San Giorgio Maggiore diventa un padiglione diffuso: così la Santa Sede si presenta per la prima volta alla Biennale Architettura di Venezia
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Rubrica:
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di:
Federico Massimo Ceschin
Lì, di fronte alla celeberrima piazza San Marco, oltre mille anni fa la Repubblica Serenissima donò l’isola di San Giorgio ai monaci benedettini che vi edificarono un grande Monastero e la meravigliosa Abbazia palladiana che cattura gli obiettivi fotografici di ognuno dei milioni di visitatori che giungono a Venezia. Lì, nel 1799, si celebrò persino un Conclave, che consentì di superare uno dei momenti più drammatici della vita della Chiesa, mentre le armate francesi occupavano l'Italia intera, Roma compresa, con l’elezione al soglio pontificio di Pio VII Chiaramonti. Lì, oggi, la Santa Sede sceglie di offrire un messaggio al mondo intero, partecipando per la prima volta alla Biennale Internazionale di Architettura.
«Alla fine dell'Ottocento si è consumato un divorzio tra arte e fede che per secoli avevano camminato insieme: la decisione di tornare nell'orizzonte dell'architettura è frutto di un lungo percorso che oggi intende favorire un nuovo incontro attraverso spunti di dialogo che la molteplicità e l’interreligiosità consentono». Così il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, mons. Gianfranco Ravasi, ha illustrato le motivazioni che sottendono la decisione della Santa Sede di essere presente alla Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, dopo le partecipazioni alla Biennale Arte del 2013 e del 2015.
Lo spazio allestito per sei mesi, dal 26 maggio al 26 novembre, sarà segno tangibile della “Chiesa in uscita” che Papa Francesco chiede con grande carisma a tutti gli uomini di fede. Il messaggio è chiaro: lo “stile” proposto nell’Evangelii Gaudium è promotore di una pastorale capace di avvicinarsi a tutti, soprattutto ai soggetti più deboli, più svantaggiati e più distanti. Per portare un messaggio evangelizzatore, occorre che la comunità dei fedeli sia popolata di persone che prendono l'iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano.
Così anche lo “stupore” proposto nei nuovi orientamenti redatti dal nuovo direttore della Pastorale del Turismo, don Gionatan De Marco: «Per ospitare gli uomini e le donne di oggi, che nelle loro estenuanti corse trafelate cercano un luogo dove fare esperienza di una Bellezza non solo estetica - ma che prende anima anche nelle relazioni e nelle esperienze - occorre essere capaci di offrire tante possibili risposte quante sono le domande che albergano da sempre nel cuore di ognuno».
Ad ispirare il padiglione sarà la "cappella nel bosco" (Skogskapellet) realizzata nel cimitero di Stoccolma da Gunnar Asplund nel 1920: dieci cappelle sparse in un bosco per creare un luogo fantastico, fortemente evocativo e simbolico, che invita a riflettere sulla vita e sulla dignità della singola persona.
Lo spazio, curato da Francesco Dal Co che punterà su dieci progettisti di fama crescente, benché già affermata, attraverso una meditata fusione di generazioni e generi, si chiamerà “Vatican Chapels” e sarà introdotto da un padiglione d’ingresso affidato al MAP studio di Francesco Magnani e Traudy Pelzel. Una vera sfida, che porterà ad interpretare in chiave contemporanea il tema delle cappelle, da sempre al centro della Chiesa Universale: si pensi alla maestosità elitaria di taluni complessi monumentali, così come alla semplicità delle infinite piccole votive sparse sui territori del mondo, anche nelle dimensioni più semplici e profondamente rurali.
Un codice dello spazio che racchiude la sacralità del messaggio di Cristo, sia quando situato in un tempio confessionale, sia quando incontrato – quasi per caso – nel contesto di luoghi che sono non-luoghi per definizione, come le stazioni o gli aeroporti: le Cappelle superano le percezioni di senso connesse alle dimensioni e persino quelle riferite alla localizzazione, per diventare segni e simboli di devozione, oltre a veri e propri scrigni d’arte. Luoghi di silenzio e di contemplazione, da vedere e da visitare, ma anche da vivere, nella ricerca dell’Altro da sé, attraverso un incontro non codificato. Si pensi alle cappelle lungo i percorsi di pellegrinaggio, concepite anche come luoghi di sosta del cammino, a sottolineare la dimensione necessaria di un tempo per contemplare, in una stretta relazione con il paesaggio circostante: c’è in esse il rimando al rifugio, al guscio che protegge, all’abbraccio che rassicura indicando la via.
L’isola di San Giorgio Maggiore, immersa nella laguna di Venezia con le sue architetture straordinarie, la sua profonda spiritualità e la sua dimensione “verde”, consentirà a Francesco Dal Co – già docente di storia dell’architettura nel vicino IUAV e già direttore della Biennale nel 1988 e nel 1991, allievo prediletto di Manfredo Tafuri – di interpretare queste dimensioni e aiutarci a leggere il “nuovo stile” emerso dopo le esperienze seguite al Concilio, non tanto architettonico quanto di metodo.
Come altre volte evidenziato da don Valerio Pennasso, responsabile CEI dei beni culturali e dell’edilizia di culto: «Dopo il Concilio, la Chiesa ha evitato di indicare specifiche forme: non edifici ripetitivi, basati su un unico modello, ma espressioni e manifestazioni di comunità vive. L’architettura dev’essere funzione di un’ecclesiologia capace di riassumere la pietà popolare, la cultura e il senso di corresponsabilità, come fortemente indicato dal magistero di papa Francesco: siccome ogni comunità abita il proprio territorio, con specifiche peculiarità, l’edificio chiesa deve saper esprimere tale originalità, rivolgendosi a tutti e contemporaneamente a ciascuno, indicando la via della bellezza e insieme della povertà».
Il padiglione nell’isola di San Giorgio sarà anche un’ottima occasione per visitare la rassegna “Le Stanze del Vetro” che la Fondazione Cini e la Fondazione Querini Stampalia hanno ideato per favorire l’incontro fra creatività contemporanea, design e tecnica vetraria - identità della vicina isola di Murano - esponendo le opere di una ventina di artisti incluse nella collezione di Cirva ‒ Centre international de recherche sur le verre et les artes plastiques di Marsiglia.
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