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Riqualificare per rimettere in dialogo il capitale sociale. La Cultura accetta la sfida?

  • Pubblicato il: 14/05/2015 - 18:20
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DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

A Nova-Cantieri Creativi a Santo Stefano di Magra, l’ex Fabbrica Vaccari apre uno scenario di opportunità e riflessioni sul destino delle fabbriche della cultura. Profili interdisciplinari a confronto sul rapporto fra innovazione, riuso degli spazi ex industriali, paesaggio, costruzione di comunità e partecipazione culturale, nella cornice dell’auditorium pubblico appena aperto insieme all’Archivio Storico
 
 
 
 
Santo Stefano Magra (SP). Al margine del caos, si genera l'inedito. Forme e aggregati spontanei si coagulano per ignote scariche elettriche grazie ad agenti catalizzatori che hanno a che fare con la Cultura. Forme di aderenza, adesione, identità si generano lentamente, dal basso, in maniera autarchica, indipendente, dissidente. Non si tratta di luoghi dell'utopia, ma di muri che vogliono aprirsi a pratiche di sperimentazione di innovazione, piccole, fragili, invisibili, che parlano. Oppure attori istituzionali si mettono in ascolto e intercettano voci, bisogni di innovazione.
Lo sfollamento, la distruzione delle «case» dell'aggregazione più tradizionali, come quelle della politica, della religione, della conoscenza, dell’economia, hanno in realtà rimesso in discussione le forme di incontro diverse fra le persone. La partita sembra giocata davvero dalla Cultura e dalle nuove forme di lavoro della conoscenza, dalla voglia di produrre creatività, di generare contenuto, di ridare significato laddove l'abdicazione degli attori deputati è evidente quanto il loro arroccamento.
Cosa si cerca? non solo riparo ma collettività, contenuti nei quali ritrovarsi e identificarsi, riconoscersi, un contenitore dove tornare a stare insieme rifondando un patto sociale, un atto di fiducia, valorizzando il capitale sociale. O perlomeno si tenta.
All'interno dell'ex Fabbrica Ceramica Vaccari di Santo Stefano Magra, dal sogno di Carlo Vaccari, l’imprenditore per primo che intuì la qualità dell’argilla locale e che insediò un villaggio operaio con una produzione che impiegò quasi 2000 persone fino alla definitiva chiusura nel 2006, è nata Nova-Nuovi Cantieri Creativi.
Un luogo soprattutto della potenzialità, della sfida, fortemente voluto dal Sindaco Juri Mazzanti, che ha aperto la seconda edizione della due giorni dedicati a dialoghi progetti confronti, curata con Lara Conte, dove l'innovazione culturale è al centro della relazione. Una cornice dove, da un luogo di lavoro, si ricostruisce un luogo di relazione dove enti pubblici, società civile, organizzazioni del Terzo Settore lavorano insieme a una riqualificazione edilizia che diventa rigenerazione sociale.
Si cerca, come sostiene l’antropologo Franco La Cecla, la promiscuità dei negozi di prossimità, delle strade, dei mercati, che permettono di mantenere una sorta di diversità biologica delle relazioni sociali.
Quello che muove esperienze di pratiche alternative, che operano nel sociale, nell'economico, quanto nel culturale, si imperniano tutte su parole come coinvolgimento, aggregazione, incontro, dialogo, facilitazione, fiducia, innovazione.
Le case della Cultura ovunque in Italia, sui territori, fanno promesse di un mondo nuovo: rifondazione di policy, di processi, di modalità di aggregazione. La dimensione è così ampia e sfaccettata che si toccano anche temi ampi di integrazione come il lavoro, lo scambio, la relazione sociale.
Ibridazioni fra Pubblico/Privato, iniziative private. Per un bando dedicato alla progettazione di spazi culturali...996 candidature!! (Culturability).
C'è fame di spazi, perché dalle macerie dello sfollamento forse emergono voglia e fame di ricostruzione.
