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Psico-geografia, trama e ordito per raccontare Venezia

  • Pubblicato il: 28/10/2011 - 12:39
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Stefania Crobe
Invito alla mostra Art Enclosures 2011. Residenze d’artista a Venezia

Venezia. Fino al 6 novembre la Casa dei Tre Oci in Giudecca ospita gli esiti di Art Enclosures- Confini d’arte. Residenze per artisti internazionali a Venezia, un programma di residenze per artisti, alla quarta edizione, ideato e prodotto dalla Fondazione di Venezia con l’obiettivo di promuovere e valorizzare la giovane arte africana e finalizzato alla produzione di una o più opere d’arte da esporre in una mostra al termine della residenza veneziana. 
Il progetto  prevede un periodo di residenza per gli artisti selezionati di tre mesi, che permetta la conoscenza della realtà culturale italiana, ma che soprattutto favorisca la contaminazione tra diverse culture. Un ricco programma formativo con workshop, incontri, atelier e laboratori, visite a gallerie d’arte e alle principali mostre e musei del territorio viene proposto per favorire un’interconnessione con il tessuto della città, che possa essere per gli artisti in residenza luogo e occasione di crescita e ricerca e fonte di ispirazione per la generazione di nuovi processi artistici. 
Art Enclosures, avviato nel 2008, ha  visto la partecipazione di 6 artisti - Evarist Fabian Chikawe (Tanzania), Mambakwedza Mutasa (Zimbabwe), Samuel Githui (Kenia), Victor Mutelekesha (Zambia), Jabulani Maseko (Repubblica Sudafricana) e Kiluanji Kia Henda (Angola) – con la produzione, durante la loro residenza, di 37 opere esposte in tre grandi mostre in spazi istituzionali di rilievo. Per questa nuova edizione degli oltre 145 curricula arrivati la scelta del comitato scientifico, presieduto da Simon Njami, curatore, scrittore e studioso dell’Arte Africana di fama internazionale, che ha curato nel 2007 il primo Padiglione Africano della Biennale di Venezia, è caduta su Victoria Samuel Udondian, nigeriana classe 1982 e Tamlyn Young, sudafricana del 1978, che a partire dallo scorso giugno hanno iniziato il loro periodo di residenza in laguna. Una residenza al femminile, dunque, dagli esiti fortemente legati alla sensibilità delle donne, capace di cogliere la stratificazione e la complessità del territorio, la sedimentazione di storie e accadimenti che a Venezia hanno lasciato una traccia indelebile. Venezia è da sempre crocevia di culture differenti, ponte tra due mondi, intreccio di civiltà, ancoraggio di navigatori che cercano in mezzo alla gente l' Europa o l' Oriente. 
Venezia è allo stesso tempo se stessa e il suo contrario, sogno e incubo, che nell’acqua vede la sua forza e la sua debolezza e che rischia di rimanere imprigionata nella sua bellezza, talvolta caricatura kitsch di se stessa. Ogni via, ogni angolo della città racchiude in sé questa stratificazione, secoli che si sono avvicendati, fino alla contemporaneità, conservando però la fierezza della “Serenissima”. Forse in questa cura per la tradizione, per il passato, per la propria terra, ma anche nelle sue contraddizioni, le due artiste in residenza hanno ritrovato un pò della loro Africa, intrecci e contaminazioni culturali che emergono nella mostra curata da Mara Ambrozic.
Tamlyn Philippa Young, sudafricana che si è formata alla Stellenbosh University di Cape Town (Sud Africa) incentra la sua ricerca sullo sviluppo si temi interdisciplinari, tra antropologia e etnografia. Partendo dalla psico-geografia delle pratiche situazioniste degli anni sessanta, compie un viaggio esperienziale all’interno della città, organismo vivente, dove ogni elemento che la abita, ogni comportamento viene influenzato, anzi determinato, dall’ambiente secondo modalità percettive diverse. Ne emerge un “diario collettivo”, impressioni relazionali, fatto di racconti, fotografie, mappe che si formalizza in un’installazione multimediale. Anche la nigeriana Victoria Samuel Udondian si misura con la società e il suo tessuto – quasi una responsabilità - realizzando, attraverso l’intreccio, che si carica di significati metaforici, di trama e ordito, degli abiti realizzati con stoffe recuperate dalle associazione di volontariato a sostegno dei meno fortunati, rielaborandoli secondo uno stile nigeriano. La tessitura riveste da sempre un ruolo importante nella tradizione veneziana, e gli abiti di Victoria Samuel Udondian tramandano storie e memorie, viaggi di uomini in luoghi distanti rivelandone l’identità.
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