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Programmare si può. Un coraggioso progetto pluriennale, nonostante beghe burocratiche, intoppi amministrativi e fondi da cercare

  • Pubblicato il: 06/04/2014 - 17:40
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Catterina Seia

Arrivata con la storica direttrice, Sara Staccioli, in piena e lenta ristrutturazione- storia tipicamente italiana–, la regale Anna Coliva, abita da lungo tempo alla Galleria Borghese.  La concomitanza di fattori positivi, tra i quali la nomina ai Beni Culturali del Ministro Veltroni, ha impresso un’accelerazione e in un anno e mezzo, il museo ha riaperto nel 1997.
Dal 2006 guida un luogo sommo per la storia dell’arte e del collezionismo-per qualità e specificità-, nel quale  ha concepito e varato un programma decennale di grandi mostre. Senza denaro pubblico. In corso un poetico dialogo delle opere essenziali di Alberto Giacometti con la scenografia barocca.

Perché le grandi mostre?
La Galleria Borghese è un luogo complesso. Non solo un museo, ma una villa con un parco, con una propria struttura completa, una sua finitezza. Non ha bisogno di nulla nella sua presentazione e non ha, perché non erano previste - e non avrebbe senso in un luogo così - le sale espositive per mostre temporanee.

Quando abbiamo riaperto i tempi erano mutati rispetto agli anni '80: il pubblico era diventato più esigente, più consapevole, più internazionalizzato - nel senso che era più abituato ad andare nelle grandi capitali a visitare mostre. Abbiamo quindi constatato che la sola offerta del museo non poteva bastare.

In Italia non c’è l'abitudine di tornare in visita a un museo, come all'estero. La Galleria è nei circuiti internazionali e quindi è colma di stranieri, ma la nostra idea è di far anche affezionare il pubblico, farlo tornare. Sono  quindi  indispensabili le  mostre che, dati i vincoli dello spazio, si debbono necessariamente basare su  metodologie ripensate: né nuove né vecchie, semplicemente diverse.
Il nostro scopo istituzionale è studiare la collezione, studiare la Villa Borghese con le sue caratteristiche, passando dal collezionismo all'individuazione dell'essenza dei vari capolavori presentati. L’idea è di partire dalla collezione – i grandi capolavori della pittura dall'epoca greco-romana fino all'800 - per creare  mostre che vi facciano riferimento, siano concepite in funzione di essa e della struttura museale. Nel caso, ad esempio, della mostra in corso su Alberto Giacometti[i], l’idea era di approfondire il ‘900 – secolo assente alla Galleria Borghese - non attraverso un paragone tra antico e moderno, bensì attraverso la rilettura del museo. Con Lucas Cranach[ii],nello spazio italiano rinascimentale non sono state immesse solo opere, ma è stata delineata la spazialità fiamminga, nordica, tedesca del ‘600. Il contrasto e insieme il punto di contatto derivava proprio da questo: la comprensione della grandezza dello spazio italiano e della diversa eppure analoga grandezza dello spazio tedesco.

Quindi un lavoro  scientifico anche del corpus della collezione.
Certamente, anche perché durante le mostre la collezione rimane intatta, ad eccezione di qualche elemento estraneo che viene aggiunto, interagendo con le particolarità delle opere e dello spazio preesistenti.

Un percorso di sperimentazione. Quali le tappe realizzate e quali le future?
Abbiamo iniziato da «Raffaello. Da Firenze a Roma»[iii], la più filologica della serie. La Galleria Borghese possiede il capolavoro sommo di Raffaello, che segna il passaggio stilistico da Firenze a Roma, che lo ha reso eccelso pittore che ha nutrito la sua visione con lo spazio del Pantheon, l'oro dei mosaici, come in un respiro grandioso, che diventa universale, e gli consente di inventare lo spazio retorico della Cristianità, così come c’era quello della romanità, cioè dell'Impero.
Con la mostra abbiamo voluto spiegare proprio questo passaggio.

E’ seguita «Correggio e l’antico»[iv] nella quale le opere dell’artista sono state messe in dialogo con i reperti archeologici, per dimostrare che non avrebbe potuto essere “Correggio” se non fosse venuto a Roma.

Nel caso della mostra di Canova[v], che può essere definita «mostra di casa», c'erano più di trenta strutture monumentali dell’artista, ma che non si percepivano: pareva fossero state sempre all'interno del Museo, in un processo di assoluta naturalezza.

