Mai Brera era stata così vicina a diventare Grande
Milano. Quasi non si osa dirlo, dopo 40 anni di attesa (cfr. lo scorso numero, p. 4), ma forse è stato appena compiuto il primo vero passo verso la realizzazione della «Grande Brera», il progetto lanciato a metà degli anni Settanta dall’allora soprintendente braidense Franco Russoli, poi accantonato dopo la sua morte (1977) e riaffiorato di tanto in tanto, come un fiume carsico, nei decenni successivi ma senza vedere mai la luce. Ora ci sono però due condizioni che mai in passato si erano verificate. Innanzitutto il 23 marzo scorso il Cipe, su pressione del ministro Ornaghi, ha destinato 23 milioni (dei 70 stanziati per i «musei italiani di pregio») al progetto «Grande Brera»: poco più di un quinto dei costi complessivi (108 milioni di euro). E inoltre in questi pochi mesi, grazie alla regia del direttore regionale Caterina Bon Valsassina, sono stati messi a punto, in tempi a dir poco inusuali, i bandi per i primi interventi.Riguarderanno in primo luogo le coperture del palazzo storico di Brera, attraverso cui da tempo, a ogni acquazzone, piove nell’edificio (4,5 milioni di euro, 18 mesi di lavori). Il secondo lotto riguarda Palazzo Citterio, 6.500 metri quadri utili tra interno ed esterno. Sono 17 i milioni e 24 i mesi di lavori per adeguare il palazzo settecentesco (oggi in pessime condizioni anche a causa di improvvidi interventi architettonici degli anni ’70; quanto al progetto di James Stirling degli anni ’80, è rimasto allo stato di abbozzo e solo nei sotterranei) alle nuove normative e in grado di accogliere, «proprio come voleva Franco Russoli, ha rammentato la soprintendente Bsae Sandrina Bandera, le collezioni di arte del XX secolo» (la donazione Jesi, la successivadonazione Vitali e la collezione Zavattini), oltre al Ricetto fotografico, al Gabinetto dei Disegni e alle mostre temporanee. Infine 1,5 milioni sono destinati alle ex caserme Carroccio e Magenta, in via Mascheroni, per svuotarle dei loro contenuti e trasformarle in un moderno campus dell’Accademia di Brera. Qui i primi spazi potrebbero essere disponibili entro il 2013.
Ad annunciarlo, martedì 11 dicembre in Palazzo Litta, sede della Direzione lombarda del Mibac, sono stati il segretario generale del Mibac Antonia Pasqua Recchia, un alto esponente delle Forze armate, il presidente dell’Accademia di Brera Salvatore Carrubba, l’assessore milanese alla Cultura Stefano Boeri, Caterina Bon Valsassina e i soprintendenti Alberto Artioli (Bap) e Sandrina Bandera (Bsae), mentre Mario Bellini, vincitore della gara del 2009 per il riallestimento del Palazzo di Brera, ha illustrato il «progetto definitivo» (seguirà però il progetto esecutivo) per la riorganizzazione degli spazi e dei percorsi, una volta che l’Accademia si sarà trasferita. Forti però le «cautele» (in realtà dure resistenze) del corpo docente dell’Accademia che, al contrario del presidente Carrubba (fautore del progetto, «purché il presidio dell’Accademia nel palazzo storico non sia solo simbolico, e quello in cui ci si trasferirà sia un vero campus universitario»), avanzano ogni sorta di riserva, a partire dalla superficie disponibile. Nella caserma mancherebbero infatti 3mila metri quadri dei 26mila promessi ma, assicura Bon Valsassina, «si potrà costruire un nuovo edificio o implementare la caserma non sottoposta a vincolo». I docenti di Brera sembrano però dimenticare che nel novembre 2008 è stato stipulato un Protocollo d’intesa tra Mibac, Ministero della Difesa e Comune di Milano, confermato da un addendum al Protocollo stesso del 2010, da cui non si potrà evidentemente prescindere.
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da Il Giornale dell'Arte numero 327, gennaio 2013