Paradossi siciliani: un museo senza direttore, un direttore senza museo
Catania e Agrigento. Due casi paradossali. Il primo è quello del Museo Archeologico Regionale Ignazio Paternò Castello V principe di Biscari di Catania: un nome pomposo per un museo che in realtà non esiste. Ha un direttore, Francesco Privitera e pochi dipendenti (tra questi una valida archeologa, Michela Ursino); mancano invece i reperti, che affollano però i depositi della Soprintendenza catanese in attesa che venga decisa la loro destinazione. La sede ci sarebbe, intitolata appunto a Ignazio Paternò, nei grandi spazi in degrado della ex Manifattura Tabacchi acquistata anni fa proprio per dare il suo museo archeologico a Catania, unica città siciliana capoluogo di provincia a esserne priva. Esiste soltanto una collezione esposta nelle sale del Castello Ursino, museo comunale, ma le due istituzioni non dialogano: Regione e Comune sono distanti anni luce. Per restaurare la Manifattura Tabacchi e trasformarla in museo ci vorrebbero circa 20 milioni che naturalmente la Regione non ha. Si era tentato, con poca convinzione e nessun risultato, di ottenere i fondi europei 2007-2013. Da qualche stagione direttore e archeologi tentano di animare la grande struttura in abbandono allestendo in poche sale una serie di mostre con i reperti (forse) destinati al museo. Fino al 10 marzo è aperta (l'ingresso è gratuito, per mancanza del personale di biglietteria) quella dedicata alla storia di Catania «Da Evarco a Messalla», cioè dalla fondazione della grecaKatane, 729 a.C., fino alla conquista romana di Manio Valerio Messalla nel 263 a.C. Sono soprattutto reperti di scavi condotti negli ultimi 20 anni. «Purtroppo, dice lo sconsolato direttore Privitera, abbiamo avuto soltanto 800 visitatori in due mesi. Con le mostre precedenti eravamo a 2.000: ma gli studenti sono scomparsi dopo i tagli alla scuola. Del resto siamo aperti soltanto la mattina e chiudiamo la domenica per mancanza di custodi».
Vicino ad Agrigento, il Comune di Cianciana ha invece allestito un museo nell’ex convento francescano del Seicento: tutto è pronto, vetrine e perfino pannelli didattici che illustranoseicento reperti ancora nei depositi. Vengono per la maggior parte dagli scavi degli ultimi anni compiuti da una missione dell’università tedesca di Gottinga. «È stato un successo, spiega il professor Johannes Bergemann, che ha coordinato le ricerche. Abbiamo trovato nella zona circa 200 siti archeologici sconosciuti con ceramiche, monete, monumenti, dall’ età del ferro a quella romana e fino al Medioevo».
Il museo ha anche un direttore volontario, non ufficiale, l’architetto del Comune Paolo Sanzeri, che da anni si batte per la promozione turistica e culturale del piccolo centro di 3.500 abitanti e ha realizzato anche un piccolo museo etno-antropologico. Per il progetto ci sarebbe il benestare della Soprintendenza di Agrigento, ma manca da oltre due anni il via libera della Regione. Quindi i reperti non possono essere esposti e nell’ex monastero le vetrine restano vuote.
da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 5 febbraio 2013