Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

La rivoluzione incompiuta

  • Pubblicato il: 12/07/2013 - 09:50
Rubrica: 
DAL MONDO
Articolo a cura di: 
Graziella Melania Geraci
L'artista egiziano Moataz Nasr

Cairo (Egitto). «Una rivoluzione ha bisogno di una testa, non solo di un corpo che agisca. Nel 2011 la gente è scesa in strada ma senza un vero e proprio programma, per questo il risultato è stato dare un ruolo a persone inadatte e che non sanno che cosa sia la leadership».  
Le parole di Moataz Nasr, artista egiziano, hanno trovato conferma negli ultimi avvenimenti che hanno visto sollevato dal proprio incarico il presidente Morsi, eletto dal popolo (o almeno da parte di esso), dopo la «Rivoluzione» del gennaio 2011. Moataz, come tanti altri egiziani, aveva riposto speranze e aspettative in quello che avrebbe dovuto essere il mutamento. «Ho letto nei libri che una rivoluzione si definisce tale se riesce ad apportare cambiamenti in 10 anni invece che in 100, ma non penso sia il caso egiziano. Non si può parlare di rivoluzione perché per una vera trasformazione ci sarà bisogno di molti anni, forse due generazioni. Se ci sarà una rivoluzione non è certo questa».
Su queste idee, ispirato dagli episodi del 2011 e da quelli successivi, Nasr ha realizzato opere eclettiche, dal forte impatto visivo, che testimoniano un percorso, la registrazione di una rivoluzione incompiuta. Per esempio nelle installazioni site specific del giardino sufi, The Maze-The People Want the Fall of the Regime (Château de Blandy-les-Tours, Blandy, Francia; Gothenburg, Svezia; Jardin des Tuileries, Parigi, Francia) Nasr ha utilizzato lo slogan egiziano gridato in piazza Tahrir che inneggiava alla caduta del regime.
Nel 2012 la Galleria Continua (che ne cura le opere) gli ha dedicato la personale, «The Tunnel»,nella sua sede cinese, a Pechino. All'ingresso della galleria accoglievano il visitatore decine di palloni pieni di sabbia, alti settanta centimetri, raffiguranti poliziotti in divisa, gli stessi che hanno perpetrato abusi e violenze nella prima parte della rivolta egiziana e che ora decretano la road map del Governo. Molti dei palloni furono distrutti dai presenti, la situazione del Paese che ospitava la mostra riproponeva gli stessi riferimenti politico-militari egiziani che l'arte di Nasr accoglieva e rappresentava.
La dimensione estetica nelle opere di Moataz si traspone in senso sociale, come per l'incitamento all'azione del video «The Echo», sull'immobilismo passivo del popolo delle piramidi prima della rivoluzione.
Nasr ha osservato la gente, i protagonisti dell'insurrezione che sono diventati, in una sua installazione, «Elshaab», statuine di ceramica alte 27 cm. Tra i piccoli protagonisti ci sono i militari che trascinano una donna, gli eroi feriti da un cecchino e c'è lui, Moataz, fermo, immobile che partecipa a latere alla scena. Le dimensioni dei personaggi sono le stesse dei souvenir venduti al mercato, il popolo è in vendita ed è anche economico.
Le opere di Nasr offrono un'analisi puntigliosa e diretta della situazione sociale partendo dalla critica all'inerzia, passando all'entusiasmo della rivolta, successivamente all'omaggio verso la partecipazione polare allargata per cambiare infine rotta. Fino al prossimo settembre Nasr esporrà in diverse collettive, al MaXXI a Roma, a Villa Empain a Bruxelles (con la collaborazione dello spazio Louis Vuitton, Paris) e al Singapore Art Museum, ma non presenterà le sue opere / cronaca.
Ora l'artista sembra aver messo da parte l'animo rivoluzionario per dedicarsi alla riflessione mistica ispirata dal buddismo e dal sufismo. Amore, compassione e bellezza appaiono i canoni a cui Nasr fa riferimento con un senso meravigliosamente egiziano e universale dell'arte contemporanea. I nuovi episodi forse lo spingeranno verso nuove sperimentazioni artistiche o attese meditative.

da Il Giornale dell'Arte, edizione online, 8 luglio 2013