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Le periferie non meritano cultura

  • Pubblicato il: 15/11/2017 - 10:01
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Giovanni Ferrero e Gabriele Boccaccini

Ci sono luoghi dove la bellezza e la cultura non arrivano. Vanno lasciati al loro triste destino”, così Luca Beatrice, presidente del Circolo dei Lettori, ha commentato sul proprio profilo Facebook la vandalizzazione delle luci d’artista posizionate, dopo vent’anni dal varo per progetto, per la prima volta nella periferia di Torino. La polemica ha assunto toni aspri, da parte della politica, degli abitanti e degli operatori sociali e culturali che hanno scelto di operare in quartieri considerati dai più “problematici”. Giovanni Ferrero, Presidente di Ismel e Gabriele Boccaccini, Direttore Artistico del Teatro Stalker. “Dovete avere il Caos in voi per partorire una stella danzante”, avrebbe Friedrich Nietzsche che molto ha amato la città.
 

Nella sfolgorante, travolgente e forse “ridondante” nelle proposte, artweek torinese, le Luci d’artista che cambiano ogni anno il volto del centro città, hanno compiuto vent’anni. Opere un po’ sofferte dal tempo e forse dalla mancanza di manuntenzione, ma molto amate e  attese dalla popolazione. Un progetto d’ispirazione per molte altre città.  Da questa edizione, l’amministrazione pentastellata decide di collocare nelle periferia della città, in Piazza Montale nel quartiere Vallette, noto per la vicinanza al carcere, un lavoro da Vanessa Safavi, coni gelato luminosi,  pesantemente danneggiato da pallonate e sassate nella notte tra il 4 e 5 novembre.
Il curatore Luca Beatrice, docente all’Accademia Albertina delle Belle Arti e soprattutto Presidente del Circolo dei Lettori commenta sulla propria pagina facebook aspramente, accendendo i toni del  dibattito, con l’affermazione che la cultura dovrebbe rimanere circoscritta in centro città.  “Ora a qualcuno è venuto in mente per puro spirito demagogico di portarle in periferia. Ci sono luoghi dove la bellezza e la cultura non arrivano. Vanno lasciati al loro triste destino”. Immediate le reazioni a questa affermazione, soprattutto dalla Sindaca, da chi, ogni giorno vive o milita nelle periferie, che non sono un’altra Torino, ma parte di Torino.  “Abbiamo deciso di portare l’arte in periferia perché non ci sono zone di serie B. L’arte è un diritto di tutti”, ha affermato Chiara Appendino. Le considerazioni, nel contenuti, nei toni e nel mezzo non proprie per la statura di una carica istituzionale, hanno generato la richiesta di dimissioni da parte dell’Assessora alla Cultura della Città, Francesca Leon, contro la strenua difesa dell’Assessora Regionale, Antonella Parigi. Risultato, le scuse pubbliche di Beatrice che rimane saldamente ancorato alla sua poltrona. 
Condividiamo due riflessioni di figure che conoscono il contesto in profondità. Giovanni Ferrero, Presidente ISMEL- Istituto per la Memoria, la Cultura del Lavoro, dell’Impresa e dei Diritti Sociali, Già Assessore alla Cultura della Città di Torino e Gabriele Boccacini, Direttore Artistico Officine CAOS - Officine per lo Spettacolo e l'Arte Contemporanea, che ha la sua sede al teatro di Piazza Montale-, a capo del Comitato Emergenza Cultura.
 
