Mancano denari e idee? Rivolgiamoci alle infrastrutture del dono
Cosa sono? Sono enti non-profit con lo scopo della promozione del dono e della filantropia in un territorio. Sono «intermediari filantropici», ovvero supportano i donatori, sia privati, che collettivi, nelle loro attività altruistiche, incrociandole con i bisogni della comunità. Il loro patrimonio si struttura per accumulo, con la costante raccolta di donazioni che provengono da elargizioni (in forma di donazioni, cessioni testamentarie, liberalità, fondi legati a specifici progetti).
Quando nascono in Italia?Sono nate dal 1998, su iniziativa della Fondazione Cariplo che ne ha costituite direttamente 15 nelle province lombarde e di Novara e Verbania.Grazie a un contributo straordinario graduale fino a 10 milioni di euro per ciascuna nell'arco di dieci anni, Cariplo ha imposto alle FC di raccogliere autonomamente un fondo di dotazione incrementale di 5 milioni di euro, come prova concreta del radicamento e consenso nel territorio. Tutte le FC hanno raggiunto la sfida e dunque possono contare su quasi 15 milioni di euro ciascuna di dotazione patrimoniale. Il modello ha prodotto gemmazioni: anche la Compagnia di San Paolo e Fondazione di Venezia hanno creato FC nelle loro aree di azione. Diverse iniziative sono nate anche da una pluralità di soggetti, come la Fondazione di Comunità Vicentina oppure la Fondazione di Comunità di Messina su iniziativa di Fondazione con il Sud.
Quante sono? 32, concentrate nel Nord (3 nel Sud), con un patrimonio complessivo superiore a 190 milioni di euro, con erogazioni totali pari a 22.741.919,21 euro (fonte Assifero, dati 2012). Al Sud «Le prime FC sono a Messina, Napoli e Salerno. Il patrimonio di base è di 300mila euro, che la Fondazione con il Sud ha raddoppiato. L’obiettivo a dieci anni è di 6 milioni di euro. Entro fine 2014 verranno attivate altre due realtà. Si potrebbe fare molto di più, ma la legislazione a favore delle donazioni è lontana da standard europei», come dichiara il Presidente di Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo.
Cosa fanno?Hanno una duplice funzione: da una parte cercano e attivano donatori, prestando loro consulenza sulla gestione delle iniziative liberali a favore delle comunità di riferimento; dall'altra sono interlocutori con i quali il Terzo settore si relaziona per cercare opportunità, fondi o collaborazioni per azioni e promozione dei propri progetti. Il donatore che ha già individuato un obiettivo filantropico, delega all’Ente -che apre un fondo riservato - la propria attività liberale, evitando di creare una fondazione privata. Il donatore che non ha individuato una causa meritevole, può delegare alla FC la scelta dell'obiettivo, avvalendosi della sua competenza e garanzia. La FC infatti studia e monitora il territorio per individuare le realtà più interessanti e garantisce che i denari vengano indirizzati alla causa individuata, dando consulenza necessaria per gli sgravi fiscali. Quindi servizi di gestione «separata e personalizzata» dei patrimoni, trasparenza, garanzia della scelta senza rischio di incappare in conflitti di interesse. Non ci sono fondatori unici o lobby di gestione nei consigli di amministrazione, poiché le FC sono soggetto giuridico autonomo. I membri del Consiglio non rappresentano in alcun modo i soggetti beneficiati dalle donazioni e i mandati sono gratuiti.
Quali vantaggi per le realtà culturali? Bernardino Casadei, già Segretario Generale dell’Associazione Assifero, e già project manager delle Fondazioni di Comunità in Fondazione Cariplo commenta «Fanno transitare risorse per progetti culturali e artistici. Come Onlus, godono di benefici fiscali, dunque gestiscono le pratiche per la deducibilità per conto dei donatori. Le realtà non-profit culturali, non Onlus, possono ricevere erogazioni dirette, aprendo un fondo presso le FC, facendo ottenere benefici fiscali per i loro donatori. Potenzialmente anche le imprese creative e culturali, purché esprimano lo status di impresa sociale, possono beneficiare di donazioni. Inoltre, se un’organizzazione vuole rendersi più visibile e raggiungere nuovi target di donatori, può organizzare eventi attraverso la FC, che garantiscono sulla loro serietà e favoriscono la promozione».
