La bocca sollevò dal fiero pasto...
Berlino. Le implicazioni tra arte e cibo sono da sempre ricorrenti nella storia dell’arte, ma un’inusuale mostra alla «me Collectors Room» della Fondazione Olbricht ne indaga un aspetto per molti versi ancora proibito: il cannibalismo.
La mostra, già ospitata alla Maison Rouge di Parigi con la quale la galleria berlinese ha una proficua collaborazione, è ALLES KANNIBALEN? – Tutti cannibali? a cura di Jeanette Zwingenberger visitabile sino al 21 agosto.
Il fenomeno del cannibalismo che ha spesso suscitato fascino nella storia del cinema, della letteratura, delle arti figurative, sia come espressione di una cultura che come rappresentazione di moti dell’animo, viene qui indagato con una metodologia quasi scientifica.
Fotografie, video, installazioni, sculture, disegni e dipinti. Un viaggio che parte dalla storia dell’arte del passato e arriva a riconoscere e a investire il cannibalismo di un significato culturale e simbolico che altro non è che espressione della contemporaneità tutta.
Gli artisti selezionati, metà dei quali donne, esplorano il tema dell'antropofagia in una prospettiva che è nel contempo inquietante e giocosa e la contrapposizione tra passato e presente rivela intersezioni tra piani metaforici e letterali differenti che evocano credenze religiose e tradizioni, che vanno dal corpo di Cristo a pratiche indigene, per arrivare alle perversioni omicide.
Vari aspetti relativi al cannibalismo - dal sacrificio alle paure primordiali fino all’erotismo - sono presentati da un punto di vista storico-artistico con un totale di cento opere, molte delle quali provengono da collezioni private, attraverso un allestimento in parte cronologico, in parte tematico che da Goya arriva a Cindy Sherman, da Odilon Redon a Aida Makoto.
Il percorso espositivo conduce a una riflessione inevitabile: non siamo noi forse, tutti, dei potenziali cannibali?
Il rifiuto e il ribrezzo che il fenomeno produce nascondono forse un intimo desiderio che quotidianamente prende forma nelle umane debolezze? Dalla brama di possesso, di conquista, di potere a quella di sottomissione, di violenza, nella vita, nel lavoro, nell’erotismo.
L’antropofogia, espressione di tutti gli individualismi contemporanei, continua ad essere un peccato da condannare ma allo stesso tempo suscita un misterioso, quanto crudele fascino, nel quale la carne, religiosa o blasfema che sia, è forza e virtù.
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