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Quando gli artisti non parlano

  • Pubblicato il: 22/09/2011 - 21:38
Autore/i: 
Rubrica: 
DAL MONDO
Articolo a cura di: 
Chiara Tinonin
Thomas Hirschhorn «Mondrian Altar» 1997

New York. L’«undici settembre» non è solo una data. E’ diventato quasi un neologismo, un numero e un mese che insieme sono in grado di evocare un largo spettro di emozioni e di considerazioni non solo di tipo personale ma anche di carattere nazionale e di politica internazionale. Nel decennale degli attacchi alle Torri Gemelle di New York il Presidente Obama ha inaugurato il «Nine/Eleven Memorial» un monumento a Ground Zero per ricordare le 2.983 persone uccise non solo dall’attacco del 2001 ma anche da quello – meno citato – del 1993; un sito e un museo che possono essere visitati con tour guidati, oppure in solitaria ma sfruttando la semplice applicazione che è stata messa a punto per gli I-phone. Assistiti in diretta da quasi due miliardi di persone, gli attacchi al World Trade Center dell’undici settembre sono entrati a far parte delle tragedie più fotografate e documentate della storia eppure gli artisti, coloro che hanno più sensibilità nell’elaborazione di un’immagine in grado di evocare sentimenti, pensieri, interrogativi, sono coloro che hanno più taciuto.

In occasione del decennale, il curatore del MoMA PS1 Peter Eleey ha deciso di selezionare 70 lavori di 41 artisti internazionali – molti dei quali creati prima dell’undici settembre – per esplorare la risonanza e il raggio d’azione che gli attacchi hanno generato sulla percezione estetica delle persone. Evitando immagini dell’evento di per sé, così come quelle – poche – opere prodotte in diretta risposta agli attacchi, Eleey ha disegnato una mostra che fornisce una cornice soggettiva con la quale possiamo approfondire il modo in cui l’undici settembre ha alterato il nostro modo di vedere il mondo: «anche se le Torri non ci sono più, vediamo le loro eco letterali e figurate ovunque, nelle sagome di due alberi paralleli in un paesaggio di Alex Katz o nella varietà di modi nei quali la nostra cultura è cambiata in risposta agli attacchi. La strada dei santuari e i monumenti sorti spontanei in tutta la città dopo l’undici settembre rimangono senza rivali per me, è in loro il vero potere commemorativo. Spero che questa esposizione possa offrire un altro modo di pensare a ciò che è successo e riflettere sulla costante presenza che quella tragedia ha nella nostra vita» ci dice il curatore.

La mostra «September 11» che rimarrà aperta fino al 9 gennaio 2012 è un progetto voluto dal MoMA's Wallis Annenberg Fund for Innovation in Contemporary Art e, come da attitudine americana, è supportato da un pool di fondazioni private della città - Fondazione Teiger, Fondazione Andy Warhol per le arti visive e Fondazione The Horace W. Goldsmith.
Dall’altare di Thomas Hirschhorn installato all’esterno al film «Trasmission» di Harun Faroki su pellegrinaggi famosi come quelli a San Pietro o al Vietnam Veterans Memorial di Washington, il percorso espositivo del MoMA di Jackson Avenue è un mondo che, pur non parlandoci esplicitamente dell’undici settembre, ci spinge a confrontarci con il fatto che la nostra mente torna a Ground Zero appena ci confrontiamo con tematiche legate alla commemorazione collettiva, alla necessità di ricordare, a come il presente si fa storia sotto i nostri occhi.
Nell’overload informativo di una società sempre più digitalizzata e dove la produzione culturale è nelle mani di tutti, il ruolo dell’artista forse si sposta da quello di «testimone privilegiato» ad anticipatore, a rivelatore. Per l’unidici settembre è andata così.

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