La cultura è come la marmellata
Promuovere il patrimonio italiano, la Cultura del Paese, con le imprese. E’ stato il processo virtuoso, di ispirazione che la giornalista Marina Valensise ha varato alla guida dell’Istituto italiano di Cultura a Parigi, oggi restituio in un volume edito da Marsilio. Una relazione win-win ancora inespressa nelle proprie potenzialità “Lo Stato offre all’impresa ciò che l’impresa non può produrre in proprio, e cioè il prestigio di una sede istituzionale, la legittimazione culturale del valore aggiunto prodotto da una manifattura di qualità, la possibilità di irradiazione internazionale ben oltre i semplici canali dell’export. Il privato dà allo Stato ciò che lo Stato non può avere, e cioè un metodo e una strategia industriale, un prodotto di qualità, che ha valore esemplare in quanto è l’effetto di una ricerca e di un’innovazione che costituiscono di per sé un premio per l’industriosità, e quindi offrono una delle testimonianze più vive di una nazione e della sua ricchezza”
10 capitoli, 10 suggestioni diverse, 10 consigli da applicare subito: è questa la struttura sottile che ha scelto la giornalista e studiosa Marina Valensise per raccontare la sua straordinaria esperienza alla guida dell'Istituto Italiano di Cultura a Parigi. La cultura è come la marmellata è infatti l’appassionato racconto dell'esperienza di Valensise, che successo dopo successo, ci racconta con una serie di preziosi camei le singole storie dei tanti talenti italiani famosi nel mondo che lei ha saputo far intrecciare nei 4 anni passati all’Hôtel de Galliffet. Direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura tra il 2012 e il 2016, l’autrice è riuscita con la sua squadra a trasformare completamente in soli 4 anni la sede parigina dell’Istituto.
Lo ha fatto grazie al coinvolgimento di privati e aziende, singoli imprenditori, artisti, artigiani, cooperative, maestranze chiamate dall’Italia e non solo a promuovere in modo del tutto innovativo la cultura italiana nella Ville lumiere.
Lo ha fatto riuscendo ad innescare un circuito virtuoso che ha portato l’Istituto a rinnovare completamente la propria sede, a moltiplicare le proprie iniziative e gli eventi ospitati e direttamente organizzati, ma soprattutto lo ha portato a far crescere il proprio pubblico di circa il 40%, con un impennata di iscrizioni ai corsi di lingua e ai seminari di lingua applicata, generando entrate proprie per circa 600 mila euro, sino a toccare il raddoppio delle entrate annuali rispetto alla dotazione statale.
Partendo provocatoriamente da uno slogan apparso sui muri della Sorbona nel maggio 1968 – La culture est comme la confiture, moins on en a, plus on l’etale”, Marina Valensise ci porta per mano alla scoperta di ciò che può nascere "a partire dalla carenza dell'avere". Un modello di promozione della cultura italiana all’estero che nasce da quella che lei stessa definisce di “valorizzazione partecipata”: non solo collaborazione tra pubblico e privato, ma la loro reciproca integrazione su un piano di fiducia e in funzione dell’interesse generale dove i privati, con le loro imprese, i loro prodotti, le loro competenze e i loro stessi profitti… si associano alle istituzioni, partecipando direttamente ai programmi di promozione della cultura e alla valorizzazione del patrimonio”.
E a questo virtuoso processo che fa riferimento il sottotitolo del libro Promuovere il patrimonio italiano con le imprese, un processo virtuoso che l’autrice contrappone al paradosso dell'Italia, il paese che vanta il patrimonio più ricco del mondo ed è tuttavia incapace di valorizzarlo. La sua ricetta è semplice: “lo Stato offre all’impresa ciò che l’impresa non può produrre in proprio, e cioè il prestigio di una sede istituzionale, la legittimazione culturale del valore aggiunto prodotto da una manifattura di qualità, la possibilità di irradiazione internazionale ben oltre i semplici canali dell’export. Il privato dà allo Stato ciò che lo Stato non può avere, e cioè un metodo e una strategia industriale, un prodotto di qualità, che ha valore esemplare in quanto è l’effetto di una ricerca e di un’innovazione che costituiscono di per sé un premio per l’industriosità, e quindi offrono una delle testimonianze più vive di una nazione e della sua ricchezza”.
