Quale direttore per il Macro? Risponde il mondo dell’arte contemporanea
Roma. Dal giugno 2013 il Macro è senza direttore. Ciò significa che da nove mesi il sindaco di Roma Ignazio Marino e l’assessore alla cultura Flavia Barca non sono riusciti a individuare sia la figura da poter incaricare di tale compito direzionale, sia la metodologia da adottare per ottenere tale risultato. Mentre montano protesta e preoccupazione di mondo della cultura, della stampa e della cittadinanza, «Il Giornale dell’Arte» ha chiesto a personalità operanti nel contemporaneo chi vedrebbero con favore alla direzione del Macro.
Edoardo Sassi: Un nome anticricca, qualcuno capace anche di opporsi e di scontentare la gang romana del contemporaneo: se Gesù di Nazaret non è disponibile, allora richiamerei Luca Massimo Barbero.
Lucilla Meloni: Bartolomeo Pietromarchi, che, tenendo conto della situazione economica, aveva lavorato bene, rendendo attivo il museo, anche con piccole mostre, ma sempre di qualità.
Laura Cherubini: Urge affidare a persona capace ed esperta il percorso di traghettamento del Macro da ufficio della Sovrintendenza a un museo; la stessa persona dovrebbe in seguito occuparsi di istituire un concorso pubblico per la direzione, che includa tra i requisiti il possesso di titolo di studi, ma non l’aver già diretto un museo, ché altrimenti viene a crearsi una casta.
Alessandra Mammì: L’Incredibile Hulk, Mandrake, Batman o qualsiasi altro supereroe. Come potrebbe, infatti, un normale essere umano dirigere un’istituzione che non ha budget né identità giuridica?
Marco Tonelli: Marco Tonelli
Ludovico Pratesi: Il futuro direttore del Macro deve portare avanti il lavoro del passato, con entusiasmo e consapevolezza, per mantenere il ruolo del museo come punto di riferimento per la comunità artistica romana, nazionale e internazionale.
Lea Mattarella: Federica Pirani, che è già una storica dell'arte del Comune di Roma. Bravissima.
Raffaele Gavarro: Ne farei una questione di metodo e non solo per il direttore, ma anche per tutto lo staff curatoriale. Ma non basta pensare a call pubbliche, ora è necessario chiedersi quale Macro vogliamo.
Gianluca Marziani: Giorgio De Finis.
Stefano Chiodi: Il Macro avrebbe bisogno di una figura competente come quella di Hou Hanru al MaXXI, ma la verità è che il museo deve innanzitutto riguadagnare la sua autonomia di istituzione culturale pubblica umiliata dalla palude politica romana.
Daniela Lancioni: Bartolomeo Pietromarchi (criterio della scelta: non si butta il bambino con l’acqua sporca, ossia un tecnico che ha agito bene si mantiene).
Marcello Smarrelli: Nessuno! A meno che non sia selezionato per competenza, possesso dei titoli, rispetto degli obiettivi e del budget chiaramente indicati da un bando pubblico.
Pier Paolo Pancotto: La mia risposta è: selezionarlo attraverso un regolare concorso pubblico.
Marco Di Capua: Niente nomi, prima le idee, anche se di queste non c'è traccia. Così come soltanto in rarissime occasioni ho visto cose valide al Macro. E tra queste non c'è la sceneggiata della Consulta.
Alberto Dambruoso: Alla direzione del Macro vedo Marco Meneguzzo o Angela Vettese, che reputo tra i più seri e preparati critici e storici dell'arte che abbiamo in questo Paese.
Lorenza Trucchi: Ottimo il nome di Federica Pirani, già ventilato, purché abbia pieni poteri organizzativi ed economici.
Paola Ugolini: Un direttore italiano che abbia forti relazioni internazionali e che possa quindi lavorare in maniera costruttiva sul territorio con un programma espositivo coerente e inattaccabile dal punto di vista scientifico, da sviluppare in un arco di almeno cinque anni, in grado di attrarre gli investimenti privati.
Gabriele Simongini: Un direttore che risponda a tre esigenze: 1) riscoprire una missione istituzionale e non solo carrieristica del proprio ruolo; 2) fare un'indagine seria sull'ambiente artistico romano; 3) rifiutare l'idea del museo-luna park.
Patrizia Ferri: Vedrei bene Bruno Corà fiancheggiato da uno staff di curatori che conoscano anche bene il territorio, con un bando che spazzi la consuetudine delle nomine politiche, a fronte della trasformazione in Fondazione auspicata da Umberto Croppi.
da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 1 aprile 2014