Si apre anche un nuovo dialogo con il mondo del credito. Ormai il testo della programmazione è in fase avanzata e attende la battaglia più dura da combattere nell’Aula del Parlamento Europeo.

Come si prepara l’ Italia?
Grazie all’On Silvia Costa, Euro-parlamentare, Relatrice in Parlamento Europeo di «Creative Europe», gli operatori culturali in Italia sono stati molto coinvolti, con una serie di appuntamenti e convegni istituzionali. Anche il Cultural Contact Point informa su tutte le novità in corso dalla Commissione Europea, insieme al sito della Direzione Generale Cultura, che rimane l’organo ufficiale di informazione. Ovviamente una rete di Osservatori Nazionali sta seguendo con molta attenzione il dibattito europeo, riproponendolo sui territori.

Che differenza c’è con i Fondi strutturali (Fondi Sociali Europei FSE e Fondi Europei per lo Sviluppo Regionale-FESR)?
Il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (FESR) sono i fondi della Politica di Coesione, che la Commissione Europea destina ai Paesi Membri e Regioni che hanno autonomia su come allocarli. Fanno parte del cosiddetto Quadro Strategico Comune (QSC), e si integrano con il Fondo di Coesione (FC), il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) e il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP). L’obiettivo della Politica di Coesione é di contribuire allo sviluppo economico e sociale delle regioni europee riducendo i gap esistenti.
Al momento, l’Italia e le Regioni stanno preparando i programmi per l’allocazione di questi fondi, stabilendo delle priorità tematiche. La cultura (soprattutto patrimonio culturale) è sempre stata una priorità tematica dell’Italia (nei programmi passati), ma le risorse non sono state spese. Ci si augura quindi che la cultura non solo rimanga una priorità per il periodo 2014-2020, ma che il concetto di cultura si estenda anche alle industrie culturali e creative e che le capacità di spesa delle regioni migliorino in modo da evitare sperpero di risorse. Consideriamo che 6, 6 miliardi di Euro sono stati destinati sottoforma di FSE e FESR per il 2007-2013 alla Cultura…sei volte tanto gli stanziamenti per «Europa Creativa»![1]

Quali interventi sono stati messi  in campo?
I fondi strutturali  destinati complessivamente all’Italia per il 2007-2013 hanno raggiunto stanziamenti pari a 124.7 miliardi di Euro, indirizzati verso le Regioni del Mezzogiorno, coerentemente con la Politica di Coesione[2].
L’uso dei fondi è integrato nell’Economia e trasversale su tanti aspetti: ovviamente ha toccato anche la Cultura, in termini di azioni a favore del Patrimonio, dell’Urbanistica e altri ambiti.  Purtroppo, del 3,10% stanziato per la Cultura, le Regioni ne hanno spesso appena lo 0,66%[3].  Il Ministro Barca ha avviato nell’ultimo semestre del 2012 un’ampia attività di spesa strategica, in coerenza con la Politica di Coesione per riallocare risorse non spese.
Nei 14 mesi intercorsi fra l’ottobre 2011, quando l’Italia a causa dell’assai modesto livello di spesa concordò con l’Unione Europea l’adozione di misure straordinarie, e il 31 dicembre 2012 è stata realizzata una spesa certificata di 9,2 miliardi, più di quanto si era speso nei precedenti 58 mesi. Complessivamente, tenendo conto della riduzione della dotazione del cofinanziamento nazionale realizzata in tre fasi (dicembre 2011, maggio e dicembre 2012) e destinata al Piano di Azione Coesione, la spesa ha raggiunto il 37,0% degli importi disponibili[4]. È già pronto il Postion paper dell’Italia per il nuovo settennio di stanziamenti nel quadro del QSC. Il suo scopo è di delineare il quadro del dialogo tra i Servizi della Commissione e l'Italia sulla preparazione dell'Accordo di Partenariato e dei Programmi che avrà inizio nell'autunno 2012. Il Documento illustra le sfide specifiche per singolo paese e presenta i pareri preliminari dei Servizi della Commissione sulle principali priorità di finanziamento in Italia per favorire una spesa pubblica volta a promuovere la crescita.

Come può reagire l’UE alla mancata spesa?
L’UE potrebbe ridurre gli stanziamenti, dunque togliere possibilità di crescita alle nostre regioni del Mezzogiorno. Questa restituzione dimostra la difficoltà di spesa.
A fronte di questa emergenza, il Ministro Barca è riuscito dall’ottobre del 2011 a ri-programmare quasi 9,2 miliardi. A più livelli si è aperto il dibattito sulla necessità di erogare anche servizi di accompagnamento alla progettazione e alla spesa, che orientino la scrittura dei programmi regionali.  La Cultura in Italia è ancora troppo orientata al Patrimonio, dunque alla Conservazione, a scapito della Valorizzazione e Produzione contemporanea. Ci vogliono stimoli nuovi, imprenditoriali, tecnologici che diano dinamismo a un settore di forte valenza economica.

Dove sono le best practise?
Ho condotto recentemente uno studio sull’utilizzo dei fondi strutturali in Europa.
Sono tante le realtà di eccellenza, ma vorrei citare la città di Nantes in Francia che ha investito 50 milioni di Euro, con il Quartier de la Creation per riqualificare l’ex quartiere industriale, dove fra altri ci sono anche gli ex Cantieri Alstom. Oppure la Finlandia che, attraverso i suoi Ministeri per l’Educazione e la Cultura e Occupazione ed Economia, grazie ai fondi europei, ha varato un programma di formazione per manager e leader del settore delle Imprese Creative, per stimolare l’innovazione.

© Riproduzione riservata

[1] Montalto V., «L’industria culturale e creativa nel Mezzogiorno: sfide mancate e opportunità da cogliere», Italianieuropei n.01/2013, pp. 149-156.
[2] http://ec.europa.eu/regional_policy/atlas2007/fiche/it_en.pdf
[3] http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Rapporti-f/Il...
[4] http://www.coesioneterritoriale.gov.it/monitoraggio-spesa-certificata-fo...