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La Pinault Collection compie 10 anni

  • Pubblicato il: 12/09/2016 - 12:35
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Francesca Panzarin

A pochi giorni dall'annuncio del progetto  alla Borsa del Commercio di Parigi e in parallelo alla nuova stagione espositiva delle tre sedi veneziane, abbiamo chiesto al direttore generale Martin Bethenod di fare il punto sul progetto artistico e culturale di Palazzo Grassi dopo 10 anni di intensa attività. “Palazzo Grassi non è  un approdo, ma il centro di una rete che percorre e attraversa l’intera città di Venezia e si estende a livello europeo”. Dalla conversazione scopriamo un inusuale punto di vista sul settore dell'arte contemporanea italiana.  A suo avviso l’Italia rispetto alla centralità parigina della Francia  presenta  “protagonisti  nel settore a Milano, Roma, Napoli, Venezia, Torino". E vanta un elevato “numero di professionisti, spesso molto giovani, che svolgono un ruolo di rilievo in musei, gallerie, centri d'arte, riviste a Parigi, come a  Berlino, Londra, New York. Quasi una sorta di comunità informale che può essere una risorsa enorme per l'influenza culturale dell’Italia all’estero”

 

Il “sistema” della Fondazione Pinault oggi. 
L’articolato insieme costituito da Palazzo Grassi (inaugurato nel 2006), Punta della Dogana (2009) e dal Teatrino (2013), si pone come un’istituzione unica, dedicata in modo permanente alla diffusione dell'arte contemporanea, rivolta al pubblico italiano e a quello internazionale. 
Questa missione è perseguita attraverso la presentazione di grandi mostre tematiche, con opere della Collezione Pinault, affidate a curatori internazionali; di mostre monografiche concepite intorno al lavoro di alcuni dei più importanti artisti presenti in collezione (come la mostra dedicata a Irving Penn nel 2014 e a Sigmar Polke quest’anno) o realizzate in stretta collaborazione con alcuni di loro (Urs Fischer nel 2012, Martial Raysse nel 2015), oltre a numerose commissioni di opere o progetti espositivi appositamente concepiti per gli spazi espositivi della Fondazione (Rudolf Stingel a Palazzo Grassi nel 2013,  Danh Vo a Punta della Dogana nel 2015). A questo ricco programma di progetti espositivi si aggiunge un’ampia proposta culturale (incontri, convegni, seminari, concerti, spettacoli, proiezioni, coreografie, proiezioni per circa 100 appuntamenti nella stagione 2015/16) e un'attività educativa che privilegia la sperimentazione e l'innovazione (il progetto Palazzo Grassi Teens dedicato agli adolescenti). Questa istituzione è spesso chiamata Fondazione Pinault, ma non lo è, almeno non nel senso giuridico del termine, trattandosi invece di una SpA, i cui azionisti sono François Pinault e il Comune di Venezia, attraverso il Casinò Municipale. L’ istituzione è finanziata solo attraverso risorse proprie e da Monsieur Pinault e non riceve alcun contributo pubblico. L’intera squadra è composta da 25 dipendenti.
 L’esperienza di 10 anni di presenza attiva a Venezia: connessioni con il territorio, le istituzioni pubbliche e con le altre realtà culturali internazionali.
La logica che sottende la genesi di ciascuna nostra attività è quella della collaborazione e dell’attivazione di partnership, in primo luogo con gli attori della vita culturale veneziana (Fondazione Cini, Guggenheim, Gallerie dell'Accademia, Biennale, festival musicali e letterari) e le Università (Ca Foscari, IUAV, Accademia di Belle Arti Academy, IED, le scuole). Le collaborazioni sono disegnate secondo una vasta gamma di modalità che vanno dal prestito reciproco di opere all’organizzazione congiunta di seminari, programmi culturali ed educativi e iniziative di promozione. La dinamica di questi scambi, che denotano una forte volontà di collaborazione, è essenziale. Un’istituzione culturale non può essere disgiunta dal territorio in cui abita, ma deve mantenere relazioni permanenti con l’ambiente che la circonda. Il nostro ambiente è Venezia, naturalmente, ma, al di là di Venezia, è anche l'intero ecosistema del mondo dell'arte internazionale e qui i dialoghi e le connessioni sono davvero molteplici: storici dell'arte, curatori, direttori dei musei di tutto il mondo; anche tutti questi diversi attori sono strettamente connessi alla nostra attività culturale, editoriale e di ricerca.
 Da Venezia a Lens e poi Parigi: come evolve il modello Pinault.
 Sin dall’apertura nel 2006, François Pinault ha precisato che Palazzo Grassi non era un approdo né un punto di arrivo, ma al contrario era  - nella sua visione - un punto di partenza, il centro di una rete che percorre e attraversa l’intera città ( connettendo prima un secondo e poi un terzo luogo) estesa anche a livello europeo. Dal 2008, questa dimensione internazionale si è concretizzata con progetti espositivi “fuori le mura” (ad es. a Lille, Mosca e altri ancora,  sino a quest’autunno a Essen, in Germania) , senza dimenticare il supporto di numerose mostre in tutto il mondo attraverso il prestito di opere d’arte. Il progetto della Bourse de Commerce di Parigi, la cui inaugurazione è prevista per la fine del 2018, segna una nuova tappa della costruzione di questo network. Parigi e Venezia saranno due entità distinte, ognuna con una propria fisionomia e personalità, entrambe ovviamente legate al proprio contesto specifico, ma si muoveranno nella stessa direzione e questa dinamica assicurerà equilibrio, complementarità e forti sinergie.
 
