Nuovi modelli di impresa creativa tra digitale, social e patrimonio intangibile dall’Africa
Autore/i:
Rubrica:
CULTURA DIGITALE
Articolo a cura di:
Claudio Calveri, digital strategist DeRev
Spunti per un’incubazione “liquida” delle startup culturali e una diversa costruzione di valore del patrimonio intangibile tra digitale, social media e approccio indipendente: Claudio Calveri, digital strategist DeRev, racconta i risultati di una ricerca originale sui trend della creazione d’impresa in Africa e della sua compatibilità con le linee di sviluppo occidentali.
In collaborazione con il progetto DeRev Lab
La fonte principale (e germinale) dell’analisi: “afrosartorialism”
L’occasione di focalizzare la rilevanza crescente (e numericamente documentabile) dell’uso e dei flussi dei social media da parte di un tessuto di creativi indipendenti per trarne possibili spunti di riflessione e applicazione anche in Europa è nata dal progetto afrosartorialism, blog di Enrica Picarelli. Ricercatrice indipendente specializzata in dinamiche postcoloniali, ha dedicato gli ultimi anni a mappare e raccontare l’intreccio tra moda, design e arte nell’interpretazione di una generazione di nuovi creativi dell’Africa anglofona, i quali hanno sapientemente utilizzato i social media per asseverare e consolidare – in maniera totalmente indipendente – diversi tipi di attività, con diversi casi di approdo nel segmento mainstream delle industrie creative internazionali.
L’impatto reale del digitale e del mobile in Africa
L’osservazione della realtà africana risulta particolarmente interessante in ragione di alcune premesse fondamentali. L'Africa è teatro recente di diverse rivoluzioni culturali con risvolti economici, proprie di un continente giunto alla mobile economy saltando la fase delle infrastrutture tecnologiche "pesanti". La centralità delle competenze e della creatività, combinata con gli strumenti tecnologici "leggeri" portabili e con la potenzialità dei social media libera flussi di energia produttiva che danno forma a nuovi modelli di business, iscritti nell’ambito delle imprese culturali (secondo modello italiano) oltre che in quelle creative.
Sono formule basate sulla relazione tra creativi e audience, secondo uno schema che può definirsi "User-Generated Business", laddove il feedback del pubblico - stimolato e raccolto in modo irrituale (digitale) - è condizione essenziale (ma anche sufficiente) per un ingresso sul mercato.
La prospettiva dello “User-Generated Business”
Se l’infrastruttura portante e irrinunciabile di questo sistema (auto)imprenditoriale è infatti il digitale, il nocciolo del valore proposto al mercato è tutto nella capacità di esprimere una proposta di senso innovativa partendo da una lettura funzionale del patrimonio intangibile in costante contatto (e dialogo digitale) con gli utenti. Una modalità che disegna un nuovo statuto della condizione di imprenditore e di auto-imprenditore, pronto a individuare, costruire, promuovere in autonomia un'attività produttiva.
“Youngpreunership” e glocalism
Questo processo di "esportazione dell'identità" (precisamente del valore che essa è in grado di generare attraverso le sue esplicazioni ed espressioni in campo creativo) culmina nell'inserimento di nuove professionalità in Europa e USA, secondo logiche e meccaniche del tutto lontane da quelle della migrazione e della ricerca di lavoro e molto più vicine alla dimensione delle startup, col valore aggiunto della volontà e della prospettiva di mantenere parte consistente del valore espresso nell’ambiente nel quale sono nate. Le attività di questo tipo sembrano anche inserirsi in una dinamica di glocalism piuttosto che di globalization, proponendo anche spunti di riflessione sulle prospettive di innovazione nel campo dell’inclusione e dell’integrazione sociale.
“Augmented Fashionomics”: sbocchi multidisciplinari
Aspetto interessante è che molte delle attività mappate partono dal segmento del fashionomics ma si estendono in molti altri ambiti complementari. Significativo che molti di questi percorsi si concludano con "l'assorbimento" di questi stimoli da parte del segmento industriale mainstream non solo della moda ma di altre espressioni del comparto delle arti (musei, mostre, eventi) e dei media.
I dati essenziali
Analizzando la presenza online e social dei creativi principali emerge con chiarezza come la fonte principale della loro visibilità online sia quantitativamente legata ai rispettivi account Instagram. Gli influencer assommano in totale 1.621.000 follower (più della metà dell’intero campione), con una media di oltre 81.000 fan pro capite. La media di interazioni ottenute è di 2.676.
In collaborazione con il progetto DeRev Lab
La fonte principale (e germinale) dell’analisi: “afrosartorialism”
L’occasione di focalizzare la rilevanza crescente (e numericamente documentabile) dell’uso e dei flussi dei social media da parte di un tessuto di creativi indipendenti per trarne possibili spunti di riflessione e applicazione anche in Europa è nata dal progetto afrosartorialism, blog di Enrica Picarelli. Ricercatrice indipendente specializzata in dinamiche postcoloniali, ha dedicato gli ultimi anni a mappare e raccontare l’intreccio tra moda, design e arte nell’interpretazione di una generazione di nuovi creativi dell’Africa anglofona, i quali hanno sapientemente utilizzato i social media per asseverare e consolidare – in maniera totalmente indipendente – diversi tipi di attività, con diversi casi di approdo nel segmento mainstream delle industrie creative internazionali.
L’impatto reale del digitale e del mobile in Africa
L’osservazione della realtà africana risulta particolarmente interessante in ragione di alcune premesse fondamentali. L'Africa è teatro recente di diverse rivoluzioni culturali con risvolti economici, proprie di un continente giunto alla mobile economy saltando la fase delle infrastrutture tecnologiche "pesanti". La centralità delle competenze e della creatività, combinata con gli strumenti tecnologici "leggeri" portabili e con la potenzialità dei social media libera flussi di energia produttiva che danno forma a nuovi modelli di business, iscritti nell’ambito delle imprese culturali (secondo modello italiano) oltre che in quelle creative.
