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Non un museo, un mausoleo

  • Pubblicato il: 28/06/2013 - 13:13
Rubrica: 
DAL MONDO
Articolo a cura di: 
Thibaut de Ruyter

Berlino. È una vera sfortuna, ma qualche giorno prima di visitare l’edificio costruito dallo studio russo Speech-Tchoban-Kutsnetsov per ospitare il museo del disegno architettonico, ero a Venezia nel negozio Olivetti di Carlo Scarpa. Lì ammiravo ancora una volta l’arte del dettaglio, le differenti qualità del cemento e, pur non amando particolarmente il manierismo di Scarpa, ne ero impressionato.
Poco dopo mi ha fatto piacere leggere che una Fondazione dedicata al disegno di architettura s’installasse proprio a fianco della galleria di architettura Aedes nel complesso Pfefferberg, ex birreria ora centro culturale. Sfortunatamente il progetto berlinese gioca la carta del manierismo moderno di Scarpa (o di David Chipperfield) senza mai esserne all’altezza. In pratica, un’architettura di puro cemento inciso o levigato frammisto a vetro e ottone, con dettagli senza controllo e di una pesantezza senza fine.
Peggio, la volumetria dell’insieme è totalmente fuori scala, e se vi si ritrova lo sfalsamento dei volumi del New Museum
di Sanaa a New York (ogni piano è volutamente una scatola a sé stante), non ha la forza del progetto dei giapponesi. Dalle immagini la costruzione sembra gigantesca, mentre non è che un piccolo edificio di neanche 500 mq. Gli spazi interni, principalmente due sale espositive e l’ingresso senza la minima luce naturale, sono illuminati dai più tristi led del mondo che seguono linee spezzate alla maniera di Zaha Hadid. Infine, i bagni con i sanitari disegnati dallo stesso Tchoban per il marchio Duravit, ci mostrano una volta di più che siamo cascati nel regno della pesantezza.
Non un museo, ma un mausoleo. Iniziare con una mostra dedicata a Giambattista Piranesi a partire da disegni provenienti dall’incredibile museo di Sir John Soane a Londra è un’ottima idea. Ma è assente tutta la gioia e la bizzarria dell’architetto inglese e della sua magione: 15 vedute di Paestum non sono sufficienti ad allestire una mostra degna di questo nome, e al museo sarà necessario dare dimostrazione di una maggiore ambizione per convincerci.
Viviamo nell’epoca del post. Post modernismo, post minimalismo e post decostruttivismo sono definizioni che possono perfettamente descrivere le architetture che ci circondano. Il genio di questo edificio senza qualità è di assommarli tutti e tre.
Un vero caso studio!

© Riproduzione riservata

da Il Giornale dell’Architettura, Numero 114, estate 2013