Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Riforma del Terzo Settore. A che punto siamo?

  • Pubblicato il: 14/04/2015 - 23:13
Rubrica: 
NORMA(T)TIVA
Articolo a cura di: 
Margherita Spaini

Per la prima volta viene definito il Terzo Settore nel suo complesso. Il 18 marzo, dopo un anno dall’annuncio del premier, è stato approvato dalla Commissione Affari sociali della Camera il Disegno di Legge delega in materia del Terzo Settore, Impresa sociale e Servizio Civile. A breve, il testo già licenziato in Aula a Montecitorio, passerà al Senato. Entro un anno dall’approvazione della legge delega, il Governo dovrà emanare i decreti attuativi previsti. Quali indicazioni emergono? Ne parla Margherita Spaini, delegata al Non profit per l’Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino Ivrea e Pinerolo, di cui è consigliere  segretario. Il percorso della riforma è ancora lungo, ma come dice Riccardo Bonacina, Direttore di Vita. «il tempo è un valore necessario (..)  aver rotto la sindrome delle basse aspettative e aver alimentato la consapevolezza del cambiamento è importante, ma è altrettanto importante fare presto»

L’architettura della riforma del terzo settore trae origine dall’impegno assunto dal premier Renzi il quale, consapevole della profonda esigenza di mettere mano alla normativa , ad inizio mandato si impegnò a  presentare  un disegno di legge delega per il riordino.
 
Nel corso del mese di maggio 2014 vennero lanciate via twitter le linee guida per la riforma del terzo settore contenute in un documento che evidenziava  le principali criticità in tema , elaborato tramite la supervisione di un gruppo di parlamentari esperti della materia. Tra le altre tematiche venivano messe in risalto la fattispecie del 5 per mille, del servizio civile, della riforma del Codice Civile, della riforma delle leggi speciali, del volontariato e dell’impresa sociale. Venne sostanzialmente avviata una consultazione di massa nella quale furono coinvolti tutti coloro che a vario titolo si occupavano di terzo settore, chiamati a produrre ad un  sito specifico  le proprie osservazioni in merito.
Il contenuto delle mail ricevute venne sintetizzato ed elaborato e ne nacque un primo testo di disegno di legge avente lo scopo di delegare    al  Governo , una volta entrato in vigore , l’adozione  di uno o più decreti legislativi recanti il riordino e la revisione organica della disciplina degli enti privati del terzo settore . Tale disegno di legge, già dalla sua prima formulazione,  conteneva  il perimetro della riforma ed individuava i campi di intervento , attribuendo al Governo e non al Parlamento la potestà legislativa.  
Attualmente il disegno di legge che delega il Governo al riordino della disciplina in tema di riforma del terzo settore, nell’ultima versione che recepisce gli emendamenti approvati, ha superato  l’esame della Commissione Affari sociali della Camera. Nei primi giorni del mese di  aprile  dovrebbe terminare l’iter parlamentare  in quanto sono già stati acquisiti i pareri delle altre Commissioni competenti.
Scopo della Legge Delega, nella forma in cui sarà licenziata,  è il riordino dell’intera normativa del settore non profit tramite :
 

a) revisione della disciplina del Titolo II  del Libro Primo del Codice Civile;
b) riordino e revisione organica delle leggi speciali che disciplinano le varie fattispecie e la normativa tributaria, tramite l’elaborazione di un apposito codice del Terzo Settore;
c) revisione della disciplina dell’impresa sociale;
d)revisione della disciplina del servizio civile .
 
 
Tale riordino avverrà entro dodici mesi dall’entrata in vigore della suddetta legge tramite l’adozione di più decreti legislativi in materia di disciplina del terzo settore. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui sopra , il Governo potrà adottare disposizioni integrative e correttive.  La tempistica operativa , nell’ipotesi estrema, potrebbe quindi  dilatarsi fino a quasi due anni.
 
Il terzo settore è una realtà composita e disomogenea che si è sviluppata in modo esponenziale negli ultimi decenni ; spesso le necessità contingenti facevano emergere nel quotidiano  la fattispecie che veniva successivamente normata , quasi sempre tramite Leggi speciali non coordinate .
 Del resto il nostro legislatore codicistico conosceva e disciplinava  associazioni, fondazioni e comitati  , allora allo stato embrionale di sviluppo e non poteva prevedere l’evoluzione futura del fenomeno solidaristico.
Per questi motivi,  nel corso degli anni abbiamo assistito al proliferare di figure giuridiche e di normative connesse  .
Siamo giunti al paradosso ,  quando il  Dlgs, 490/97  ha dettato il perimetro civilistico per gli Enti non Commerciali ed ha introdotto la figura esclusivamente fiscale delle Onlus, definendo le caratteristiche statutarie indispensabili per poter ottenere vantaggi fiscali. Da cui è derivato  che la normativa fiscale ha tracciato indirettamente  l’ inquadramento civilistico degli Enti.
Ovviamente l’iter è stato molto più complesso ed articolato e non è la sede opportuna per ripercorrerlo ; l’esito è comunque rappresentato dal recepimento di disciplina fiscale ed indirettamente civilistica nell’ambito del Testo unico delle sui redditi DPR 917/86  laddove agli art 143 e seguenti viene fornita la nozione di Ente non Commerciale, anche sotto il profilo civilistico e  dettata la disciplina fiscale connessa.
La logica di questi passaggi trova fondamento nelle innegabili agevolazioni fiscali connesse alla qualifica di Ente Non Profit sia in capo all’Ente sia in capo ai donanti.
Nel corso degli anni,  infatti,  il ricorso abusivo alla veste non lucrativa per ottenere esenzioni fiscali  cioè la  presenza «di soggetti che si insinuano nel mondo del terzo settore e che creano danni e svantaggi a chi fa effettivamente volontariato» (sottosegretario al lavoro Luigi Bobba) ha creato distorsioni.
Attualmente , l’Ente non Profit può marginalmente esercitare attività commerciale, in sinergia  all’esercizio dell’attività istituzionale senza mutare essenza e finalità non lucrativa ; da ciò discende il tentativo di  definire la configurazione corretta di un Ente non lucrativo delineandone scopo e spirito  nel proselitismo , nella struttura aperta e nella conseguente democraticità della governance  ed identificando settori di attività e caratteristiche di gestione .
 
