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Lo scenario giuridico fiscale

  • Pubblicato il: 28/10/2011 - 07:52
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CONSIGLI DI LETTURA
Articolo a cura di: 
Cristina Manasse
Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Il legislatore italiano è intervenuto più volte a disciplinare il settore delle erogazioni liberali garantendo alcune agevolazioni fiscali e, dopo anni di vuoto normativo, con il nuovo Codice dei beni culturali (D. Lgs. 42/2004) si è occupato anche delle sponsorizzazioni a tutela e sostegno della cultura.
Se le erogazioni liberali rappresentano una forma di finanziamento molto utilizzata all’estero, il nostro sistema presenta procedure alquanto complesse, poco premianti dal punto di vista fiscale, mentre le sponsorizzazioni sono uno strumento d’investimento più agile ed efficace, anche sotto questo profilo.
A seconda del soggetto erogatore, le erogazioni liberali in denaro a favore della cultura possono costituire oneri detraibili dall’imposta (persone fisiche ed enti non commerciali) o deducibili dal reddito (imprese)-TUIR, D.P.R. 917/1986-.Nel primo caso il beneficio fiscale conseguibile a seguito di un’erogazione è pari a una detrazione dall’imposta lorda pari al 19% dell’erogazione liberale effettuata. Esistono però alcune specifiche: la detrazione del 19% non può eccedere il 2% del reddito complessivo dichiarato per erogazioni a favore di enti/fondazioni/associazioni riconosciute no profit che svolgono esclusivamente attività nello spettacolo; se l’ente è una Onlus, la detrazione non può superare il tetto di 2.065,83 euro. Inoltre, in base al «decreto competitività» (L. 80/2005) le persone fisiche e gli enti soggetti all’IRES possono dedurre le erogazioni in denaro o in natura, a favore di fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, la promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di 70mila euro all’anno. Viene inoltre concessa una detrazione d’imposta al 19% delle spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro dei beni culturali.
Le erogazioni in denaro effettuate dalle imprese possono essere dedotte integralmentese il beneficiario (Stato, ente o istituzione pubblica, fondazione o associazione no profit) opera in attività di studio, ricerca e documentazione di rilevante valore scientifico culturale e artistico oppure utilizzi la somma per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali e la realizzazione di programmi culturali. Il Mibac individua periodicamente le categorie di possibili beneficiari delle erogazioni, definisce gli obblighi di informazione a carico delle parti, determina le quote assegnate a ciascun ente, vigila sull’impiego delle erogazioni. Non sono previsti limiti d’importo alla deducibilità, ma massimali per i beneficiari. Anche per le imprese vige il principio del limite del 2% alla piena deducibilità per le erogazioni liberali alle imprese nel settore dello spettacolo. Le spese sostenute dai soggetti obbligati alla manutenzione/protezione/restauro di beni vincolati sono pienamente deducibili dal reddito imponibile nella misura rimasta a carico.
Esistono due “particolari” incentivi fiscali per le imprese/privati: la cessione di beni culturali allo Stato in pagamento di obbligazioni tributarie e dell’imposta di successione.
Quali i punti critici?
La detraibilità al 19% non incentiva la partecipazione dei privati. Si tratta di una percentuale di detraibilità decisamente inferiore ad altri paesi (ad es. in Francia, 25% per le erogazioni per attività di conservazione e restauro, detrazione sino al 66% dell’importo erogato  con il limite del 20% del reddito imponibile; negli Stati Uniti le donazioni sono interamente deducibili se a vantaggio delle organizzazioni “charitable”). 
E ancora: la stratificazione di norme poco chiare, le complesse procedure, gli obblighi di comunicazione a carico anche del soggetto erogante; la perdita del beneficio fiscale per l’erogante se il beneficiario non osserva obblighi di legge; l’individuazione, da parte del Mibac,  dei soggetti beneficiari considerati “meritevoli” di erogazioni, nel settore beni culturali/spettacolo, relegando il benefattore ad un semplice erogatore;  i massimali fissati dalle norme per certi tipi di erogazioni (es. euro 70mila).
Non pare peraltro sufficiente il coinvolgimento dei privati con la sola possibilità di devolvere il cinque per mille a favore di enti che svolgono attività eticamente e socialmente meritorie, culturali comprese.
Sono pertanto le imprese le più attive nel settore della cultura, potendo beneficiare di maggiori incentivi fiscali e potendo ricorrere anche alle sponsorizzazioni.
