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L'istante privilegiato

  • Pubblicato il: 16/09/2016 - 01:27
Autore/i: 
Rubrica: 
LA PAROLA AGLI ARTISTI
Articolo a cura di: 
Antonio Grulli

Nel ritorno dell'arte alla figurazione, insieme a Matteo Fato, classe 1979, riscopriamo nella pittura la capacità di leggere il tempo e produrre nuove immagini di realtà. Continua così la partnership tra Il Giornale delle Fondazioni e ArtVerona | Art Project Fair che, per la 12° edizione della fiera, segue temporaneamente la nostra rubrica LA PAROLA AGLI ARTISTI sul ruolo dell'arte e degli artisti oggi. Ne parleremo a Verona il 14 ottobre
 

Vorrei fare anche a te la domanda della mia prima intervista a Paola Angelini. Pensi sia vero, come molti sostengono, che la pittura è un linguaggio meno adatto (rispetto ad altri a disposizione di un artista) per confrontarsi con la realtà attorno a noi, soprattutto nei suoi aspetti più problematici e complessi, politici potremmo dire?
Penso che la tua domanda sia legittima soprattutto adesso, momento in cui, come accade ciclicamente, la pittura (in Italia) ha un nuovo momento di attenzione. Forse il punto fondamentale della questione è proprio questo? Perché la pittura ha dei momenti di importanza linguistica che subiscono variazioni così emblematiche rispetto ad altri linguaggi? Forse si tratta di una semplice questione di mercato, in momenti di crisi economica la pittura torna ad essere “oggetto” di desiderio perché più concreto e diretto rispetto ad altri linguaggi che abbiamo a disposizione. Non credo dipenda solo da questo o voglio sperarlo. E’ banale dire che la pittura è il primo linguaggio espressivo che l’uomo ha avuto a disposizione? No non lo è. La pittura ci aiuta a sopravvivere alla realtà, perché crea una realtà “altra”, composta da parole che in altri-modi non abbiamo il coraggio di pronunciare; la pittura ci fornisce parole che non possono essere né scritte né dette. Mi chiedo anche se esista poi un linguaggio più adatto di un altro per “gestire” la realtà che ci circonda; non credo neanche questo. I confini del linguaggio sono rappresentati da noi stessi. Wittgenstein nel suo Tractatus logico-philosophicus ha scritto che, se un leone potesse parlare, non lo capiremmo, perché le sue “forme” sarebbero troppo diverse dalla nostra, ed il suo linguaggio ci apparirebbe comunque incomprensibile. Wittgenstein in questo ci dice che la presenza di un atto di parola non produce significato.
E se invece un leone dipingesse? Quale sarebbe la differenza sostanziale?
La pittura penso sia un linguaggio puro e che può produrre significato libero da schemi e regole temporali.

Concordo su tutto quello che dici, e mi piace il tuo punto di vista. Ma ti chiedo anche di applicare queste tue riflessioni all’aspetto del confronto con una realtà “politica”, per usare un termine forse “esausto”.
Dal mio punto di vista il più grande contributo che un “artista “ o “produttore di immagini” può dare a livello politico/sociale è semplicemente fare il suo lavoro con onestà intellettuale; mantenere un’etica nella produzione e nella storia, qualunque sia il linguaggio utilizzato, affrontando nel profondo le ragioni del proprio fare. Inevitabilmente in questo modo parli anche del tuo tempo. Ecco con la pittura non hai scampo, arrivi a un punto in cui non puoi non fare i conti con ciò che “metti al mondo”. Parliamoci chiaro, dipingendo creiamo “immagini” che non esistono, e che forse sono anche inutili. Partendo dal presupposto che l’arte (come la filosofia) potrebbe essere considerata un campo ”inutile”; quindi bisogna essere consapevoli che l’individuo “artista” per la società appare appunto come un soggetto che non ha una vera funzione “utile” per il sistema; ma allo stesso tempo diviene indispensabile! Bisogna comprendere questo paradosso. La pittura penso sia un linguaggio “meravigliosamente” inutile! E proprio per questo assolutamente indispensabile! È un po’ come per i paradossi di Eubulide, (il paradosso del mentitore, o più propriamente detto antinomia del mentitore) che diceva ai suoi concittadini che stava mentendo! La pittura è esattamente così: se ti mente allora sta dicendo la verità, e se sta dicendo la verità allora sta mentendo. Ecco perché è facile decidere di non ascoltarla. Ma più non l’ascolti più la voce diventa lontana…
Proprio ieri stavo guardando una puntata dei Griffin in cui Brian (il cane) fa jogging per la prima volta, raggiunge la vetta di una collina e prova quello che viene definito lo “sballo del corridore”, cioè quando il corpo rilascia le endorfine e non senti più la fatica: alla fine diviene dipendente da questo sballo. Uso questa parentesi stupida per dire che la pittura a volte ti può portare ad avere lo “sballo del pittore”, cioè quando ti piace talmente tanto quello che fai che non senti più la “ricerca” la fatica; penso sia la cosa peggiore che può capitare. La collina va salita lentamente e non vorrei mai arrivare alla vetta…tanto non basta una vita per farlo. A volte per capire la realtà che ci circonda dobbiamo guardarla attraverso una lente offuscata, che non ce la rende chiara e proprio questo ci aiuta a comprenderla. La pittura ci aiuta a capire il nostro tempo utilizzando un cannocchiale lungo centinaia di anni. Nel bellissimo dubbio della pittura le parole acquistano forma.