Sabato pomeriggio, alla periferia di Torino, nel quartiere Vallette, piazza Montale, al teatro Caos, un dibattitto in chiusura della XXX edizione del Festival Differenti Sensazioni curato da Stalker Teatro. Dopo il workshop condotto dall’artista Mauro Biffaro, l’intera area è tappezzata di serigrafie che rappresentano gelati multicolori su cui sono riportati i commenti degli abitanti. Si discute di Arte e Periferie.  L’incontro avviene nella sala appena riallestita dopo il felice incontro tra i giovani del Liceo Scientifico Gobetti  di Torino, i ragazzi della Scuola Media  Turoldo e l’Istituto Russell Moro di Vallette. Un progetto di Alternanza Scuola Lavoro con il  Dipartimento Educazione Castello di Rivoli e il Centro di Documentazione Circoscrizione  5 Vallette.
Pochi elementi per configurare uno scenario in cui Teatro, Arte Contemporanea e  Comunità sono già in dialogo con  gli Abitanti e tuttavia l’occasione dell’incontro, nata per concludere la XXX edizione del Festival di Teatro Differenti sensazioni, che proprio alle Vallette ha avuto la sua culla, svolta sul danno provocato da alcune pallonate finite contro l’installazione di Luci d’Artista - un bel set di Neon che rappresentano tanti coni gelato di ogni forma e colore - che la Giunta del Comune di Torino aveva deciso di non installare più in centro città, ma di destinare appunto alle Vallette.  
Si è discusso, con garbo e passione, dei modi e delle prospettive di una efficace politica culturale in una “periferia urbana”. Nessuno dei presenti contestava l’ opportunità di un coinvolgimento delle Vallette: l’impegno del dibattito era volto a dare indicazioni per il futuro.
Il problema, infatti, non è piccolo e neppure solo locale, se si ha a mente l’intervista a Philip Cave recentemente pubblicata su questa testata. Il responsabile per l’Audience Engagement di Arts Council England dice “oggi stiamo entrando in una nuova fase: si inizia a considerare il ruolo creativo del pubblico. Siamo passati dal marketing all'audience dévelopment  e ora  all'audience engagement.” Acutamente viene rilevato che non è solo il pubblico che deve cambiare, ma il sistema.
Innanzitutto va ribadito che la proposta culturale deve essere forte, chiara, non agitare la paura del futuro, ma dipanare tutte le potenzialità positive della realtà in cui viviamo. E’ giusto portare ovunque, senza arroganza, ma senza camuffamenti il più alto livello della produzione artistica. Ciò provocherà discussione, magari aspra, ma, dopo, il rapporto tra le persone sarà migliore, più solidale. Abbiamo, cioè, cambiato un poco il sistema.
In secondo luogo le opinioni degli abitanti, delle singole persone, vanno ascoltate con attenzione. L’Arte del nostro tempo è anche interazione con un pubblici attivi, partecipi alla creazione artistica. Così come i lavori dei grandi artisti pongono le questioni del rapporto tra l’uomo e il suo futuro con una forza che la scienza non può (e a mio avviso non deve) avere, così le nostre reazioni sovente nascono non da un episodio specifico ma da questioni che segnano il nostro quotidiano. Il lavoro, le condizioni dell’abitare, la famiglia sono, non a caso, i tre principali fattori che influenzano la nostra salute. E quindi la capacità di ascolto è parte essenziale del sistema che vogliamo costruire.
Ma l’elemento che più caratterizza il comportamento e la dinamica di un sistema è la natura delle relazioni interne: il carattere bidirezionale dei legami, la loro forza e la presenza di legami tra nodi lontani, quelli che ti portano oltre le frequentazioni quotidiane e ripetitive.
In passato l’Arte è stata sovente utilizzata per rendere evidenti ed accessibili le vette della cultura: oggi si chiede spesso all’Arte di rasserenare gli animi, di alleggerire le tensioni. Ciò è molto efficace, e non va sottovalutato: il clima della nostra città è dovuto in larga parte al ruolo di insegnanti, innanzitutto nella fascia dell’obbligo, alle istituzioni culturali, alle iniziative singole e collettive di volontariato. Questo impegno e le risorse finanziarie che lo sostengono vanno difese da tutti. Ma si può e si deve andare oltre. I legami che, grazie al turismo, la nostra città ha stabilito con il mondo sono stati un primo passo. Un ulteriore passo richiede una riflessione sulla storia di Torino, unica città fordista in Italia, e del suo rapporto con il Piemonte, non a caso culla di Slow Food e di Terra Madre.
Il sistema che Torino sta generando è conseguenza del fatto che la struttura industriale, fordista, non può essere rigenerata: non è il modello di produzione e di trasferimento di reddito che caratterizzerà il nostro futuro.
Non sarà più l’innovazione del processo produttivo interno alla fabbrica che plasmerà di per sé la città, come è stato in passato a Torino, ma il sistema sociale e l’innovazione in esso contenuta che segnerà il futuro del lavoro.
 Una parte dei discorsi attorno alla Fabbrica 4.0 rischia di essere fuorviante, innanzitutto per il titolo.
Nature, prestigiosa rivista scientifica, nel recente numero dedicato al futuro del lavoro, sostiene che più del 60% dei bambini che nascono oggi svolgerà attività che oggi non esistono, che non ci sono note. Se questo è vero a livello globale, ciò è ancor più vero nella nostra città. Una prima serie di interviste condotta da ISMEL  con giovani di Torino sul loro rapporto con il lavoro evidenzia che non c’è un modello di riferimento condiviso, ma un insieme di narrazioni centrate sull’importanza delle relazioni, innanzitutto interpersonali e sulla ricerca di un impegno di qualità.
Il futuro del lavoro è incerto, in termini quantitativi e qualitativi: ciò deve spingerci a valorizzare le nuove professionalità del lavoro culturale, quelle creative e quelle centrate sull’organizzazione del sapere e sulla “navigazione” all’interno di esso. Sul lavoro della risorsa più rara, e cioè dei giovani; e sugli unici spazi che permettono una trasformazione urbana: le periferie.
E se di lavoro si tratta ne consegue che le forme di retribuzione, il sostegno al formarsi di attività capaci di autosostenersi, di imprese, deve vedere l’adeguarsi delle forme contrattuali, del sostegno finanziario, l’utilizzo degli spazi pubblici a quella che è l’unica concreta speranza di futuro in una città segnata dalla positiva presenza di oltre 100.000 studenti universitari.
La questione di estrarre valore dai “Big Data” non risiede solo nelle tecnologie dell’intelligenza artificiale, certo non in una “Fabbrica 4.0”, ma nelle reti di relazione, che diventano reti di senso e di valore, all’interno delle comunità.
L’impegno mostrato nel dibattito che si è instaurato tra l’Assessore alla Cultura Francesca Leon, il tavolo di coordinamento dei gruppi artistici da tempo insediati alle Vallette, il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli, le forze operanti nel quartiere, cittadini, artisti ed intellettuali presenti al dibattito individuano la strada da seguire. La positiva “imposizione” delle “Luci d’Artista”, la rivendicazione della creatività localmente prodotta con le “Luci di Natale”, nate nel quartiere, le stesse “Pallonate all’Arte”, che non vanno accettate ma vanno intese, senza confonderle con la distruzione dell’arte operate dalle forme estreme di fanatismo ammantato di religione, hanno dato impulso ad un dibattito ormai avviato.
Friedrich Nietzsche direbbe  “dovete avere il Caos in voi per partorire una stella danzante”.
Se, come me, siete resi cauti dall’età, consolatevi con Goethe. In Massime e riflessioni  sostiene che: “Non c'è via più sicura per evadere dal mondo, che l'arte; ma non c'è legame più sicuro con esso che l'arte”.
Giovanni Ferrero
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Da Gabriele Boccaccini
 
