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Servono le fondazioni?

  • Pubblicato il: 14/02/2014 - 10:24
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Rubrica: 
SPECIALI
Articolo a cura di: 
Catterina Seia

«Le fondazioni servono, tantissimo, c’è uno spazio immane che non è presidiato con l’arretramento delle politiche sociali e culturali» afferma Guido Giubergia, Presidente e Amministratore delegato di Ersel e della Fondazione Paideia delle famiglie Giubergia e Argentero.

Nata venti anni fa dalla sensibilità personale del banchiere Renzo Giubergia, sviluppata nel tempo, Paideia si occupa di bambini e delle loro famiglie e utilizza la cultura come strumento di sviluppo dei potenziali. Guido Giubergia, figlio del fondatore, sottolinea la forte demarcazione tra fondazione di famiglia e business. «L’unico punto di congiunzione è che parte del patrimonio è stato devoluto alla fondazione». Con un patrimonio di 25 milioni, un investimento annuo di 1,5 milioni, opera con una struttura di 12 dipendenti e 300 volontari. Un impegno che è «una goccia nel mare dei bisogni crescenti e immensi, ma le pratiche virtuose innovative possono avere un effetto moltiplicatore». Lo ha dimostrato con i fatti la fondazione di erogazione che si è trasformata nel tempo in operativa e poi di sperimentazione con progetti che hanno indirizzato le politiche sociali come «l’affidamento di una famiglia ad un’altra, che oggi conta 300 casi in Italia, in diverse regioni, in collaborazione con i servizi sociali e ha dato vita a un know how che sta diventando una pratica sociale diffusa. Un’esperienza e una modalità operativa che ci rendono autorevoli».Ma le fondazioni con i soldi di famiglia non sono molte in Italia. Dall’esperienza di una delle più significative banche private dedicate ai grandi patrimoni, Giubergia afferma che «le persone ricche sono molte, ma pochissime mettono mano al portafoglio e pochissime impegno, mentre nei paesi anglosassoni è normale. La presenza delle famiglie ricche nelle attività benefiche era superiore nell’Ottocento con le Opere Pie create per la popolazione vulnerabile». Complice una cultura italiana assistenzialistica che ritiene che il sociale sia compito della Chiesa e dello Stato. Un’adeguata normativa fiscale potrebbe aumentare le sensibilità. Oggi «le fondazioni sono equiparate agli altri soggetti, anche se compiono azioni di sussidiarietà. La deducibilità delle donazioni è fino a 70mila euro per privati e fino al 2% dell’utile lordo per le imprese». Ma è la spesa pubblica che va tagliata «per favorire l’esempio e l’apertura delle tasche. Sono 800 miliardi. Si plaude quanto se ne risparmiano due. Solletico. La spesa va ridotta e resa efficiente».
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Dal XIII Rapporto Annuale Fondazioni, in Il Giornale dell'Arte, 338, gennaio 2014