Te lo chiedo perché anche nel tuo caso ci troviamo di fronte a un artista che ha scelto di fare pittura figurativa. E’ incredibile percepire come gli sconvolgimenti mondiali di oggi ci abbiano in qualche modo spinto indietro, a vedere che le immagini hanno una potenza enorme. Viviamo degli scontri culturali in cui molto spesso la frizione massima è proprio sul controllo e la possibilità o meno di un’immagine. Delle vignette satiriche hanno scatenato una vera e propria azione di guerra nel centro di una metropoli come Parigi. A Palmira e Ninive alcune delle più antiche testimonianze della civiltà umana sono state spazzate via. Ci troviamo ad assistere ad una furia iconoclasta che non avremmo mai immaginato anche solo una decina d’anni fa. Ed è interessante vedere ad esempio come tutte le culture iconoclaste abbiano meno problemi a relazionarsi con la fotografia e il cinema ad esempio, che sono linguaggi per certi versi con una forte componente di auto-generazione, mentre non riescono a tollerare pittura e disegno in cui la componente autoriale e individuale è più accentuata.
Anche questo è certamente vero, la potenza dell’immagine immobile penso sia rimasta invariata nonostante tutte le possibilità dell’immagine in movimento che abbiamo.
Tornando a citare Wittgenstein: “L'immagine è un modello della realtà”; un modello che si affaccia al reale più di ogni altro forse perché aperto proprio per la sua immobilità.
Nell’antichità si è sempre cercato di costruire il movimento con istanti o posizioni, forme o idee che sono eterne e immobili, colte nel momento più prossimo alla loro attualizzazione in atto. Penso sia qui la vera forza dell’immagine, nel cogliere quell’attimo prima di divenire altro. Devo dirti però che non riesco in realtà mai a concepire le immagini che costruisco come vere e proprie figure, le penso più che altro come parole non ancora pronunciate, cerco di fatto quell’attimo in cui l’idea non è immagine e non è parola, mi interessa questa sospensione.
Visto che hai citato anche il cinema e la fotografia come linguaggi, mi viene da pensare a quello di cui parlava Deleuze, ne "L'immagine-movimento" e "L'immagine-tempo": Deleuze parlando di movimento dell’immagine lo concepisce come un passaggio regolato da una forma all’altra, cioè in ordine delle pose o degli istanti privilegiati come in una danza; e ci dice che in età moderna la rivoluzione consistette nel ricondurre il movimento non più a degli istanti privilegiati ma all’istante qualsiasi.
Ho sempre amato questa definizione pensando alla pittura: l’istante privilegiato.
La pittura il disegno, la loro potenza deriva da questa possibilità di definirsi appunto momenti privilegiati, che evidenziano più di altro, una qualsiasi condizione e mutazione del nostro tempo.

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Matteo Fato è nato a Pescara (Italia), nel 1979, dove attualmente vive e lavora. Ha partecipato a numerose mostre in gallerie private e musei pubblici in Italia e all’estero. Nel 2012 ha concluso la residenza presso la Dena Foundation for Contemporary Art (Parigi), con la mostra personale Vidéos_Dessins, e la partecipazione alla mostra La collection Giuliana et Tommaso Setari, retour à l’intime (La maison rouge, Fondation Antoine de Galbert). Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il premio Level 0 – ArtVerona (2013), come artista selezionato da Giacinto Di Pietrantonio per il Museo Gamec, (Bergamo); il Premio Città di Treviglio (2012); il Premio Terna (2° classificato in Pittura, 2014); e il Premio Cramum (2016). Nel 2008 è stato invitato in residenza presso la Fondazione Spinola Banna (Torino) con Adrian Paci come Visiting professor. Nel 2010 è stato selezionato dalla Dena Foundation for Contemporary Art come artista Italiano in residenza presso ArtOmi, (New York). Nel 2015 è stato in residenza per due mesi presso il Nordic Artists' Centre Dalsåsen (NKD) in Norvegia. Per Ottobre 2016 è stato invitato a partecipare alla 16° Quadriennale d’Arte a Palazzo delle Esposizioni, Roma. Il suo lavoro è presente in numerose collezioni private e pubbliche in Italia e all’estero. Dal 2009 ad oggi è docente presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino.

 

Ph| Matteo Fato, Senza titolo con Pittura (3), 2013

olio su lino, 250 x 200 + 60 x 50 cm, cassa da trasporto in multistrato,

n° 2 neon 60 + 60 cm ognuno, dimensioni variabili

veduta dell’installazione, solo show, Krinein (la) Crisi

a cura di Gianni Garrera e Alberto Zanchetta

MAC – Museo d’ Arte Contemporanea di Lissone, 07 - 03 / 30 - 04 - 2015

Courtesy dell’Artista e Galleria Michela Rizzo, Venezia