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La rinascita del Servizio Civile

  • Pubblicato il: 14/04/2015 - 11:52
Autore/i: 
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Luca Martelli
Logo del Servizio Civile Nazionale

L’attivazione di un bando da 31.000 posti e la riforma del terzo settore aprono nuovi scenari per un’esperienza che sembrava giunta al termine. Quali sono le potenzialità e i cambiamenti necessari per una progettualità italiana che sta portando in Europa un’idea di Servizio Civile Universale?
 
 
Nel precedente articolo dedicato al Servizio Civile Nazionale[1] avevamo annunciato l’uscita del bando 2015. Dopo un ultimo assestamento è stato raggiunto un contingente totale che arriverà a 31.000 posti con un’integrazione di 1.064 posti. Il bando attivato il 16 marzo è stato prorogato fino alle ore 14 del 23 aprile, con il finanziamento di 92 progetti aggiuntivi in Calabria, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana[2].
Rispetto ai 35.000 posti previsti inizialmente, si tratta di una diminuzione accolta con stati d’animo contrastanti dagli enti che lavoreranno con i volontari nei due albi, nazionale e regionale, normati dalla legge n. 64 del 2001 che regola il Servizio Civile Nazionale.
Per Fabrizio Pregliasco, presidente Anpas, associazione nazionale delle pubbliche assistenze, primo ente italiano con 2.225 volontari, si tratta di un risultato importante: ≪il malato che sembrava allo stato terminale è guarito, noi ora lo assistiamo nel suo velocissimo recupero[3].
Di diverso avviso è Enrico Maria Borrelli, presidente di Amesci[4] e del Forum Nazionale Servizio Civile che pone l’accento sui 3.510 posti persi: ≪siamo davanti ad un’Italia a due velocità. La differenza oggi non è tra il nord e il mezzogiorno, ma tra un Governo che investe nel servizio civile e alcune Regioni che congelano i fondi precludendo l’opportunità ai giovani[5].
A prescindere dai punti di vista, va riconosciuto come l’investimento statale del 2015 segni un’inversione di rotta nelle politiche nazionali, la cui portata deve essere necessariamente comparata agli 896 posti avviati nel 2013, un cambiamento inaspettato, che forse ha sorpreso gli stessi enti, propensi dopo anni di incertezze a calmierare prudentemente le richieste delle progettazioni relative al Servizio Civile e alla Garanzia Giovani.
L’avviamento di 31.000 volontari, segue infatti un anno di transizione, il 2014, in cui sono stati banditi  circa 15.000 posti e che vede 5.000 volontari ancora in servizio.
La rinnovata attenzione per il Servizio Civile, l’aumento delle risorse disponibili e la sperimentazione che ci vede protagonisti in Europa[6] per la realizzazione di un Servizio Civile Universale, stimolano alcune riflessioni in materia di selezione, ruolo dei volontari e co-finanziamento.
Pensando al futuro, con una disoccupazione giovanile che ha superato il 42%, la selezione diventa uno degli aspetti più rilevanti. In questa situazione sono destinate ad aumentare le domande di giovani alla ricerca di un sostegno al reddito, condizione che per molti, avvicina il servizio civile a un reddito di cittadinanza pensato per sostenere famiglie e giovani nella crisi. Ma sarebbe riduttivo (ed ingiusto) limitare una scelta, fatta ormai da più di 300.000 persone, ad una questione esclusivamente economica. Al Servizio Civile arrivano giovani con motivazioni diverse che vanno da aspettative altamente professionalizzanti nei settori dell’assistenza e dei beni culturali, ad approcci più esperienziali di persone alla ricerca di relazioni, stimoli e di suggerimenti per il proprio futuro. Non si deve dimenticare poi come il servizio civile spesso intercetti giovani caratterizzati da vissuti problematici nella scuola e nel lavoro, ragazzi «fragili» che si trovano a competere con pari età molto più strutturati e con risultati inevitabilmente scoraggianti. Per questi motivi la trasparenza della selezione, ma soprattutto la capacità di includere soggetti più deboli in un percorso di empowerment, diventa uno dei passaggi che i selezionatori dovranno saper cogliere, in un momento storico in cui tornano ad aumentare i volontari presenti nelle sedi, offrendo agli enti la possibilità di selezionare giovani con profili curriculari e obiettivi diversi, in un percorso comune.