Ma la prima scommessa impegnativa, non filologica, ma molto connessa al contenuto del Museo, è stata quella di «Caravaggio-Bacon»[vi]: era l'anno del centenario della morte di Caravaggio e della nascita di Bacon.
La nostra è ancora la collezione che ha la maggior quantità di Caravaggio.
Fare una mostra sull’artista, nell’anno in cui si registrava una vera «inflazione» di mostre caravaggesche, ha significato mettere a confronto due poeti e non due stili, due dialoghi formali, la stessa poetica nel Seicento e nel Novecento.  Caravaggio era sostenuto da un contesto di fede intrinseco al Seicento. Nel Novecento l’uomo rimane solo con la sua esistenzialità, che diventa l'unica possibilità. Ma la dimensione fisica è visibile sia nelle opere di Bacon che nella violenza luminosa delle opere di Caravaggio. In mostra abbiamo portato un confronto concettuale. E lì abbiamo avuto «la bellezza di vedere realizzato ciò che Bacon voleva» - come ha detto Michael Peppiatt[vii] -, con le opere con uno spesso  vetro davanti che riflette il visitatore, che deve spostarsi per non verdersi. Bacon voleva un rapporto con il pubblico, con il contesto. Considerando la Galleria Borghese la «casa dell'arte», finemente decorata, tutto si rifletteva, come un piccolo contributo a Bacon e alla sua visione.

Realizzerete  un catalogo complessivo sul percorso?
Fondi permettendo. Sarebbe  interessante un sunto della messa in scena, cioè della serie di mostre realizzate attraverso l'allestimento. L’avevamo previsto alla partenza, ma il  periodo era ' più roseo, ora è più complesso.
E’ comunque stata una grande soddisfazione per noi apprendere che Philippe de Montebello, già direttore del Metropolitan Museum di New York, ha usato i cd delle nostre mostre per le sue lezioni di museografia, immettendo come nuovo concetto museografico i principi che abbiamo seguito nella concezione di queste mostre.

Un'altra operazione, straordinaria e irripetibile, è stata nel 2011 la ricostruzione della collezione archeologica[viii], realizzata  grazie ad una collaborazione con il Louvre durata quattro anni. Alla Galleria Borghese, loro luogo di origine, sono tornati 75 capolavori di scultura greca e romana.
Questa operazione meriterebbe di avere una pubblicazione a sé, perché costituisce la ricostruzione dal vero della collezione archeologica Borghese: aiuta a comprenderne le logiche, la genesi e persino i colori. Spiega ad esempio perché la Sala di Paolina Borghese è dipinta di giallo antico: l’ambiente conteneva i famosi due Camilli dalla meravigliosa toga di alabastro, aspetto da cui è derivato il senso della decorazione della sala.
Abbiamo poi capito perché lì si trovavano due fauni: c’era l'uscita verso il parco. Abbiamo compreso che cos'era la Sala Egizia, con la  meraviglia di ori e neri. Informazioni sulle singole sale e sull’impresa decorativa della Villa Borghese, unica ed eccezionale, mai più ripetuta, come coerenza e complessità.

Cos’è accaduto dopo il 2011?
La mostra è proseguita nel 2012. Nel 2013 in piena crisi la mostra è saltata. La settima mostra, in corso,  è quella su Giacometti.

Cosa seguirà?
Il programma definito per dieci mostre, una rarità, ha dovuto fronteggiare il colossale peggioramento economico della grande crisi.  Nel 2007,  dopo la divulgazione del programma della seconda mostra, andai a incontrare i prestatori per le opere del Correggio. Al mio arrivo erano già pronte: sapevano che avremmo chiesto quelle. Una fantastica  programmazione  in sinergia con gli altri musei. Il Louvre e la National Gallery, ad esempio, dovevano fare insieme una mostra su Tiziano che annullarono perché si prevedeva che nel 2011 la Galleria Borghese avrebbe fatto una mostra sullo stesso artista.

Quali ostacoli ha trovato?
Di  tipo burocratico, comune a tutti. Un vero freno per lo sviluppo del Paese.
Sappiamo quanto il nostro Paese sia particolare - soprattutto in quello che riguarda la trasparenza, le gare, ecc.  I meccanismi che dovrebbero far fronte agli abusi sono sempre più pericolanti e vanno a ostacolare chi invece vuole operare per bene e onestamente.

