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Italia. Terra di poeti, santi navigatori e Festival

  • Pubblicato il: 17/06/2017 - 09:45
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Sara Marceddu

Il Superfestival è stata la grande novità del Salone Internazionale del Libro 2017. Una “casa-vetrina” e allo stesso tempo una piattaforma di confronto in rete dei maggiori festival di approfondimento culturale italiani promossi prevalentemente da Fondazioni.  Hanno aderito più di 80 realtà, tra partner e ospiti. Si tratta di un progetto curato da La Grande Invasione, festival della lettura di Ivrea ideato e diretto da un editore e un libraio: Marco Cassini, Edizioni Sur e Gianmario Pilo, Galleria del libro. Una piattaforma di confronto non solo sulle proposte culturali, ma sulle modalità di governance dei progetti editoriali e sugli sviluppi futuri rispetto a politiche di finanziamento pubblico e autosostenibilità.
 


Torino - Italia terra di poeti, santi, navigatori e di Festival.  80 realtà si sono ritrovate al Salone Internazionale del Libro di Torino, costituendone una “casa vetrina”, grande novità dell’edizione 2017 ideata e curata da La Grande Invasione, il festival della letteratura di Ivrea.
Numerosi quelli che hanno presentato il proprio programma per l’edizione di quest’anno e tanti altri che hanno contribuito all’arricchimento della programmazione del Salone con l’ideazione, la cura e il finanziamento di incontri di approfondimento letterario.
 A fare il punto sullo stato di salute dei festival un incontro dal titolo “Effetto Festival” con Guido Guerzoni, ricercatore di Storia economica, docente presso la SDA Bocconi, da anni impegnato nello studio dell’impatto dei festival, Massimo Acanfora, giornalista, autore, esperto di consumo critico ed economia solidale, ideatore di Fa' la cosa giusta!, la più grande fiera italiana che parla di biologico, mobilità sostenibile, turismo responsabile e consumo consapevole, e Daniele Jalla, presidente della Fondazione Guelpa di Ivrea, nata da un cospicuo lascito di Lucia Guelpa al Comune eporediese nel 2003.
Se ragionare sull’arricchimento culturale e formativo che i festival generano può apparire quasi un retorico esercizio di stile, spostarsi a riflettere su quanto le manifestazioni siano in grado di produrre a livello economico è fatto tutt’altro che scontato.
Nel 2008 Guerzoni con Effetto Festival (Effettofestival 2008), finanziata da Fondazione Carispezia nell’ambito del Festival della Mente di Sarzana, ha tentato di calcolare le ricadute economiche sui territori. Dopo un’attenta selezione delle centinaia di manifestazioni esistenti, il campione dell’indagine si è attestato su 27 di cui sono stati analizzati il periodo di svolgimento, il palinsesto dell’offerta, le politiche di pricing, i luoghi, le convenzioni e i servizi, l’organizzazione, il budget, i finanziatori, il pubblico e la comunicazione.  Dopo dieci anni dalla pubblicazione di Guerzoni, le questioni aperte rimangono sostanzialmente le stesse e, soprattutto, resta tanta strada da fare rispetto al tema della cultura della valutazione.  Nelle condizioni attuali – relative alla policy di finanziamento e al sistema di autosostenibilità – quanto i festival avranno la capacità di resistere? Si assisterà nel tempo ad una decimazione, alla luce del calo dei finanziamenti pubblici? Quali scenari plausibili oltre le contingenze?
Il decennio trascorso – afferma Guerzoni – ha contribuito a far sì che alcuni elementi si potessero cristallizzare, prendendo coscienza, per esempio, che esistono varie tipologie di impatti: economico, occupazionale, sociale e ambientale, per citarne alcuni. Dal 2008 ad oggi abbiamo verificato che i festival riusciti sono quelli che negli anni sono stati capaci di consolidare una base di partecipazione, volontariato e sostegno da parte della popolazione locale, mentre abbiamo visto casi di crollo definitivo di progetti editoriali calati dall’alto, privi di radici territoriali”. I prodotti editoriali maturi hanno dunque insistito sulla qualità dei palinsesti, consapevoli che la fase di assestamento di un festival coincide con il suo settimo-ottavo anno di vita, registrando un’adesione da un anno all’altro del 90-95%, a testimonianza di un processo di fidelizzazione molto forte nell’arco dei decenni.
L’istantanea sui relatori dei Festival restituisce un quadro che non è troppo diverso da quello di altri ambiti, da quello imprenditoriale alla politica: si tratta nella maggioranza dei casi di oratori anziani e di sesso maschile, mentre molto esigua la presenza femminile e quella di giovani intellettuali (forse perché non ne possediamo un vivaio cospicuo? ndr). “Si assiste spesso – continua Guerzoni – a compagnie di giro che nei festival trovano spazio per lusingare la propria vanità e per distribuire il proprio prodotto. Caratteristiche non comuni al resto d’Europa, in cui molti festival hanno un pubblico di giovani, mentre in Italia sono pochissimi. Al di là della retorica dei progetti per ragazzi, i festival faticano a trovare un pubblico giovane che non sia di volontari, anche perché si tratta spesso di palinsesti noiosi. Un altro tema serio da affrontare è quello della progettazione per un pubblico giovane che ha delle potenzialità ed esprime degli interessi culturali che non vanno bistrattati, ma intercettati”.
