Sconfiggere il buio. Nel giardino dei ciliegi
“Esistono immagini di città felici
che continuamente prendono forma e svaniscono
nelle città infelici”
Le città invisibili
Italo Calvino
Una copia del David di Michelangelo a grandezza naturale, dipinta di nero. Sdraiata nella piazza della Repubblica di Firenze perde la sua maestosa muscolarità. L’immagine sta facendo il giro del mondo come simbolo di una umanità attraversata dal dolore. E’ l’opera con la quale l'artista Massimo Barzagli ha aperto la settimana Michelangiolesca di Firenze, in un 14 luglio che ha “unito Nizza a Fermo, Orlando a Dakka” e agli altri 1000 luoghi segnati ogni anno dalla follia del terrore. L’arte, con efficace metafora, si intreccia come le relazioni, trama e ordito, di cui ci parla l’artista intervistata in questo numero. Ci porta il conto degli eventi che stanno scandendo i nostri giorni mentre l’eroe biblico a terra racconta la crisi della democrazia. Una democrazia che un colpo di Stato fallito nel paese ponte tra Oriente ed Occidente ha consegnato alla repressione, restituendoci altre immagini di una realtà che è difficile attribuire al XXI secolo. L’epurazione oggi, 20 luglio – giorno in cui nel 1969 l’uomo ha messo piede sulla Luna - ha già toccato oltre 50mila persone: dopo i militari, i giudici, l’affondo sulle testate giornalistiche, nel paese svuotato dai turisti, in cui gli eventi culturali sono stati cancellati, la scure cade su 21mila insegnanti che perderanno la licenza. E con loro sulla formazione delle nuove generazioni, sulla coscienza e la consapevolezza di un popolo.
L’educazione, la cultura sono le risorse da difendere affinché i diritti civili non vengano calpestati. Per questa ragione il nostro giornale prosegue nell’indagare sul ruolo della cultura e delle sue istituzioni nell’epoca delle grandi sfide sociali, del loro rapporto con i paesaggi urbani, naturali, mentali. Intorno a questo tema si è svolto a Milano il congresso mondiale dell’ICOM (rubrica Museo Quo Vadis in questo numero). “ Il futuro dei musei dipende dalla loro capacità di apririsi con il loro patrimonio alla comunità, al presente”, afferma Daniele Jalla, Presidente di Icom Italia. Un nuovo ruolo potenziale della cultura per elaborare contributi attivi in percorsi di nuovo welfare, di cittadinanza attiva, partendo dal contrasto alla povertà educativa (Francesco Mannino e Fondazione Con il Sud) che si associa sempre alla povertà economica, e spesso è intergenerazionale come ci indica la recente ricerca Save the Children, o dalla necessaria capacità di abitare il cambiamento, anche per i bambini che inizieranno a settembre il loro ciclo di studi. Il 65% di loro, secondo una recente ricerca Ernst & Young, al termine del percorso faranno un lavoro che oggi non esiste.
Su questo fronte la filantropia istituzionale, che sta nettamente evolvendo nelle strategie, nelle competenze e negli strumenti, fa rete e vuole essere attore di percorsi di innovazione interlocutore del Governo per sperimentazioni che possono segnare la via delle politiche (v. Maria Giulia Cavaletto e la rubrica dedicata alle fondazioni di origine bancaria, aperta dalla conversazione con il Direttore Generale dell’Acri, Giorgio Righetti) con il loro impatto sociale .
«La misurazione del valore sociale non deve essere più considerata come una “pratica esoterica” di cui si parla in convegni o tra super specialisti, ma deve divenire una modalità accessibile a tutte, anche alle più piccole, organizzazioni». Promuovere la cultura della valutazione dell’impatto sociale, è l’obiettivo di un nuovo soggetto che è stato lanciato ieri alla Camera dei Deputati: l’associazione Social Value Italia, antenna italiana del più importante network internazionale sul tema, che nasce dal Centro ALTIS dell’Università Università Cattolica, Avanzi, DNV, Fondazione Sodalitas, Human Foundation, KPMG, SCS, Azioninnova, UBI Banca, Renovo, Avanzi, Dynamo Academy, Impact - Sum. «Oggi le modalità con cui si costruisce e crea valore – economico e sociale – sono elementi sempre più strategici. Per il mondo del non profit la cultura dell’accountability, il cercare cioè di rendere conto ai committenti (spesso la pubblica amministrazione), ai beneficiari e ai donatori in merito al proprio agire è al centro dell’attenzione, ma non basta» dichiara a Vita Federico Mento, segretario generale del nuovo ente. Occorre «rendere la misurazione più solida grazie allo scambio di esperienze e alla messa in comune di prassi, (…) definendo standard o creando processi riconosciuti, facendo emergere pratiche accessibili e scalabili, in rete». Anche per la Cultura.
Ma di cosa stiamo parlando quando chiamiamo in gioco la Cultura? Di un settore? «Il sistema produttivo culturale e creativo fatto da imprese, PA e non profit genera 89,7 miliardi di euro e ‘attiva’ altri settori dell’economia arrivando a muovere nell’insieme249,8 miliardi, equivalenti al 17% del valore aggiunto nazionale», evidenzia il Rapporto Symbola 2016 “Io sono Cultura”, uno dei punti di riferimento per la lettura dello scenario e delle prospettive sviluppo a base culturale (Emanuela Gasca). Una “Cultura “politecnica”, della manifattura, delle fabbriche e del “saper fare”, dell’innovazione tecnologica e sociale, della ricerca, delle relazioni produttive, dell’accoglienza e dell’integrazione.” Un modo di essere “Molto italiano che può preparare un buon futuro di “sviluppo sostenibile”, dal punto di vista sia ambientale sia sociale” afferma nel suo blog Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli e Responsabile Cultura di Confindustria, realtà che “guarda con simpatia la candidatura” di Settimo Torinese, una piccola città industriale, popolare, di 50 mila abitanti, ai margini di Torino, affacciata sull’autostrada che collega Torino a Milano, senza castelli, che lancia il guanto per la Capitale Italia della Cultura 2018.
“Crediamo in una città che ha saputo ribaltare il proprio destino, ridefinire la propria identità, fare integrazione, trasformare elementi di marginalizzazione in opportunità di sviluppo (…), in senso culturale, urbanistico, industriale” scrivono i firmatari della candidatura, il sindaco Fabrizio Puppo (Pd) con la vicesindaca Elena Piastra. Proponendosi come simbolo della “ricucitura possibile delle periferie”, hanno aggregato su un progetto partecipato sponsor di peso che la immaginano come “un laboratorio di pensiero per creare bellezza”. Sono a bordo Renzo Piano, attori e registi come Gabriele Vacis e Laura Curino che proprio a Settimo nel 1974 hanno fondato un teatro di ricerca, realtà culturali dinamiche come il Museo del Cinema e il Circolo dei Lettori, il Politecnico di Torino, la Compagnia di San Paolo, il mondo produttivo con Confcommercio, Coldiretti e le grandi imprese insediate a Settimo come L’Oreal e la Pirelli, con vetri trasparenti e il suo giardino di 500 ciliegi. “Fabbriche belle” che sarebbero piaciute ad Adriano Olivetti, che coniugano estetica, produttività e responsabilità sociale. “Il disegno di Settimo non è temerario”. Intrecciando relazioni, come ci suggerisce Claudia Losi, l’artista che abbiamo scelto per questo mese per salutarvi, vi auguriamo vacanze rigeneranti.
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