The New Urban Success: How Culture Pays?
La cultura possiede la naturale capacità di esternare benefici intrinseci come aprire le nostre menti a nuove esperienze emotive arricchendo la nostra vita; ma offre anche benefici estrinseci, risultando sempre più un catalizzatore per il cambiamento positivo e la crescita di intere aree urbane. Il paper ARXIV 2018 della Cambridge University ci spiega perché.
Rubrica di ricerca in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo
Gli “economisti urbani”, ormai da tempo hanno avanzato l'idea che le città culturalmente interessanti e stimolanti, tendono ad attrarre "la classe creativa" e, di conseguenza, finiscono per avere (in media) un miglior successo economico. Tuttavia non è ancora ben chiaro come le dinamiche economiche e culturali si influenzino reciprocamente. Dopotutto è il “settore cultura” stesso ad essere complesso, articolato, sfumato e di difficile definizione. Al contrario, questa particolare relazione tra le due dinamiche di “capitale”, è stato ampiamente studiato nel caso di individui singoli, immersi in una società di riferimento. Per decenni, il sociologo francese Pierre Bourdieu ha dimostrato che il successo delle persone e le loro posizioni nella società dipendono principalmente da quanto possono spendere (il loro capitale economico) e quali sono i loro interessi (il loro capitale culturale).
Pierre Bourdieu sosteneva che tutti noi possediamo e spendiamo certe forme e quantità di capitale sociale. Una persona ha, per esempio, del capitale simbolico (marcatori di prestigio) e del capitale culturale (conoscenza e interessi culturali), senza contare il più materico capitale economico. Queste sono tutte forme di “ricchezza” che gli individui portano con se e lo spendono nel "mercato sociale". Alla fine, il lungo e complesso lavoro di Bordieu aveva l'obiettivo di testare quella che lui chiamava l'ipotesi della distinzione: le persone con una simile composizione / somma di capitale hanno maggiori probabilità di incontrarsi, interagire, formare relazioni, avere stili di vita simili e, di conseguenza, essere della e nella stessa classe sociale. Nelle sue indagini sul gusto francese, Bourdieu ha dimostrato che effettivamente era (è) così. Da questo, Bordieu trovò anche quello che chiamò isteresi ectesis, riferendosi a quel qualsiasi cambiamento sociale che offra l'opportunità di successo a chi possa cogliere quell’opportunità stessa. In parole povere: durante i periodi di cambiamento, le persone con più capitale sociale (economico e culturale) sono le prime a poter cogliere le nuove opportunità e quindi a raggiungere nuove posizioni (più vantaggiose).
Un'argomentazione fredda e cinica ma efficace, che necessita di più di una rilettura accorta ed attenta, e che porta ad una domanda: in maniera simile, una teoria sociale come questa potrebbe applicarsi anche ad intere città ed aree urbane? In effetti si. Dopotutto, come un essere umano, anche una città cambia continuamente, è frutto di relazioni complesse stratificate, di somme di capitali ed equilibri sociali, e la storia ha dimostrato che, in effetti, i quartieri e le città con più capitale economico e culturale in periodi di cambiamento sono stati e saranno più pronte a cogliere le occasioni e ad acquisire “nuove posizioni”, contribuendo al “successo” (inteso come incremento positivo) delle proprie potenzialità: dell’area in sé, di chi vi si trova (stanzialmente, o temporaneamente) ed anche, in scala, dell’intera città che li ospita.
Tale argomento, in questa prospettiva “amplificata”, non è stato ancora ampiamente studiato, ma in modo indiretto è comunque alla base della maggior parte delle moderne iniziative di rinnovamento urbano ispirate alla teoria della "classe creativa": le città con alte concentrazioni di capitale creativo, dato dalla somma di classe creativa (ad esempio, lavoratori della tecnologia, artisti, musicisti) ed aree atte allo sviluppo di attitudini culturali positive e propositive (ad esempio, biblioteche, musei, teatri) mostrano livelli più alti di sviluppo anche economico. La città creativa come paradigma progettuale che supporta la creatività e la cultura attraverso la progettazione, fornendo un collegamento diretto tra servizi culturali, qualità della vita e sviluppo economico, da questi elementi ne viene rinnovata e a sua volta supportata, attivando preziosi circoli virtuosi.