Da due anni Guido Guerzoni sta approfondendo un tema su cui i festival internazionali si concentrano da anni: il valore economico della comunicazione che un festival genera. “Il Sundance Film Festival che nasce come rassegna indipendente, oggi è di fatto il marketplace dove le major vanno a cercare talenti. Da cinque anni il Festival pubblica un report relativo ai dati sulla comunicazione generata per uno stato, lo Utah, che ha pochi momenti in cui assurge all’attenzione della stampa internazionale, stimando un ritorno in comunicazione sul territorio sia molto più alto rispetto all’investimento di 25 mila dollari. “Sarebbe necessaria un’inversione di rotta da parte degli enti locali che invece di investire centinaia di migliaia di euro in Borse del Turismo, dovrebbero valutare le ricadute della comunicazione dei festival sul territorio, a fronte di investimenti economici spesso trascurabili. Un dato sarebbe sufficiente: verificare quanti giornalisti internazionali siano accreditati a Pordenonelegge, Festival Letteratura di Mantova o Festival della Mente di Sarzana”.
Persiste la riflessione sul tipo di format del festival. “In Italia – continua Guerzoni – abbiamo casi di rassegne strepitose con budget limitatissimi, 100-150 mila euro, poiché il lavoro volontario pesa per l’80%. Se si vuole che il settore si professionalizzi, che lasci delle radici e abbia delle strutture minime è necessario fare un passo in avanti. L’organizzazione di un festival importante è un lavoro a tempo pieno che ha bisogno di almeno quattro o cinque persone intelligenti e dedicate tutto l’anno per far sì che il sistema regga nel lungo periodo”.
Dall’ultima ricerca del 2012 di Guerzoni sull’impatto economico dei festival presi a campione (Effettofestival 2012 pdf), il contributo delle fondazioni di origine bancaria nel finanziamento dei loro territori di riferimento appare cospicuo: il 62% dei festival analizzati ricevono le loro sovvenzioni. Altri contributi (27%) vengono erogati anche da fondazioni di altra origine, tra cui le fondazioni di partecipazione, e le associazioni il 19%. Per ciò che riguarda il numero di visitatori, si può ben intuire quanto sia difficoltoso arrivare a dati certi, soprattutto nei casi in cui (la maggioranza) si tratti di manifestazioni a ingresso gratuito. Dai numeri dichiarati nel corso dell’indagine del 2012 i festival inclusi come campione hanno registrato in media 47.700 presenze nel 2010, poi salite a 49.500 nel 201, con un incremento complessivo del 3,6%.
Quello che emerge, al netto di politiche di finanziamento e di sistemi di governance, è che i festival che godono di buona salute sono quelli che hanno saputo creare nel tempo comunità intorno a sé e che, anche per queste macchine organizzative, valga la darwiniana selezione naturale.
Motivo d’orgoglio, senso d’appartenenza per Daniele Jalla, presidente della Fondazione Guelpa che da cinque anni finanzia “La Grande Invasione” – 40 mila euro per l’ultima edizione 2017 – proprio in virtù del suo radicamento nel territorio e della capacità di creazione di un terreno di confronto comune e partecipato della comunità. La Fondazione ha investito 500 mila euro l’anno per attività culturali in Ivrea e nell’eporediese che fino ad oggi sono state plusvalenze del patrimonio. “Il primo criterio di valutazione per il finanziamento di un festival è la sua attitudine al coinvolgimento del territorio che deve sentire il festival come la sua proiezione all’esterno dell’intera comunità e come portatore di ben-essere”.
I Festival – continua Jalla – dovrebbero orientarsi alla costruzione di un programma sempre più orientato all’autosostenibilità e sempre meno sulla logica del finanziamento e, dall’altro lato, gli enti pubblici dovrebbero adottare una politica di sostegno finanziario a scalare nel tempo che stimoli la capacità imprenditoriale delle organizzazioni tale da sviluppare negli anni una struttura autosostenibile”. Aspetto su cui non converge completamente Guerzoni che sulle politiche di pricing e di festival “a pagamento” non ha mai mostrato entusiasmo.
L’agenda degli eventi del 2016, a cura di Massimo Acanfora che racconta a viaggiatori, turisti ed appassionati l’Italia attraverso i festival più significativi (101 più citazione di un centinaio), ha lo scopo di far incontrare sulla carta stampata i progetti che più degni di attenzione dal punto di vista culturale. Si tratta di manifestazioni capaci di far coincidere quel valore con lo sviluppo del territorio in chiave sostenibile, non soltanto in relazione al numero delle persone che attraggono, ma anche al modo col quale si rapportano al luogo stesso.   Il minimo comune denominatore sono dunque le comunità locali, vero target di riferimento, su cui bisogna concentrarsi per disegnare progetti culturali “sani”, che abbiano lungo respiro; l’attrattività turistica dovrebbe essere solo la naturale conseguenza di un aumento di valore – in chiave di benessere sociale – del territorio.
E chi si lega ad un festival tende a seguirlo nel tempo, a attenderlo come il ritorno di un figlio, di cui si è impazienti di vedere quanto il suo percorso si sia arricchito, con la certezza di arricchire anche il proprio.

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