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Le donne di Campigli tra le colline di Parma

  • Pubblicato il: 09/05/2014 - 11:35
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Stefano Luppi

Mamiano di Traversetolo (Pr). Molti riconoscono i dipinti di Massimo Campigli, pseudonimo di Max Ihlenfeldt (Berlino, 4 luglio 1895 – Saint-Tropez, 31 maggio 1971), ma pochi lo espongono in maniera consona. In Italia negli ultimi anni, a parte la rassegna alla Galleria Tega di Milano del 2005 e qualche altro esempio di minor rilievo, non l’ha fatto nessuna città per cui è utile nel panorama espositivo «Campigli. Il Novecento antico» visibile alla Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo fino al 29 giugno (catalogo Silvana Editoriale, a cura di Stefano Roffi). L’utilità è data non solo dalla qualità, quasi sempre elevata, di quanto esposto, ma anche dalla meticolosità con la quale viene ricostruito in questa antologica il percorso dell’artista. Un pittore, appunto, facilmente riconoscibile, ma poi effettivamente poco esposto almeno negli ultimi anni. Che sia considerato troppo «facile» e «popolare» per certa critica spocchiosa? E dire che anche la stessa biografia di Campigli è particolarmente interessante: prima svolge il mestiere di giornalista a partire, giovanissimo, dal 1914 quando entra al Corriere della Sera come segretario del direttore del periodico «La Lettura» Renato Simoni. Verrà presto spedito a Parigi come corrispondente, ma nel 1927, già alle prese con l’arte e la sua pratica quotidiana, si dimetterà dal quotidiano di via Solferino. Sebastiano Grasso nei giorni scorsi ricordava come Campigli lasciò nel 1927 perché, disse egli stesso, «Il giornale dovette allinearsi e io diedi le dimissioni, non per chiaroveggenza politica (Cfr., l’accenno è alla censura causata di lì a poco dal fascismo, Ndr.), ma perché c’era un pretesto per ottenere l’indennità». La mostra da ottanta opere, alla cui selezione hanno collaborato strettamente gli Archives Campigli che hanno realizzato il catalogo generale, focalizza la sua attenzione principalmente sul mondo delle donne, con le sue tipiche iconografie richiamante l’arte ritrattistica romana ed etrusca. Ma la produzione dell’artista è indagata con esempi dell’intera carriera, dagli anni Venti ai Settanta. Sono cinque le sezioni, oltre ai grandi mosaici allestiti nel giardino: la ritrattistica, con le effigi di personalità del mondo della cultura, ma anche amici, signore belle e famose; la città delle donne che accosta opere che rivelano l’ossessione per un mondo che pare tutto al femminile; le figure in sé prive di identità ma caratterizzate da scene di gioco, spettacolo, lavoro; i dialoghi muti, coppie vicine spazialmente, ma incapaci di comunicare, prigioniere del proprio mistero; gli idoli, presentati nell’evoluzione dalle figure idolatriche tratte da Carrà.

Informazioni:

«Campigli. Il Novecento antico»
Fondazione Magnani Rocca
fino al 29 giugno
www.magnanirocca.it

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