Tuttavia, va detto, le città, ed i quartieri che oggi sono considerati esempi di questa applicazione teorica della creatività non sono paradisi in terra, anzi, sono ancora carichi di disuguaglianze sociali ed economiche. Città come San Francisco, New York e Londra mostrano un divario lampante tra residenti ad alto e basso reddito. È quindi interessante iniziare ad esplorare in maniera analitica la complessa interazione tra successo economico e creatività culturale. La sfida è che è ancora difficile “catturare” la cultura, tanto più su scala di intere città.
Per la prima volta, il paper della Cambridge University ARXIV 2018 cerca di farsi carico di questa sfida, proponendo un adattamento dell’analisi sociale proposta da Bourdieu al contesto delle città di Londra e New York. Un’operazione di analisi complessa del capitale culturale di più quartieri, svoltasi in 8 anni di ricerca, in termini di registrazione degli interessi culturali espressi attraverso il mining di ciò che gli utenti di Flickr hanno pubblicato nelle città di Londra e New York. In pratica, riferendosi ai “tag immagine” corrispondenti ad una selezione di 9 categorie culturali di parole, per circa 10 milioni di immagini georeferenziate pubblicate su Flickr dal 2007 al 2015, l’indagine ha “quantificato” il capitale culturale di ogni quartiere preso in esame, e reso attraverso le immagini scattate e condivise, rileggendone i dati attraverso l'isteresi di Bourdieu. I risultati, sorprendentemente chiari, hanno dimostrato che il capitale economico da solo non risulta essere in grado di supportare un solido sviluppo urbano, bensì è la combinazione di capitale culturale e capitale economico a fornire la base per un vero sviluppo. L’uno fornisce supporto all’altro.
Dopotutto, lo sosteneva lo stesso Bourdieu: la prosperità non può essere pienamente spiegata dal solo capitale economico.
Appare (ancora una volta) chiaro che quartieri, aree urbane, intere città che registrano la maggiore crescita (economica e di benessere sociale) sono quelle con un alto capitale culturale. Un capitale curato, implementato, promosso e valorizzato. Ma pur lasciandosi andare all’entusiasmo, questa prospettiva di pensiero prevede a monte un lungo percorso di riforma non solo del settore culturale produttivo. Anche gli studi di analisi ad esso correlato necessiteranno di una profonda revisione: serve sempre più un nuovo modo di intendere e quantificare il capitale culturale. Il paper proposto si basa sulla definizione di una nuova “taxonomy of culture” (fig.1) che è molto più completa delle classificazioni ufficiali delle attività culturali. Ma a questo serve accompagnare anche una nuova capacità complessa di lettura di indicatori totalmente nuovi, oggi ancora esclusi dalle metriche di analisi.
Infine, ribadendo l’assoluta, imprescindibile importanza sociale dell’intervento in cultura ad ogni livello, va comunque ricordato che, come ha sostenuto Bourdieu, la crescita culturale offre certamente molte opportunità, ma se non correttamente governata, con se porta anche la disuguaglianza culturale e questa allarga e legittima la disuguaglianza economica. Se fine a se stessa, se autoreferenziale, se non integrata, la cultura che alimenta la crescita delle città, può divenire soluzione di molte criticità e causa di nuove sfide sociali, a tratti angoscianti. Perché la cultura paga, certo, e lo farà sempre di più. E proprio per questo incremento esponenziale urge un nuovo approccio per quanto riguarda gli investimenti culturali, concepiti concretamente come strategici, integrati e prospettici; messi in opera in maniera sostenibile, con lungimiranza e attuati con particolare sensibilità. In alternativa possono verificarsi pericolose derive, come il crearsi di infrastrutture sovrapposte, spesso in conflitto; di disuguaglianze sociali di accessibilità che si sono acuite in aree prima più omogenee, a causa dallo spostamento di flussi economici prima assenti; o come il rischio di omogeneizzazione culturale spinta da necessità di “richiamo turistico”. Esempi, questi, già verificati ed evidenziati dal World Cities Culture Forum .
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