Capito dopo capitolo - per ognuno dei quali sceglie un motto diverso (es.: Primo, non abbattersi di fronte all’incuria; Quarto, le cose non sono mai come appaiono; Quinto, se lo puoi sognare lo puoi fare, Settimo, Progettare voce del verbo amare Ottavo, Dont’take a no for an answer, Nono, l’unione fa la forza) - Valensise ci porta a conoscere i tanti operatori nel settore del design, della cucina, dell’architettura, della musica, ma anche dell’innovazione tecnologica che insieme a lei e alla sua squadra si sono messi a disposizione dell’Istituto, quasi sempre a titolo completamente gratuito, di donazione materiale o professionale.
Tra i protagonisti troviamo talenti e spiriti cosmopoliti che arrivano anche dalle province italiane e dai territori più difficili con la loro voglia di fare e di inventare, spesso partendo da una conoscenza artigianale, profonda e rispettosa, delle materie prime. Tra i vari camei troviamo Katia Da Ros, figlia del fondatore della Irinox, creatrice di un abbattitore che serve a preparare, stoccare e consumare gli alimenti; Mario Nanni di Viabiuzzuno, "poeta e progettista della luce", inventore di corpi illuminanti spettacolari, fabbricati su misura per ogni ambiente e contesto; Paolo Fazioli, ingegnere musicista fondatore di un marchio di pianoforti che è riuscito in pochi decenni ad imporsi come uno dei migliori del mondo; Franco Venturini, straordinario pianista e compositore che ha studiato all’accademia di Santa Cecilia e con lo strumento ricrea una magia; Gianfranco Vissani e Massimo Bottura che con le loro creazioni hanno raccontato territori, paesaggi, valori, culture, offrendo uno straordinario volano alla diffusione dell'italianità nel mondo; i giovani STARTT, architetti dello studio romano vincitore di un importante concorso bandito dal Maxxi e dal MoMa di New York.
Quello che emerge è una volontà ferma e appassionata di dimostrare che anche i 90 Istituti di Cultura Italiana nel mondo, che dipendono dagli Affari Esteri, non sono entità astratte, musei polverosi meri custodi per le ombre dei grandi di un tempo, ma possono essere luoghi di incontro, scambio di promozione all’estero della cultura e del patrimonio italiano; ma soprattutto che anche gli istituti di cultura sono fatti da persone, con passioni vive, in grado di tornare a vibrare e a produrre cultura e innovazione dando a spazio anche a giovani promesse. “È così che a poco a poco – racconta Valensise - curando semplicemente la regia per la promozione di tante realtà produttive, imprenditoriali, creative, che fanno la ricchezza del made in Italy, l’Istituto di cultura a Parigi ha iniziato a trasformarsi da semplice luogo di trasmissione passiva della cultura, spesso solo accademica, umanistica e molto autoreferenziale, in un centro sperimentale di produzione di qualità, aperto al pubblico e pronto ad affrontare nuove sfide”
.
Con il suo appassionato racconto del viaggio da lei fatto nella pubblica amministrazione, l’autrice ci indica una via concreta per superare in modo efficace la dicotomia tra pubblico e privato che tanto limita e penalizza il fare e diffondere cultura nel nostro paese. Un libro che può davvero servire a chi opera sui due versanti, se sapranno ascoltare il suo appello: "non pretendo l’impossibile: vi chiedo solo di garantire l’ordinario e coltivare lo straordinario, essere inquieti e curiosi, mettersi in viaggio anche se si parte da un remoto punto di partenza.”
Marianna Martinoni
Da 15 anni è fundraiser e consulente nel settore del fundraising per le organizzazioni non profit, in particolare per quelle che operano nel settore culturale. È relatore e docente di workshop, giornate di studio, master e convegni concernenti il fundraising, sia su tematiche specifiche per il fundraising in ambito culturale sia su temi comuni a tutti settori.
Ha pubblicato e pubblica articoli in Italia relativi al tema del fundraising per la cultura, è autrice con Pierluigi Sacco de “Il fundraising per la cultura” (2005). E’ socio senior dell’Associazione italiana Fundraiser – ASSIF, di cui dal 2011 al 2014 è stata membro del consiglio direttivo.
"La cultura è come la marmellata”
di Marina Valensise
Marsilio, 2016 pp. 144 euro 13,00
© Riproduzione riservata