Palermo, il restaurato Museo del Risorgimento chiude dopo soli due anni
Palermo. Aperto a maggio del 2010 dopo un restauro durato quattro anni e costato 300mila euro, il Museo «Vittorio Emanuele Orlando», che raccoglie i ricordi di tutte le stagioni del Risorgimento siciliano, dagli albori (1836-37) ai moti del 1848-49 fino all’Unità, è di nuovo chiuso, come lo è stato, tranne la parentesi degli ultimi due anni, per oltre mezzo secolo. Mancano i soldi e così i quattro dipendenti sono stati licenziati e i documenti, i cimeli, i 110mila testi rari della biblioteca, parte come il museo di una istituzione antichissima, la Società di Storia Patria fondata nel 1863 dai più famosi studiosi del tempo, ritornano nelle casse.
Il giorno dell'inaugurazione, il 29 maggio 2010, nel tripudio dei 150 anni dell’Unità d’Italia, tra bandiere al vento, bande musicali, fiori tricolori e una folla straripante per rivedere la camicia rossa di Garibaldi, le foto dei Mille e i rari cimeli dell’eroe dei due mondi mai esposti, c’erano buona parte degli amministratori e intellettuali siciliani, oltre a delegazioni da molti Paesi europei. A chiudere e negare così un altro pilastro della cultura siciliana, non è soltanto il museo (il biglietto costava 4 euro), ma anche la Società di Storia Patria che non riceve soldi né dalla Regione né i 7.600 euro annuali del Mibac e ha vissuto finora con le quote di 100 euro all’anno pagate dai 240 soci e l’aiuto del presidente dell’Istituzione, Giovanni Puglisi, che più volte ha finanziato con contributi di 50mila euro l’importante e antica Fondazione culturale siciliana. Il museo è stato visitato dal presidente della Repubblica Napolitano nel 2011. «È un lutto, è come perdere un parente” dichiara a “La Stampa” il responsabile amministrativo della Società, Giacomo Volo, davanti alle vetrine dove troneggia la statua di Garibaldi a cavallo scolpita da Mario Rutelli. Mi ricordo l’emozione del restauro, le capriate lavorate una ad una, le pareti rosse e grigie a raccontare il rosso delle camicie garibaldine e il grigio delle spade protagoniste della rivoluzione». Amareggiato il direttore del Museo, Pasquale Hamel: «Si parla tanto di cultura e di opportunità per la nostra terra, invece un luogo di cultura simbolo della nostra città e della storia, viene abbandonato a se stesso». Non tutti però hanno perso la speranza di vedere riaccendersi la luce sui vessilli vermigli esposti nelle teche del museo e sui rari faldoni e volumi della biblioteca, frequentata soprattutto dagli studenti.
da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 17 gennaio 2013