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Parole d'ordine: conservare e restaurare

  • Pubblicato il: 16/03/2018 - 08:00
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Benedetta Bodo di Albaretto

A Roma, da vent’anni, La Fondazione Paola Droghetti onlus, promuove  la  cultura della Conservazione e del Restauro delle opere d’arte, a livello teorico – tramite il sostegno alla formazione di giovani restauratori – ed a livello pratico, con interventi mirati sul territorio. Ne parliamo con Lia Piccolella, segretario generale.


 
La Fondazione Paola Droghetti venne istituita il 19 Marzo 1998 da Vincenzo Ruggieri, che ne è tutt’oggi presidente che, con le figlie Alessia, Marzia e Clarissa, porta avanti il lavoro della moglie, restauratrice e conservatrice per i beni culturali specializzata in affreschi, prematuramente scomparsa nel 1997.
L’Ente si distingue si posiziona sulla ricerca e su interventi di restauro conservativo di opere d’arte, sostenendo gli studi ed approfondimenti tecnici dei giovani che scelgono e sognano di diventare i restauratori di domani.
Il programma annuale della Fondazione prevede una serie consolidata di investimenti, che guardano innanzitutto alla promozione e organizzazione di convegni e seminari, giornate di studio e corsi qualificati che focalizzano l’attenzione sulle tante potenzialità di specializzazione nel campo della conservazione e restauro di beni artistici, culturali e architettonici. Ogni anno vengono assegnate, tramite un concorso, due borse di studio rivolte a giovani conservatori-restauratori, per sostenerli nel corso della loro formazione, e un premio per la migliore tesi di laurea in ambito conservativo.
Abbiamo parlato con Lia Piccolella, segretario generale, in merito alle attività previste per quest’anno ed ai risultati raggiunti in quasi due decenni di lavoro.
 
Pochi giorni è stato pubblicato il nuovo bando per due borse di studio finanziate dalla Fondazione a due laureati dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma nell’anno 2016/17, mentre il calendario delle attività previste per quest’anno non è stato reso pubblico. Avete in previsione un progetto particolare di cui vorrebbe parlarci?
La Fondazione Paola Droghetti ha ormai un collaudato programma annuale, che prevede una costante in termini di investimenti dedicati. Quest’anno, tramite le consuete due borse di studio, offriamo la possibilità di un lavoro di ricerca e di restauro su due sculture marmoree di età romana raffiguranti due teste di Atena/Minerva della Collezione dei Musei Capitolini, ed a questo proposito selezioneremo entro breve gli studenti che lavoreranno per il Museo di Palazzo Nuovo. Tale restauro sarà portato a termine entro al fine dell’anno, precisamente alla fine del mese di novembre, e la direzione scientifica sarà del Sovrintendente Capitolino Parise Presicce.
Per lo stesso anno accademico è stata già bandita e assegnata una ulteriore borsa per il restauro del mosaico “Il Pioniere” presso il Museo del Genio Militare. La presentazione del restauro avverrà il 21 aprile e contestualmente sarà presentato anche il ventiduesimo volume della nostra collana, nonché un documentario sul restauro e il Museo. Questo lavoro realizza l’accordo tra i ministri Franceschini e Pinotti con l’ISCR e con la Fondazione Paola Drighetti per lo sviluppo dei musei militari, realtà nazionali preziose ma spesso nascoste. Inoltre, presenteremo il bando per l’ottava edizione del concorso annuale Miglior Tesi, il cui premio – istituito dalla Fondazione - verrà consegnato in autunno, durante l’annuale Congresso Nazionale “Lo Stato dell’Arte”. Infatti, siamo soliti premiare la migliore tesi di laurea presentata presso l’IGIIC, Gruppo Italiano dell’International Institute for Conservation, dopo aver valutato i partecipanti attraverso una commissione appositamente creata dalla Fondazione e sulla base di una graduatoria proposta dal Comitato Scientifico dell’IGIIC.
 
Può indicarmi dunque gli investimenti sostenuti dalla Fondazione ogni anno?
Oltre al finanziamento delle due borse di studio ed il premio che porta il nome della Fondazione, c’è l’annuale impegno volto alla ricerca e al restauro di un’opera che sovvenzioniamo sulla base delle proposte che ci vengono sottoposte dalle istituzioni cittadine e non solo. In ognuno di questi casi la Fondazione finanzia e segue lo sviluppo delle attività, ma i lavori sono diretti e supervisionati direttamente dai committenti. Da parte nostra vi è un supporto anche in termini di divulgazione del lavoro svolto, attraverso la produzione di video che documentano l’intervento di restauro, oltre che convegni, mostre e conferenze dedicate a temi legati all’opera restaurata. Infine, prevediamo due pubblicazioni relative il lavoro di restauro portato a compimento all’interno della collana intitolata Interventi d’Arte sull’Arte, curata dalla Fondazione Paola Droghetti ed edita da Gangemi, che ormai conta oltre venti volumi.
 