Quanti visitatori avete in media?
Non possiamo superare i 500mila. Con 100mila euro di finanziamento potremmo introdurre sistemi elettronici di conteggio-normali ovunque e  che proponiamo da anni- che potrebbero far raddoppiare i visitatori. Per ora non siamo riusciti.

Come si finanziano queste mostre?
Da “sole”. Sono importanti e attraggono le imprese, anche se oggi gli investimenti sono diminuiti.

Qual è l'entità del suo fundraising per ogni grande mostra?
Nei periodi felici le  sponsorizzazione si attestavano  intorno a 600mila euro. Oggi meno, molto di  meno.
Oggi gli sponsor  hanno richieste legittime e preferiscono un progetto condiviso, esserne parte e  verificare i risultati. Noi abbiamo cercato crearlo dall’inizio e uscire da interventi sporadici con un percorso.
Enel su queste basi ci segue dagli esordi.
Va considerato che oggi le banche non partecipano più a Roma,  perché, indebolita la politica,  non si riconoscono in un'attività prettamente romana e preferiscono intervenire a livello regionale.
Un grande problema oggi, in cui ottenere le sponsorizzazioni è più difficile,  sono le gare che  scoraggiano molto, incidono sull’agilità dei  tempi. Mettendo a gara tutta la sponsorizzazione la mostra non si sa quando la si potrà  fare e questo compromette i rapporti con altri musei. Per fare un esempio, per la mostra di Cranach si poté decidere che Francoforte l’avrebbe realizzata  e dopo due anni sarebbe arrivata a Roma. Oggi guardiamo con  invidia  i grandi musei che fanno accordi per collaborazioni.
Gli accordi vanno  mantenuti e noi come facciamo ad assicurarlo?

A Galleria Borghese c'è un'unità che si occupa di fundraising?
Credo che la sponsorizzazione vada seguita in prima persona da chi dirige un museo, e che abbia credibilità rispetto agli esiti attesi. Nel frattempo è maturata  un’operazione importante per la Galleria Borghese, grazie alla disponibilità, generosità, e temerarietà di un gruppo di persone, che hanno fondato l'associazione Mecenati della Galleria Borghese, che speriamo si possa affermare oltre confine perché la Galleria Borghese è un fenomeno internazionale.
E’ presieduta da Maite Bulgari e ci sono soci fondatori-persone fisiche- e  soci sostenitori-anche persone giuridiche e quindi aziende. L’associazione opera in primis per sostenere la ricerca d'archivio e gli eventi culturali del museo: una mostra all’anno, un ciclo di conferenze, un intervento di restauro.

E’ una risposta alla precarietà che è un aspetto insostenibile, che non ci rende partner attendibili e punta sul creare consenso e vicinanza civile, un «farsi carico» di qualcosa che si sente come proprio.
L’Italia non può essere confrontata con i modelli americani.
E’ un altro mondo, in cui la società sostiene le istituzioni, che siano sanitarie, militari, culturali, ha una cultura del dono e agevolazioni fiscali.
Dobbiamo cercare gruppi di persone influenti, che contribuiscano non solo con denaro, ma a far sì che vengano promosse le condizioni abilitanti per operare.

[I] «Giacometti. La scultura»: dal 5 febbraio al 25 maggio 2014, Galleria Borghese.
[II] «Cranach – L’altro Rinascimento»: dal 15 ottobre 2010 al 13 febbraio 2011
[III] «Raffaello. Da Firenze a Roma». Dal 19 maggio al 10 settembre 2010, Galleria Borghese.
[IV] «Correggio e l’antico». Dal 22 maggio al 14 settembre 2008, Galleria Borghese.
[V] «Canova e la Venere Vincitrice». Dal 18 ottobre 2007 al 3 febbraio 2008, Gaòòeria Borghese.
[VI] «Caravaggio - Bacon». Dal 2 ottobre 2009 al 24 gennaio 2010
[VII] Michael Peppiatt, storico dell’arte, critico e scrittore, oltre che biografo e amico intimo di Bacon, ha curato la mostra «Caravaggio - Bacon» insieme ad Anna Coliva.
[VIII] «I Borghese e l’antico» Dal 7 dicembre 2011 al 9 aprile 2012, Galleria Borghese.

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