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MADRE in mostra come una regina

  • Pubblicato il: 19/12/2011 - 15:58
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Santa Nastro

Napoli.  Partiamo dall’inizio. Al Museo d’Arte Contentemporanea DonnaRegina, meglio noto con il suo più muliebre acronimo, MADRE, che trova sede a Napoli, va in scena in questi giorni, la più significativa antologica dedicata ad uno degli artisti più rappresentativi del nostro Paese.  Quasi, coetaneo di Lucio Fontana (classe 1901, nato nella Rovereto di De Pero)– li separano un paio d’anni – e probabilmente colleghi in Accademia, sotto la guida di un docente illustre e forse anche severo, come Adolfo Wildt, farà della musica scultura e viceversa.  Inutile dirlo, il suo nome è Fausto Melotti, che al museo partenopeo, è curato da un infaticabile Germano Celant, protagonista – qualche sala più in là – anche di un altro evento. E non è un caso, quello che può sembrare un curioso gemellaggio, poiché Melotti, che il curatore genovese legge con grande attenzione e lucidità, proponendo uno straordinario percorso nella sua plastica, dalle emozionanti terrecotte alle vibranti composizioni in inox, sembra, con la sua poetica, preconizzare il movimento italiano degli anni ’60 tanto amato dagli americani. Si tratta dell’Arte Povera, che al Madre viene celebrata nella mostra «Arte Povera + Azioni Povere», tappa campana del lungo itinerario progettato nelle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità di Italia, che ripropone, riattualizzandola in chiave contemporanea, la famosa mostra, per tacer delle performances, che nel 1969 ebbe luogo, per volontà di Marcello Rumma, agli Arsenali di Amalfi. E se non vi bastano La Sposa di Arlecchino di Melotti, La venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, L’Italia rovesciata di Luciano Fabro, il museo non vi deluderà con la sua collezione. Originale, non si limita alla presentazione di acquisizioni più o meno irrinunciabili, organizzate nel modello espositivo prescelto dall’istituzione. Unisce, invece, come solo a Napoli sanno fare, uno spirito contemporaneo all’idea dell’affresco da palazzo, recuperando il rapporto tra storia dell’arte e presente, la relazione con il “contenitore” in una chiave del tutto inedita. Passeggerete, dunque, nelle stanze di artisti come Mimmo Paladino e Francesco Clemente, giusto per citarne due, che diventano un vero e proprio patrimonio del museo, non “trasportabile” né ripetibile altrove.  E per non farsi mancare nulla, il Madre ospita il 19 dicembre un appuntamento di «CostellazioneTransavanguardia», in concomitanza con l’opening della mostra «TransavanguardiaItaliana», a cura di Achille Bonito Oliva che si tiene dal 24 novembre a Palazzo Reale di Milano, come parte di un tour che coinvolge inoltre il MART – Museo d’Arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, l’Accademia di Brera, il Castello di Rivoli, il MAXXI di Roma e la Gnam.  Una giornata di studi e di approfondimento, con l’intento di ragionare sul “pensiero postmoderno”, coinvolgerà oltre ad ABO, naturalmente, Bruno Moroncini, Angelo Trimarco, Eugenio Viola e Stefania Zuliani. Last, but not least, sempre lunedì, apre al pubblico la personale, organizzata in collaborazione con il Museum for Contemporary Art di Zagabria, la personale di Andreja Kulunčić, intitolata Sei ottimista per il futuro? La domanda sorge spontanea in un Museo come il Madre, che afferisce ad una Fondazione, la Donnaregina per l’appunto, oggi presieduta dal prof. Pierpaolo Forte. Nata nel 2004 per volontà della Regione Campania con l’intento di essere un punto di riferimento, importante e con finalità anche gestionali, e che all’inizio del 2011, per fronteggiare le problematiche della crisi, ha optato ad una soluzione più agile che prevede l’ingresso dei privati, nel ruolo di fondatore aggiunto e di sostenitore (persona fisica o impresa, con impegno triennale).  I segni della nuova governance si stanno manifestando, ma si tratta di un processo in fase di elaborazione, in cui non mancano le polemiche. Dimissionato oggi  dal suo incarico il  direttore Eduardo Cycelin scrive una lettera pubblica sulle pagine del quotidiano La Repubblica (cronaca di Napoli), dalla quale evidenzia  la mancanza di  sostenibilità del suo stipendio da parte dell’ente e le sue ragioni. Ma si tratta di un provvedimento atteso, anche dalle dichiarazioni fatte a suo tempo dall’assessore Caterina Miraglia, “non ci sono incarichi a vita”. Qualunque sarà l'esito del dibattito, che siamo sicuri riserverà nei prossimi giorni nuove puntate, un museo, come ogni organizzazione, non può stare senza “testa”.  E dal prof. Forte, si attende l’orientamento del Donnaregina verso una scelta tempestiva, con standard internazionali di selezione, per pensare ad un progetto di museo che, in città densa di potenzialità e contraddizioni come Napoli, nel suo ruolo sociale trovi una ragione d’essere, traguardando la crisi anche attraendo i privati previsti dal nuovo statuto.

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