Le sponsorizzazioni sono lo strumento più utilizzato dalle imprese: grazie al meccanismo del «do ut des», lo sponsor si obbliga a una contribuzione di denaro, beni o servizi nei confronti di uno “sponsee” che si obbliga a divulgare il nome o il marchio dello sponsor nella propria attività o evento. La sponsorizzazione è una fattispecie contrattuale in continua evoluzione, atipica, onerosa, a prestazioni corrispettive, disciplinata dal Codice Civile, dal Codice dei Beni Culturali e del paesaggio (art. 120) e da norme di carattere speciale per determinate tipologie d’intervento. Il contratto deve definire le modalità di erogazione del contributo nonché le forme di controllo da parte dello sponsor sulla realizzazione dell’iniziativa cui il contributo si riferisce. La promozione del nome/marchio/immagine/attività deve avvenire «in forme compatibili con il carattere artistico o storico, l’aspetto e il decoro del bene culturale da tutelare o valorizzare», da stabilirsi nel contratto che dovrà espressamente disciplinare le modalità di esposizione del marchio/logo dello sponsor, il suo uso all’interno dell’iniziativa sponsorizzata e alla pubblicità correlata. Il valore economico della sponsorizzazione è strettamente correlato al ritorno d’immagine dell’impresa che la distingue da figure giuridiche affini (patrocinio, pubblicità).
Per le ipotesi di «sponsorizzazione passiva», nelle qualila P.A. (sponsee) stipula contratti di sponsorizzazione con un soggetto privato, l’autorità ha dato indicazioni circa la scelta dello sponsor, che può avvenire - nel rispetto dei principi generali del Trattato UE - tramite procedure che utilizzino anche criteri qualitativi obbiettivi che permettano di valutare il “valore dell’offerta rispetto all’interesse pubblico” che si intende soddisfare e la funzionalità della stessa. Quindi anche con una procedura “negoziata”.
Da un punto di vista fiscale, le sponsorizzazioni sono soggette ad IVA (a differenza delle donazioni),costituiscono un costo interamente deducibile dal reddito d’impresa nell’esercizio in cui la spesa è sostenuta o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi (la sponsorizzazione rientra tra le spese di pubblicità e propaganda art. 108, TUIR).
L’IVA al 21% applicabile alle sponsorizzazioni (ed interventi quali quelli di restauro e conservativi) non gode di agevolazioni, e funziona da deterrente; per questo le imprese hanno auspicato più volte la sua eliminazione ed avere così un sistema unificato tra erogazioni liberali e sponsorizzazioni.
Al fine di distinguere una sponsorizzazione dalle spese di rappresentanza, caratterizzate dalla gratuità ovvero dall’assenza di un corrispettivo, assume un’importanza fondamentale la qualifica tributaria della spesa quale forma di pubblicità e la previsione di obblighi in capo allo sponsee. Stante le varie norme applicabili e gli interventi del legislatore, il fenomeno delle sponsorizzazioni appare disciplinato in maniera disorganica.
E’ auspicata anche l’adozione di nuove forme di collaborazione Stato/privati, anche sulla scia di quella convenzione tra Ministero e Confindustria del 1996 per la valorizzazione del patrimonio, l’esperimento diadozione dei monumenti da parte delle imprese che le ha rese più partecipi a fronte di un importante ritorno d’immagine dal legame con il bene adottato.
Gli incentivi fiscali previsti in altri stati (Francia, Stati Uniti) sono più generosi, favoriscono una partecipazione importante delle imprese, non necessariamente tramite le sponsorizzazioni. In Francia le detrazioni di imposta per le imprese possono giungere al 90% della somma erogata per l’acquisto di opere a favore dello Stato. Spesso gli ammontari erogati sono detraibili direttamente dall’imposta (non dall’imponibile), gli incentivi spalmabili in vari anni fiscali. Il mecenate straniero riceve controprestazioni materiali ed immateriali rilevanti dal museo, partner autonomo e dotato di poteri (Francia).
In questo senso, anche il ripensamento della natura giuridica di musei ed enti culturali potrebbe rendere efficiente un sistema di erogazioni e sponsorizzazioni che oggi si rivela farraginoso e complesso. I musei statali/pubblici sono strutture periferiche del Ministero/ente locale, non operano come centri autonomi: un’erogazione liberale o il quantum di una sponsorizzazione devono necessariamente transitare dall’autorità  di appartenenza. Dotare i musei e le istituzioni culturali di maggiore autonomia significa dotarli di un conto economico, di capacità gestionale,  il tutto nel rispetto delle loro finalità statutarie. All’ultima assemblea annuale dei soci Civita, il Ministro Galan si è detto pronto a «battersi» per garantire una fiscalità di vantaggio alle imprese decise a investire in cultura, ad esempio garantendo riconoscibilità e trasparenza a ogni euro donato. Confidiamo sul fatto che la battaglia possa considerare più fronti, anche quello delle erogazioni liberali dei privati e l’autonomia dei musei. Forse in questo modo «l’Effetto Colosseo su Rialto» potrebbe rivelarsi a cascata.
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Cristina Manasse
Avvocato, già presidente del Comitato “Art, Cultural Institutions  and Heritage Law” dell’IBA - Associazione Mondiale di Avvocati, specializzata in proprietà intellettuale con particolare riferimento al diritto dell’arte e al diritto d’autore