Sono formule basate sulla relazione tra creativi e audience, secondo uno schema che può definirsi "User-Generated Business", laddove il feedback del pubblico - stimolato e raccolto in modo irrituale (digitale) - è condizione essenziale (ma anche sufficiente) per un ingresso sul mercato.
La prospettiva dello “User-Generated Business”
Se l’infrastruttura portante e irrinunciabile di questo sistema (auto)imprenditoriale è infatti il digitale, il nocciolo del valore proposto al mercato è tutto nella capacità di esprimere una proposta di senso innovativa partendo da una lettura funzionale del patrimonio intangibile in costante contatto (e dialogo digitale) con gli utenti. Una modalità che disegna un nuovo statuto della condizione di imprenditore e di auto-imprenditore, pronto a individuare, costruire, promuovere in autonomia un'attività produttiva.
“Youngpreunership” e glocalism
Questo processo di "esportazione dell'identità" (precisamente del valore che essa è in grado di generare attraverso le sue esplicazioni ed espressioni in campo creativo) culmina nell'inserimento di nuove professionalità in Europa e USA, secondo logiche e meccaniche del tutto lontane da quelle della migrazione e della ricerca di lavoro e molto più vicine alla dimensione delle startup, col valore aggiunto della volontà e della prospettiva di mantenere parte consistente del valore espresso nell’ambiente nel quale sono nate. Le attività di questo tipo sembrano anche inserirsi in una dinamica di glocalism piuttosto che di globalization, proponendo anche spunti di riflessione sulle prospettive di innovazione nel campo dell’inclusione e dell’integrazione sociale.
“Augmented Fashionomics”: sbocchi multidisciplinari
Aspetto interessante è che molte delle attività mappate partono dal segmento del fashionomics ma si estendono in molti altri ambiti complementari. Significativo che molti di questi percorsi si concludano con "l'assorbimento" di questi stimoli da parte del segmento industriale mainstream non solo della moda ma di altre espressioni del comparto delle arti (musei, mostre, eventi) e dei media.
I dati essenziali
Analizzando la presenza online e social dei creativi principali emerge con chiarezza come la fonte principale della loro visibilità online sia quantitativamente legata ai rispettivi account Instagram. Gli influencer assommano in totale 1.621.000 follower (più della metà dell’intero campione), con una media di oltre 81.000 fan pro capite. La media di interazioni ottenute è di 2.676.
- Rilievo quantitativo: Gli account individuati sono 174, tutti gli account mappati assommano un totale di 2.888.373 follower. Nel campione analizzato emerge una rappresentazione di tutti i possibili differenti profili di influencer, vista la distribuzione dei follower, che “qualifica” 3 middle-influencer (con seguito tra 100mila e 1 milione di follower), 55 micro-influencer (10/100mila follower), 73 mini-influencer (2/10mila follower) e 44 “non influencer” (ma in crescita) con un seguito inferiore a 2.000 utenti.
- Cluster territoriali: Il senso della diffusione del metodo è restituito dalla presenza di quattro cluster principali per nazione, con Sudafrica (53 creativi), Kenya (34 profili), Nigeria (23 profili) e Ghana (15 profili) con un’offerta significativa di creativi. Nel senso della concentrazione territoriale (peraltro spontanea) vanno anche i dati sulle città, con Nairobi (19), Johannesburg (14), Cape Town (8) e Lagos (5).
- Automappatura semantica: Analizzando le descrizioni che i creativi si sono attribuiti nella compilazione del proprio account emerge la vocazione di ciascuno di essi in termini di posizionamento. Le scelte semantiche - a volte irrituali, molto spesso "composite" (con diverse dizioni che si sommano nella medesima descrizione) - rimandano a una visione del proprio posizionamento che insiste su determinate aree terminologiche che esprimono anche un'area vocazionale, che va dalla fotografia (76) alla moda (58), dai media (45) alla generica “creatività” (22), passando per arte (21), video (7) e via via altri ambiti.
Una prospettiva ripetibile: nuovi modelli di accompagnamento dell’impresa culturale e creativa
Un simile modello di costruzione della dimensione autoimprenditoriale (individuale e di organizzazioni) secondo modalità low cost, basato su una personale interpretazione del valore del proprio patrimonio culturale intangibile, attraverso l’uso evoluto di strumenti di comunicazione – ma anche sempre più di coinvolgimento – di massa, offre un riferimento plausibile per possibili applicazioni in ogni contesto territoriale, in nome di una ripetibilità funzionale legata alle sue caratteristiche.
Alcune esplicazioni del valore aggiunto che possono mutuarsi da una simile esperienza sono:
- la dimensione "casual" del modello di asseverazione e della sua capacità di penetrazione, del tutto coerente con le dinamiche della Digital Social Innovation;
- l'elaborazione di una proposta di valore che trae spunto, abbrivio e concretezza da una differente interpretazione dell'identità attraverso una disciplina - la moda - che è anche linguaggio e codice, in particolare perchè legata a un'evoluzione/proiezione della lettura delle proprie origini in chiave propositiva (e multidisciplinare).
- il potere attrattivo e generativo dei social media come veicolo orizzontale ad alto impatto quale canale principale di promozione-distribuzione, misurabile grazie alla raccolta e alla lettura di Big Data;
- la ripetibilità del modello "informale" in tutti gli ambiti che presentino delle barriere all'ingresso per i giovani creativi;
- la prospettiva scientifico accademica della ridefinizione dell'identità, del suo valore e della sua trasmissibilità e condivisione.
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