Il legittimo perseguimento di uno scopo moralizzatore, che smascherasse chi  si dichiarava non profit ma in realtà occultava  una struttura profit, ha però comportato un irrigidimento eccessivo nell’applicazione dell’attività di controllo da parte degli organi di polizia tributaria , aggravato dalla mancanza di chiarezza della  normativa.
Un riordino generale e coordinato della legislazione non può che essere accolto con grande favore ed è a mio parere necessario.
 
Tale operazione parte dalla riforma del Codice Civile quale condizione essenziale per eliminare le zone d’ombra oggi esistenti e deve essere armonizzata alla normativa fiscale onde evitare distorsioni . Credo che  questo obiettivo possa  essere raggiunto eleggendo quale parametro di valutazione l’identificazione delle finalità ultime dell’Ente e non tanto il sinallagma della prestazione  come di fatto ora avviene.
I punti da toccare sono numerosi  e complessi  e sono stati tutti indicati nella delega ma sempre in modo frammentario e non coordinato ; da una prima lettura sorge  il timore è che non siano state  valutate con la dovuta attenzione ed esperienza le ricadute pratiche e la profondità dell’impegno richiesto. Il necessario intervento al Libro I del Codice Civile  presuppone che l’intera impalcatura della Riforma sia già stata delineata e che soprattutto siano già stati identificati i punti di raccordo con l’istituendo Testo Unico del Non Profit.
Le linee di indirizzo individuate sono assolutamente condivisibili ma, mi permetto,  già da prima condivise  e note in quanto mera elencazione delle criticità da sempre evidenziate ; pertanto paiono  generiche e soprattutto prive dell’indicazione di un metodo e di una finalità univoca . Insomma , si ravvisa la necessità di un inquadramento civilistico e fiscale del terzo settore e se ne demanda al Governo l’applicazione pratica con tutti gli adempimenti e le procedure connesse : siamo dunque  alla fase iniziale  di un’opera che sortirà senza il necessario contraddittorio parlamentare, avendo il veicolo di decreti legislativi (sempre plurimi) adottati su proposta del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali , di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentiti, per quanto di competenza , i Ministri interessati e, ove necessario in relazione alle singole materie in oggetto della presente legge, d’intesa con la Conferenza unificata , ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997 , n.281 e successive modificazioni.
 
Va segnalato che il  Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili ha realizzato alcune proposte di emendamento al disegno di legge, evidenziando la necessità di creare un adeguato livello di controllo sull’attività svolta da tali enti.
Da più parti , infatti,  viene ravvisato nell’art.7 del disegno di Legge  un ulteriore elemento di criticità , collegato alla vigilanza ed ai sistemi di controllo.
Operatori del sistema, in proposito, definiscono inefficace e financo pericoloso affidare tali funzioni sull’ attività relativa a tutto il terzo settore ad una struttura centrale, il Ministero del Lavoro.
Da più parti si levano voci critiche in tema di autocontrollo esercitato dagli stessi enti del terzo settore, anche e non solo alla luce degli ultimi poco edificanti episodi. Pare riduttivo non prevedere forme di controllo da parte di Enti terzi.
 Infine, il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili ha ribadito l’importanza di partire da una nozione univoca di Ente non profit derivante da uno stretto collegamento tra la norma civilistica e quella fiscale.
Tale punto di incontro è costituito dalle finalità sociali perseguite , immanenti e prioritarie e volte a definire   l’inquadramento civilistico da cui, in ultimo, dovrebbe discendere la normativa fiscale applicabile; l’intera disciplina dovrebbe dunque presentarsi coordinata nella globalità e trasversale sulle singole fattispecie. La garanzia del sistema, come sempre, deve essere insita in una forma qualificata di controllo collaborativo esercitata da professionisti formati in materia e terzi rispetto alle fattispecie.
L’impegno è rilevante e non va sottovalutato.
 
 
Margherita Spaini è Consigliere Ordine Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Torino Ivrea e Pinerolo , delegato al Non Profit
 
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