SCART, lato bello e utile del rifiuto
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Rubrica:
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di:
Francesca Panzarin
Che cosa ci sarà dentro quel camion? Una delle case history di Lubec2018 sarà un progetto che esplora e amplia le possibilità di utilizzo dei materiali di scarto industriale. Tra Trash Art, economia circolare e welfare culturale per il territorio.
Uno dei protagonisti dell’evento “Imprese Creative Driven“ di Lubec 2018 sarà Maurizio Giani, CEO Waste Recycling e ideatore di SCART, che nel lontano 1998 ha creato un progetto di comunicazione diventato nel tempo un esempio di eccellenza di collaborazione pubblico-privato, antesignano dell’economia circolare e del welfare culturale, realizzando elementi di arredo, strumenti musicali, abiti, lampade e altri oggetti partendo da rifiuti industriali.
Quale è l’origine del progetto SCART?
Il progetto SCART è nato 20 anni fa per trasformare la mission di Waste Recycling - azienda toscana che si occupa del trattamento e smaltimento di rifiuti industriali, acquisita nel 2015 dal Gruppo Hera - in un progetto concreto capace di incidere positivamente sulla mentalità del recupero e del riuso.
Esiste anche un lato bello e utile del rifiuto che, opportunamente strutturato e assemblato, può dare nuova vita ai materiali di scarto creando qualcosa di nuovo e originale.
L'idea nasce per nobilitare il settore, dal bisogno di comunicare che cosa è realmente il nostro lavoro. Vent'anni fa lavorare con i rifiuti era come fare i banditi, non si percepiva la reale funzione anche di servizio. Ho pensato quindi di avvicinarmi all'arte perché è un linguaggio universale che dà un valore.
Gli scarti di lavorazione industriale sono molto meno noiosi e ripetitivi degli scarti urbani, aprono uno scenario di scelta infinito. Noi riceviamo ogni giorno 100 camion di rifiuti non pericolosi. Ogni camion è una sorpresa.
Lo spunto per avviare il progetto è nato dalle opere realizzate per lo stand di Ecomondo, la più importante fiera italiana dedicata alla Green Economy. Nel 1998 abbiamo presentato alcune componenti d'arredo, in particolare una scrivania in plexiglass, una specie di scatola in cui a rotazione ogni tanto cambio l'interno perché è diventata la mia scrivania. L’opera fu fotografata e riportata nelle brochure delle edizioni successive. Da qui capii che poteva essere un inizio, l'occasione per avviare il nostro progetto artistico.
Da dove nasce l’interesse per questo tipo di arte? Il tema del riutilizzo artistico dei materiali di scarto è molto attuale. A breve a Treviso aprirà la mostra RE.USE. Scarti, oggetti ed ecologia nell’arte contemporanea a cura di Valerio Dehò.
La mia ispirazione viene dalla Trash Art, da maestri come Arman e Burri. Oggi in Italia ci sono artisti intressanti come Stefano Filato (Pesce fresco), Fabrizio Giorgi, Alberto Salvietti che usano materiali come il legno, la carta, le bombolette spray.
Quali sono le collaborazioni avviate con istituzioni pubbliche e private?
Il primo passaggio è stata la collaborazione con l'Accademia di belle arti di Firenze e con il professor Edoardo Malagigi che capì l'importanza di offrire agli studenti la possibilità di uscire dai canoni classici di studio esplorando una nuova materia. Abbiamo poi lavorato con l'Accademia di Bologna, Carrara, Ravenna e Brera oltre che con licei artistici locali. Abbiamo fornito materiali anche ad alcuni asili della zona.
Un’importante fase di sviluppo è partita nel 2012 con la collaborazione con Il Teatro del Silenzio di Lajatico organizzato da Andrea Bocelli, un evento che attira annualmente nelle colline toscane oltre 12.000 spettatori. Ogni tipo di materiale plastico, ritagli di pelle colorati, vecchie stoffe e tendaggi sono stati lavorati a mano da una squadra di giovani costumiste per dare vita agli oltre 350 abiti per il coro, i ballerini e i numerosi performer. Per noi è ormai una collaborazione fissa.
Dal 2016 siamo coinvolti anche nelle edizioni di X Factor e Amici per la realizzazione di scenografie e costumi fatti al 100% con elementi di recupero e riciclati.
Tra le nuove collaborazioni di quest’anno ci sono le produzioni per Opera On Ice di Marostica e per il Teatro Verdi di Pisa.
Qual è la posizione del Gruppo Hera rispetto al progetto?
Il gruppo Hera ha sposato pienamente il progetto attraverso una mostra itinerante “Scart, il lato bello e utile del rifiuto”, che ospita i lavori degli studenti delle Accademie di Belle Arti di Bologna e Firenze. Dal 2016 abbiamo realizzato sei mostre (Imola, Modena, Udine, Ravenna, Pisa, Bologna). Grande successo ha ottenuto l’evento di Bologna durante Artefiera con 13.200 persone che hanno visitato il nostro sito. Il prossimo 18 ottobre saremo a Padova.
Che relazione avete con la community di artisti di Trash Art?
Oggi seguiamo la community e cerchiamo di coinvolgerli in vari progetti.
Nel 2016 abbiamo ad esempio collaborato con il reparto di Cardiologia 2 – Aritmologia del nuovo Ospedale Santa Chiara di Pisa lanciando il concorso "Diamo colore al ritmo del cuore" chiedendo di realizzare delle mattonelle 60×60. La proposta è piaciuta molto, ci sono arrivati oltre 300 opere realizzate con materiale di recupero assemblato da parte di scuole, architetti, artisti italiani e stranieri, designer con le quali abbiamo rivestito le pareti del reparto che è diventato una vera opera d'arte.
Come state conservando la memoria di questi 20 anni di attività?
Un tassello importante del progetto SCART è l'archivio che abbiamo creato nel tempo e che conta ormai più di 1000 pezzi conservati in un capannone a Pisa. Gli artisti possono venire a vedere gli oggetti creati nei vari eventi, li possono prendere e anche modificare a loro piacimento.
Chi lavora in SCART?
Io sono il curatore dei progetti e creo di volta in volta dei team di lavoro. Un collaboratore fondamentale è Gino che in officina rende concrete le mie idee (io sono un chimico e ho bisogno che qualcuno traduca i miei pensieri in qualcosa di concreto).
Quale è il budget del progetto?
Il progetto rientra nel budget di comunicazione di Waste Recycling soprattutto per quanto riguarda gli eventi locali poiché io miro a fare poche cose ma di qualità soprattutto per il territorio. C’è poi il budget assegnato dalla capogruppo per i progetti più a largo respiro.