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Michelangelo è un’icona

  • Pubblicato il: 21/02/2014 - 13:25
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L.L.

Firenze. Ricorrono i 450 anni dalla morte di Michelangelo Buonarroti (1475-1564): tra gli eventi per le celebrazioni, coordinate dall’Accademia di Belle Arti del Disegno, la Galleria dell’Accademia con la collaborazione della Fondazione Fratelli Alinari Idea spa, la mostra «Ri-conoscere Michelangelo» dal 18 febbraio al 18 maggio (catalogo Giunti), a cura di Monica Maffioli e Silvestra Bietoletti, si concentra sulla scultura del Buonarroti nella fotografia dall’Ottocento a oggi, che ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione della fama di quel grande: dalla metà dell’Ottocento alcuni capolavori michelangioleschi sono infatti divenuti monumenti della memoria collettiva attraverso gli scatti di Eugène Piot, degli Alinari, di John Brampton Philpot e altri. Un mito che si consolida nella percezione collettiva e stimola nel Novecento maestri quali Herbert ListHorst P. Horst, e negli anni Settanta Tano FestaAntonia Mulas, per arrivare a Helmut NewtonGabriele Basilico. Tuttavia il percorso della mostra, pur incentrato sulle immagini fotografiche, è cadenzato anche da dipinti e sculture, dal «Ritratto di Michelangelo nello studio» di Eugène Delacroix alla «Veduta di piazza della Signoria» (1853) di Carlo Ferrari con l’originale del «David» prima del trasferimento alla Galleria dell’Accademia; e ancora Auguste RodinMedardo RossoMatisse e altri, al fine di contestualizzare le fotografie e le interpretazioni che ne scaturiscono, profondamente legate alla temperie culturale dei tempi. Un aspetto che la mostra chiarisce sono proprio le diverse modalità di tradurre e riproporre la scultura di Buonarroti: la fotografia come semplice documentazione oppure come specificità intepretativa, per giungere nel Novecento ad autonomia autoriale capace di sollecitare nuovi punti di vista e di analisi dell’opera. È delineato anche il rapporto con gli storici dell’arte, che affidano proprio ai fotografi il compito di offrire conferme alle loro teorie e analisi stilistiche, come nel caso delle foto di Giuseppe PaganoDavid Finn Aurelio Amendola. La mostra si conclude con un tema anch’esso assai ricco: quello della copia e del multiplo, affrontato daKaren KnorrLisa SarfatiTim Parchikov. Se il modello formale michelangiolesco è ancora presente in Frank HorvatYoussef Nabil, diventa assenza in Thomas Struth o in Candida Höfer

da Il Giornale dell'Arte numero 339, febbraio 2014