Cosa accade all’estero?Il modello di riferimento è quello delle Community Foundation di origine americana. La prima è nata a Cleveland nel 1914 per iniziativa spontanea di illuminati cittadini. L’esperimento si è diffuso per intervenire nelle aree depresse per la crisi del 1929. Nel 1980 le FC negliu USA erano 709 con un patrimonio totale di ca. 48 miliardi di dollari. In quel periodo nascono le prime FC fuori dagli USA. Nel Regno Unito nel 1976 parte il Dacorum Community Trust. La vera esplosione è dal 1991. Porta alla nascita dell'Associazione Nazionale delle FC inglesi, Community Foundation Network (CFN), che ne raccoglie quasi 50.
Come lavorano nella Cultura? In dialogo con il sociale. Nel Mezzogiorno, la cultura si dimostra elemento cruciale per coinvolgere i giovani ed abbattere il rischio dell’esclusione sociale, con ricadute positive per la riqualificazioni di beni comuni e creazione di indotto. Come racconta Borgomeo: «la Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli ha sostenuto il progetto per il recupero e valorizzazione delle Catacombe di San Gennaro in Rione Sanità, restituendole alla collettività dopo 41 anni e affidandole ai giovani del quartiere. Un altro progetto supportato è il Distretto Sociale Evoluto che prende il nome di ‘Genio di Palermo: la bellezza salverà il mondo’, che promuove la creazione di reti stabili per sostenere il commercio di vicinato e l’artigianato tradizionale. Dimostriamo che la Cultura produce tanti livelli di ricchezza».
Quali obiettivi per il futuro?Grazie al Comitato per il Dono, presieduto dall’economista civile Stefano Zamagni, si sta ampliando la distribuzione geografica. Dove manca una FC locale, la comunità può istituire un fondo dedicato sul quale far convergere elargizioni al progetto. Quando otterrà l’autonomia patrimoniale, potrà costituire la FC ritirando i denari senza vincoli. In secondo luogo, si sta ragionando sulla loro funzione sociale, anche imitando modelli anglosassoni. Casadei sostiene infatti: «Le FC potrebbero diventare enti di riferimento per attività di impatto collettivo, ovvero coordinare e gestire i tavoli inter-funzionali dove vengono prese le decisioni per le comunità, stimolando la co-risoluzione delle necessità dei territori. Oggi lo fanno gli enti pubblici e gli altri enti concertano. Concentrandosi sugli impatti collettivi, gli enti spostano l’obbiettivo dal progetto/servizio all’impatto che genera sulla comunità».Le FC come centro di competenza per la cultura e la consulenza sul dono e, quindi, come attivatore di solidarietà e coesione sociale attraverso la pratica della relazione di prossimità e fiducia. «Osserviamo che le FC sono più efficaci quanto più tessono relazioni inter-personali, lontane da logiche di marketing promozionale tipo crowdfunding. L’Italia è ancora immatura sotto questo punto di vista». Le FC possono ancora crescere. Bernardino Casadei ha idee chiare: «Investire di più sulle risorse umane interne, coinvolgendo professionisti e abbandonando i volontari, puntando sul lavoro relazionale più che unicamente sul gestionale. Inoltre puntare su una cultura finanziaria diversificata per potenziare i rendimenti dei fondi. Infine dare spazio alle buone pratiche, chiedendo ai donatori di parlarne fra pari».
Dal XIII Rapporto Annuale Fondazioni, in Il Giornale dell'Arte, 338, gennaio 2014