Le prospettive di crescita del Servizio Civile suggeriscono inoltre una riflessione condivisa sul ruolo dei volontari all’interno degli enti pubblici. Sarebbe l’occasione per affrontare e rispondere alle perplessità di coloro che esplicitano i rischi di un utilizzo forzato dei volontari, visto come una sostituzione impropria di personale. Ma già ad oggi esistono degli strumenti per evitare che si creino situazioni simili. Ogni ente sottoscrive una carta etica in cui si impegna a realizzare progetti in cui i volontari saranno affiancati da operatori in grado di trasmettere competenze attraverso un’esperienza sul campo. Allo stesso tempo nei progetti è prevista la realizzazione di una formazione specifica, la cui frequentazione può portare al riconoscimento di crediti formativi e tirocini.
Qualificare questi momenti, investire sulla formazione dei volontari e del personale che li gestisce, ampliare la collaborazione con gli uffici preposti al monitoraggio dei progetti, sarà la vera sfida e contribuirà a rafforzare la credibilità d’iniziative serie, utili e ben organizzate. Dobbiamo però ricordare come negli ultimi anni gli enti ospitanti abbiano ricevuto tagli costanti, fino ad ipotizzare nel 2013 la fine del servizio dopo un decennio di investimenti e di lavoro. Così nel chiedere miglioramenti è necessario offrire come contropartita uno spazio di programmazione adeguato. Diventa dunque fondamentale poter pianificare il Servizio Civile oltre l’incertezza dei cabotaggi annuali, con una visione, almeno biennale, delle risorse a disposizione. Gli enti potranno così valutare le risorse umane e finanziarie da allocare, prendendo in considerazione il co-finanziamento di progetti specifici, legati a particolari iniziative. Questa scelta amplierebbe le occasioni di dialogo con le fondazioni bancarie e di comunità, il mondo del volontariato aziendale e il terzo settore, potenziando le collaborazioni di fatto previste dagli attuali modelli di progettazione.
Con un orizzonte pluriennale, enti dotati di capacità organizzative, metteranno a sistema bandi, eventi, iniziative locali, implementando le partnership con le università e i servizi socio-assistenziali. Possiamo immaginare progetti di welfare comunitario che utilizzeranno modelli di Servizio Civile locale, e realtà culturali, anche medio-piccole, come musei e biblioteche, che valorizzeranno le competenze dei giovani nell’accoglienza, nella comunicazione peer to peer[7] e nella comprensione delle tendenze e delle problematiche giovanili. Il coinvolgimento delle aziende, richiesto ad esempio come volontariato di competenza nell’erogazione della formazione specifica, disegna scenari di aggiornamento che nei beni culturali e nel sociale potrebbero approfondire aspetti digitali, tecnologici e gestionali, introducendo modelli formativi di tipo collaborativo, aperti alla partecipazione non solo dei volontari ma di tutto il personale dell’ente coinvolto.
L’ipotesi di un Servizio Civile Universale, costruito in una dimensione di mobilità italiana ed europea, su un periodo più breve, 8 mesi contro i 12 attuali, è comunque destinata a cambiare ulteriormente la situazione. C’è però la possibilità di dare seguito a esperienze complementari, specializzando il Servizio Civile e la Garanzia Giovani secondo un disegno di cittadinanza evoluta, che tenga conto delle nuove necessità di empowerment e orientamento presenti nel mondo giovanile dai neet[8] fino ai neolaureati.
In questa direzione molto dipenderà dalla riforma del terzo settore e da un testo di legge che, superato il vaglio della prima lettura alla Camera, segna l’inizio di un dibattito fondamentale per il Servizio Civile.
 
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[1] SERVIZIO CIVILE: UN MODELLO ITALIANO PER L’EUROPA, Il Giornale delle Fondazioni, 15/03/2015
[3] D. Biella, Il servizio civile? Era un malato terminale. Ora sta guarendo, ma...", in «Vita», 2 marzo 2015.
[4] Amesci è un’associazione di promozione sociale di carattere giovanile nata nel 1996. Dal 2002 ha avviato in servizio oltre 15.000 volontari.
[6] L’Italia con la Francia è uno dei paesi più attivi nella progettazione di un servizio civile europeo.
[7] Tra pari età.
[8] Neet è l'acronimo inglese di "Not (engaged) in Education, Employment or Training" si riferisce a giovani che non studiano, non sono occupati e non frequentano corsi di formazione. Secondo l’Istat in Italia sono 2,5 milioni i giovani in questa condizione; www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-02-19/istat-neet-giovane-quattro-pe....