L’Olympia (per soldi) può lasciare Parigi
Parigi. L’«Olympia» (1863) di Édouard Manet è uno dei quadri più famosi di tutto l’Ottocento e non lascia Parigi dal 1890, quando fu consegnato allo Stato francese. Ora, con una decisione che ha sorpreso storici dell’arte, conservatori e addetti ai lavori, il presidente francese François Hollande ha deciso che in via eccezionale l’opera potrà andare all’estero.
Il dipinto lascerà il Musée d’Orsay il mese prossimo per arrivare in Italia, dove sarà il pezzo forte della mostra a Palazzo Ducale «Manet: ritorno a Venezia» (dal 25 aprile al 4 agosto). Guy Cogeval, direttore del Musée d’Orsay, spiega che l’«Olympia» è «un quadro talmente importante che i miei predecessori, fin dal 1900, hanno sempre deciso che fosse meglio non spostarlo». A Venezia verrà esposto accanto alla «Venere di Urbino» (1538) di Tiziano, in prestito dagli Uffizi di Firenze, e che in base alla normativa attuale non può lasciare l’Italia.
«Manet: ritorno a Venezia» comprende 80 pezzi tra cui circa 70 opere di Manet provenienti dal Musée d’Orsay. Si tratta di un prestito senza precedenti. Tra le opere in tournée internazionale, «Lola di Valenza» (1862) e un ritratto di Émile Zola (1868). Altri dipinti arriveranno in prestito dal Metropolitan Museum di New York. Gli storici dell’arte spesso citano l’influenza degli artisti spagnoli, in particolare Velázquez, sullo stile di Manet. La mostra, organizzata congiuntamente dal Musée d’Orsay e dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, intende dimostrare che anche artisti italiani come Vittore Carpaccio, Antonello da Messina e Lorenzo Lotto ebbero un impatto sul pittore francese. «Vogliamo far capire quanto i modelli culturali italiani abbiano influenzato Manet», spiega Cogeval. Il direttore aggiunge che il Musée d’Orsay riceverà finanziamenti significativi per i prestiti dei quadri di Manet, in linea con la sua strategia di fundraising attraverso l’organizzazione in tutto il mondo di opere della sua collezione.
Il museo ha concesso in prestito importanti opere impressioniste per una mostra alla Fundación Mapfre di Madrid del 2010, che ha fatto poi tappa in due istituzioni statunitensi.
Le spese non sono state rese note, ma i profitti derivanti dal prestito pare siano di 1,5 milioni di euro a tappa, denaro che ha contribuito alla ristrutturazione dell’istituzione parigina. Cogeval ha dichiarato l’intenzione di prestare «un capolavoro all’anno» a musei internazionali. «Non ci sono ragioni strettamente curatoriali per cui l’“Olympia” non dovrebbe essere data in prestito, visto che si trova in buone condizioni, ci dice il critico d’arte inglese Brian Sewell. Esiste tuttavia un limite agli spostamenti cui questo genere di opere può essere soggetto. Un semplice cambiamento d’atmosfera può avere delle conseguenze. Se l’“Olympia” può andare a Venezia allora perché non è stata concessa in prestito a Londra per la mostra alla Royal Academy?». Non è chiaro però se il dipinto sia stato richiesto dai curatori di «Manet» (Royal Academy of Arts, fino al 14 aprile cfr. n. 327, gen. ’13, p. 27), già all’americano Toledo Museum of Art nel 2012. Larry Nichols, curatore del museo dell’Ohio, non ha rilasciato commenti.
Quando l’«Olympia» fu esposta all’annuale Salon de Paris del 1865, il soggetto e la nudità della protagonista scandalizzarono critici e pubblico. Nel 1890 Claude Monet raccolse 20mila franchi da artisti, mercanti e collezionisti per comprare l’opera, che venne poi offerta al Governo francese. Il quadro fu ospitato al Musée du Luxembourg di Parigi dal 1890 al 1907, quando venne trasferito al Louvre. Entrò a far parte della collezione del Musée d’Orsay alla sua apertura nel 1986.
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da Il Giornale dell'Arte numero 329, marzo 2013