Gli articoli apparsi sui giornali in questi giorni dai vari  titoli  roboanti e scandalistici relativi al danneggiamento di alcune delle Luci d'artista collocate in Piazza Montale a Le Vallette, riteniamo siano nella sostanza privi di una reale conoscenza della situazione e con un effetto decisamente negativo e contrario allo sviluppo delle potenzialità del quartiere.
A differenza di quello che appare negli articoli, il quartiere Le Vallette rappresenta una considerevole risorsa per tutti i cittadini.
A Le Vallette, da anni, sono in atto iniziative e azioni culturali e sociali continuative che hanno permesso di far emergere la naturale disposizione alla partecipazione e alla coesione sociale dei cittadini che abitano o lavorano nel quartiere.
Sicuramente è uno dei quartieri di Torino con più aggregazioni organizzate in gruppi spontanei o associazioni che portano avanti attività di interesse culturale e di inclusione sociale.
Al Tavolo Vallette, operativo da un decennio, si ritrovano periodicamente rappresentanti dei diversi gruppi e singoli abitanti fortemente motivati alla maggiore qualificazione del territorio che è ricco di potenzialità sia dal punto di vista urbanistico sia per quanto riguarda la popolazione che esprime le sue sensibilità e capacità organizzando per tutto l'anno iniziative di interesse non solo locale.
Tra le tante attività non vanno dimenticate: le feste di quartiere organizzate dal Tavolo Vallette insieme alle scuole del territorio; la programmazione delle Officine CAOS, diretta da Stalker Teatro, con un programma continuativo e di interesse locale ed internazionale, articolato in una stagione teatrale, in una residenza multidisciplinare, in un festival alla sua trentesima edizione, e in progetti speciali come Metropolitan Art; la Casa di Quartiere Vallette, che ospita nei locali di CAOS decine e decine di gruppi che sviluppano tutti i giorni i loro progetti sempre aperti a tutta la cittadinanza.
Se molto è stato fatto, molto si può ancora fare, per far conoscere a tutti i torinesi che Le Vallette, a solo un quarto d'ora dal centro di Torino, rappresenta una zona tranquilla, con le sue problematiche come in qualsiasi periferia, facilmente raggiungibile, con molteplici spunti di interesse
Ben vengano le Luci d'Artista, altre iniziative e il più possibile siano sostenuti i progetti culturali di questo quartiere che vuole essere compiutamente integrato al resto di Torino, nell'ottica di una città policentrica, città di dimensione metropolitana, con programmi di interesse comune e con proprietà e attrattive diverse per ogni zona, senza alcuna discriminazione.
 
Gabriele Boccacini
Direzione Artistica
Stalker Teatro/Officine CAOS - Officine per lo Spettacolo e l'Arte Contemporanea
 
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