Una valutazione qualitativa e quantitativa dei risultati raggiunti in 10 anni:19 mostre in loco e 6 esposizioni in altri musei, 324 artisti esposti, 1706 opere esposte a Venezia e in altri musei, oltre 330 eventi al Teatrino da maggio 2013, 235 attività educative dal 2011.  Oltre 2,5 milioni di visitatori. 
 I bilanci quantitativi sono ovviamente necessari e interessanti, ma non sono sufficienti per misurare il successo di un’istituzione e – ancor meno - a illustrarne l'identità e i valori. Al di là delle cifre, credo sarebbe un gioco appassionante provare a costruire degli indicatori qualitativi delle nostre iniziative. Il numero di visitatori è una cosa, ma più importante forse potrebbe essere capire quanti di loro non avevano mai visitato prima una mostra d'arte contemporanea, o quanti non hanno semplicemente visitato in maniera passiva il museo, ma si sono lasciati coinvolgere in un'attività educativa o culturale; o ancora, quanti pensano di aver scoperto qualcosa durante la loro visita. Allo stesso modo, per le mostre sarebbe interessante poter valutare gli strumenti o i supporti di mediazione, la produzione di contenuti scientifici o storici come le pubblicazioni e i programmi culturali. E le opere, al di là dei numeri, quante sono state oggetto di una committenza o di una produzione specifica e come sono documentate? In che modo gli artisti sono stati coinvolti nel progetto o nell’installazione? C'è un campo ancora largamente insondato che sarebbe molto importante venisse decifrato collettivamente.
 
L’attenzione a pubblici differenti e le politiche family friendly di Palazzo Grassi.
Questo è un aspetto molto importante, radicato nel DNA di Palazzo Grassi-Punta della Dogana e lo sarà anche per la nuova sede di Parigi. Un museo d’arte contemporanea ha il dovere di moltiplicare le iniziative per stimolare l’incontro dei giovani con l'arte. Questo incontro può avvenire attraverso la mediazione delle istituzioni scolastiche (oggetto del nostro programma St_art), oppure della famiglia (anch’essa al centro del programma per tutti nei fine settimana o nei periodi di vacanza) sino all’interazione resa possibile dai nuovi media (come dimostrano il sito palazzograssiteens.it e l’attività sui social network).
Noi stiamo da tempo lavorando simultaneamente in tutte queste direzioni, sempre con la voglia di sperimentare, di aprire nuove strade. E’ da leggere in questo senso, per esempio, l’impegno che abbiamo messo già da alcuni anni nei confronti del pubblico adolescente, sviluppando nuove modalità di coinvolgimento e relazione, come il rapporto peer to peerche prevede che gli strumenti (soprattutto quelli digitali) e le iniziative proposte siano progettate dagli stessi adolescenti e destinate ai propri coetanei. Oppure aderendo al progetto alternanza scuola-lavoro che consente a gruppi di giovani di scoprire la realtà museale vivendola da vicino ogni mercoledì per un intero trimestre. Un altro punto che voglio sottolineare è la nostra attenzione ai visitatori disabili, tra cui il portatori di handicap sensoriali, con la messa a punto di strategie comunicative per la sordità e la cecità.
 
Sulla base alla sua esperienza di collaborazione con realtà private e pubbliche in Francia e all’estero, come valuta l’attuale gestione dei beni culturali in Italia?
Mi guardo bene dall’esprimere giudizi generali sull’una o l’altra situazione ed è molto rischioso fare dei confronti. Mi permetto solo due rapide osservazioni: la prima è che, per quanto riguarda l'arte contemporanea mi misuro da più di 6 anni con il dinamismo di istituzioni private diffuse sull’intero territorio italiano: nelle nostre riunioni del Comitato delle Fondazioni Private rimango sempre molto colpito nel vedere (o sentire, perché questi incontri spesso si svolgono telefonicamente)  protagonisti attivi nel settore a Milano, Roma , Napoli , Venezia, Torino.  In un incontro di questo tipo in Francia, il 90 % dei partecipanti sarebbe esclusivamente parigino! Un altro punto importante, sempre nel campo dell'arte contemporanea, è il numero dei professionisti italiani, spesso molto giovani, che svolgono un ruolo di rilievo in musei, gallerie, centri d'arte, riviste, in città estere come Parigi, Berlino , Londra, New York . V è quasi una sorta di comunità informale che può essere una risorsa enorme per l'influenza culturale dell’Italia all’estero.

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