Restiamo umani, come diceva il cooperante Vittorio Arrigoni e recentemente rilanciato su cheFare. Quello che la Cultura induce sicuramente a fare è portarci sulla relazione, sull'incontro, sullo scambio, sulla reciprocità, sul conflitto. Dobbiamo accettare la sfida della «fatica della Cultura», dell'attivazione civile e dell'impegno alla ricomposizione della fiducia. Non è sempre facile come sottolineato nel panel condotto da Stefano Chiodi e dai suoi correlatori Carlo Cellamare e Damiano Aliprandi: l’incontro fra società civile e istituzioni pubbliche spesso è conflittuale e procura degli strappi. Rigenerare significa sedersi insieme avendo però un chiaro controllo e metodo di Governance. Non ci sono ricette per il successo, perché ogni territorio e storia ha le sue caratteristiche. Casi come il quartiere popolare di san Basilio a Roma, il filatoio di Caraglio, la caserma La Marmora di Torino dimostrano che la tensione sociale può scoppiare proprio intorno a luoghi che si ridisegnano e ripropongono alla collettività.
Michele Dantini richiama il concetto di pietas: su questi territori erosi, trasformati dall’attività industriale e rimasti orfani di quel sogno di progresso, va riproposta una forma di cura, di ascolto, di ri-affezione collettiva che ascolti i talenti locali e lavori sulla capacitazione cognitiva e culturale. Bertram Niessen accende qualche dubbio sull’euforia da innovazione: negli anni passati era circoscritta ai centri di ricerca e sviluppo, mossa da un’idea di progresso economico e sociale. Ora pervade molti ambiti e genera impatti non sempre positivi, come lo sfruttamento del lavoro intellettuale, la generazione della precarizzazione. Il tema della sostenibilità sociale si impone su altre.
Il veicolo sono i nuovi progetti culturali che sempre più hanno a che fare con la spinta verso il recupero dei territori, come sviluppo locale, ma come interventi di riqualificazione. Posso citare progetti come TempoRiuso, spazi indecisi, impossible living: Giovanni Campagnoli monitora da qualche anno gli spazi inutilizzati in Italia con il suo progetto Riusiamo l’Italia: dare spazio ai giovani talenti cognitivi per permettere loro di lavorare in spazi in disuso e inventare nuove forme di lavoro, riqualificando gli edifici. 
La partita si gioca anche sui piani della contaminazione e delle ibridazioni.
Come dichiara Paolo Venturi: «La Cultura manifesta più di tutti la propensione alla ricomposizione. È più capace di mettere insieme pratiche di gestione, forme organizzative, produzione di beni e servizi, coinvolgimento delle comunità, rispetto ad altri settori economici».
L’architetta francese Odille Decq, intervistata da Silvia Botti, invita all’apertura di un bando internazionale di pubblico interesse, per progettare insieme, su tavoli di lavoro «promiscui» il futuro dell’ex Vaccari. Su modello Comune di Parigi che ha deciso di fermare qualsiasi cantiere di costruzione per privilegiare progetti di riqualificazione, proponendo a bando 25 siti da rifare alla comunità internazionale, per la produzione di masterplan che sono frutto di co-progettazioni multi-stakeholder. Un esperimento che ha permesso di ridare dignità a tanti angoli della città, in stretto rapporto di ascolto con il territorio.
Nella casa della Cultura si può trovare riparo e rinascita, a condizione che si rifondi un patto fiduciario fra gli occupanti, ci si faccia carico della fatica dell’ascolto e della relazione, che si accolga una forma di Governance maniacale che aiuti a tenere la barra e contenere le derive.
In questo senso la cultura diventa il legame, la piattaforma sulla quale impostare questo atto fondativo, ribadendo valori di solidarietà, comune progettazione, sostenibilità.
Ma soprattutto diventa leva di capacitazione sociale, di presa di consapevolezza, di esercizio di critica e ritorno all’abitudine della politica come partecipazione attiva alla vita comune, come raccontano Anna Agostini, Michele Sbrissa di FrammentiLab, che nella loro esperienza interrotta di Castelfranco Veneto, nell’ex Fram, hanno ridato speranza alla cittadinanza che da sola e altrove ha continuato un percorso di crescita culturale e sperimentazione sociale.
Nova diventa simbolo del potenziale, sia nel bene che nel male. Punto di incontro, di ascolto, di fatica, di progettazione, di realizzazione che deve concentrarsi nella costruzione della sua cornice di senso per attraversare le fasi e rilasciare sensibili impatti sul lungo periodo. La Cultura ha dei costi umani ed economici come qualsiasi altra impresa di sviluppo. Va presa sul serio. Le case della Cultura possono restituire protagonismo culturale e sociale, a patto che il percorso sia consapevole, trasparente, con un respiro di lungo periodo e la volontà di stabilità.
 
Neve Mazzoleni
 
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