La Fondazione lavora prevalentemente su Roma, in collaborazione con realtà prestigiose come la Galleria Borghese e Palazzo Barberini, ma non solo. Come vengono selezionati i progetti che poi vengono supportati, qual è l’iter previsto per la presentazione dei suddetti? Può raccontarmi quanto lavoro preliminare è necessario in termini di pianificazione, di ricerca e di esamina della direzione lavori?
La Fondazione lavora prevalentemente su Roma soprattutto per ragioni di conoscenza diretta del territorio e delle numerose realtà – anche e soprattutto meno turistiche, con il fine ultimo di portare loro maggiore visibilità – che ne arricchiscono il patrimonio e che hanno bisogno di tutto il supporto e l’attenzione che è possibile, da privati, destinare loro. Questo non vuol dire che non vi sia la possibilità di collaborazioni al di fuori della capitale, com’è avvenuto per la prima borsa di studio del 2002/2003 per il restauro della predella del Polittico di Ludovico Urbani, di proprietà del Museo Diocesano di Recanati. Ma potrei citare anche il restauro della Madonna col Bambino di Jacopo Sansovino, un’opera in cartapesta di proprietà del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, oppure dell’Autoritratto di Aristide Sartorio, di proprietà della Galleria degli Uffizi di Firenze, oppure quando nel 2009, a seguito del terremoto che ha colpito l’Aquila, abbiamo immediatamente finalizzato il restauro di un’opera danneggiata dal sisma a scelta della Soprintendenza Abruzzese, che ha optato per il Transito di San Giuseppe. Vagliamo i progetti che ci vengono sottoposti e decidiamo ogni volta in base alla natura dell’intervento, le necessità della committenza, la particolarità del manufatto anche in termini di tecniche e materiali utilizzati, il contributo che possiamo dare dal punto di vista della promozione di realtà meno note al grande pubblico.
 
Nel 2016 la Fondazione ha finanziato lo studio e il restauro conservativo dell’opera d’arte contemporanea GOLDFINGER/MISS di Mario Ceroli al MACRO di Roma, primo esempio di intervento su un’opera di produzione recente. Un segnale che la Fondazione si propone di incrementare le attività in tal senso, oppure un caso eccezionale?
La Fondazione non pone limiti in termini di tipologie di opere da sottoporre alla nostra attenzione per valutare la partecipazione attiva nell’intervento di restauro, e anzi è una sfida e una scoperta contribuire al recupero di lavori tanto diversi tra loro. Penso a un opposto in questo senso, ma altrettanto affascinante, ovvero al caso in cui è stato finanziato, nel 2014, un intervento di studio ed il restauro di un Merletto di Bruxelles del ‘700 di proprietà del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. Una meraviglia, e un modo per conoscere a vicino cosa significa intervenire su un importante patrimonio tessile e su oggetti di fattura così preziosa e delicata.
Siamo intervenuti su opere mobili e fisse di ogni epoca e realizzate con qualsiasi materiale, nel caso dell’opera di Mario Ceroli abbiamo ricevuto la richiesta d’intervento da parte del MACRO in occasione della mostra Roma Pop City 60-67. Si trattava di realizzare una campagna diagnostica e di intervento su di un’opera realizzata con assi di legno di pino sagomate e decorate superficialmente, la cui doratura sul fronte era compromessa. È stata un’occasione per collaborare con il museo Museo d'Arte Contemporanea della capitale e per ridare lustro ad una delle opere più interessanti della produzione di Ceroli negli Anni ’60, un lavoro per cui abbiamo voluto realizzare un volume relativo all’intervento di restauro, presentato al finissage della mostra proprio in compagnia dell’artista.
 
Cosa manca, secondo la Fondazione Paola Droghetti, dal punto di vista dell’alta formazione e delle opportunità di sviluppo della professione?
La Fondazione Paola Droghetti nasce nell’intento di portare avanti la memoria e l’impegno che la restauratrice e conservatrice Paola Droghetti metteva nel suo lavoro. Dal 1979 fino al 1997, molte furono le opere ed i cantieri sui quali lavorò, soprattutto a livello locale, dall’Arco di Costantino alla “Barcaccia”, dalla Domus Aurea al Palazzo Altemps, da Villa Torlonia a Villa Carpegna e Villa Pallavicini, fino alla Collezione del Gandhara del Museo Nazionale d’Arte Orientale. Specializzata in affreschi, non per questo la signora Droghetti era meno appassionata e capace suopere su tela, tempere, dipinti su tavola, materiale lapideo, tessuti… Le scelte della Fondazione rispecchiano il suo amore per la sua città ed il Paese, l’interesse nella differenziazione dei progetti da sostenere e l’attenzione nei confronti delle giovani generazioni in via di specializzazione. Riteniamo che l’alta qualità della formazione dei restauratori oggi non sia supportata dalla commissione di specifici interventi - soprattutto pubblici ma anche privati - finalizzati a garantire una buona applicazione delle competenze per la conservazione del patrimonio nazionale. Il nostro impegno è rivolto a contribuire nel tracciare un percorso, affinché le cose possano migliorare.
 
 
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