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Internazionalizzare l’industria musicale italiana è possibile?

  • Pubblicato il: 18/07/2017 - 18:29
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DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Dino Lupelli,

In occasione della presentazione ufficiale della prima Milano Music Week (che si terrà a Milano dal 20 al 27 novembre), avvenuta durante ArtLab17-il festival delle politiche culturali di Fitzcarraldo, lo scorso 23 giugno a Base, Dino Lupelli, Presidente Italian Quality Music Festivals ha presentato lo stato dell’arte del sistema musicale italiano, il 7° al mondo, cresciuto in tutti i suoi comparti, nonostante la crisi iniziata nel 2008. Un processo di innovazione che ha toccato le istituzioni più rappresentative dell’industria musicale, che hanno iniziato a dialogare, i festival italiani hanno risposte territoriali e di attrattività turistica. Le principali piattaforme musicali internazionali  hanno dedicato focus al nostro paese.  Entro l’anno, verrà attivato l’ufficio per l’export musicale italiano - finanziato dalla SIAE, ma “occorre pensare a una strategia di posizionamento della musica made in Italy nel mondo: l’immagine è stereotipata e vecchia. Bisogna affidarsi a giovani talenti capaci di generare anche un rinnovamento del linguaggio”.
 


 
Il sistema industriale musicale italiano è il 7° del mondo (qualcuno dice 8°) ed è cresciuto in tutti i suoi comparti nonostante la crisi iniziata nel 2008.
 
La sua forza è storicamente il mercato interno: sino a pochi anni fa le classifiche di vendita di dischi e concerti vedevano trionfare a livello numerico solo artisti italiani, spesso agevolati da un sistema mediatico dominato dalla TV dove i contenuti in “lingua” non sono mai stati particolarmente graditi.
 
Poi è arrivata la rete che non solo ha spazzato via i numeri milionari delle vendite di dischi, ma ha anche accorciato la filiera e ha annullato l’oligopolio dei vecchi media.
 
Il risultato è oggi quello di un mercato facilmente conquistabile dalle potenti multinazionali americane e inglesi che lo dominano a scapito del prodotto e delle imprese italiane.
Come in altri settori quindi cresce complessivamente il mercato, ma si riduce il protagonismo dell’industria nazionale.
Occorre quindi fare sistema per andare a conquistare fuori dai confini nazionali nuove quote di mercato e finalmente esportare più musica italiana all’estero, in una parola internazionalizzarsi.
Ma con quale strategia?
Si potrebbe guardare all’Olanda, che ha puntato sulla strutturazione di un sistema nazionale di piattaforme, dove percorsi di formazione e attività di networking internazionale sono funzionali alla sviluppo di un livello medio di competenze e connessioni più elevato della media europea e mondiale.
Ma c’è anche l’Inghilterra che oltre al traino commerciale spontaneo ha messo in rete tutti gli addetti ai lavori e si presenta a livello internazionale come un gruppo compatto.
C’è inoltre il modello francese, fatto di esemplari istituzioni pubbliche dedite al sostegno della musica attuale (come la definiscono oltralpe).
 
E da noi? Oggi si sta avviando in Italia in maniera più spontanea un vero e proprio processo di innovazione, che riguarda praticamente tutto il sistema.
Da un lato le istituzioni più rappresentative dell’industria musicale, SIAE, FIMI, ASSOMUSICA, NUOVO IMAIE hanno cominciato a dialogare tra loro e con altre istituzioni come il Comune di Milano (vedi il lancio congiunto della prima Milano Music Week avvenuta durante ArtLab17, lo scorso 23 giugno), dall’altro una nuova e forte scena musicale italiana si è guadagnata i favori del pubblico della rete, sia a livello nazionale che internazionale grazie a una nuova categoria di manager più a loro agio con i nuovi strumenti di comunicazione.
Come spesso accade a noi italiani ammalati di esterofilia, del potenziale internazionale (ancora inespresso) della filiera musicale italiana si sono accorti prima gli altri che noi stessi: nel 2017 due tra le principali piattaforme musicali internazionali (Canadian Music Week e Waves Vienna) hanno organizzato un Focus sull’Italia e l’anno prima l’aveva fatto SXSW, la più grande manifestazione B2B al mondo in campo musicale.
Cominciano a piacere molto anche i festival italiani, che stanno attuando convincenti strategie di marketing legate alle potenzialità turistiche dei propri territori: mai come quest’anno si sono registrate percentuali crescenti di presenze internazionali nelle diverse manifestazioni sparse su tutto il territorio.
C’è poi da credere che con l’attivazione, entro l’anno, dell’ufficio per l’export musicale italiano - finanziato dalla SIAE per tre anni - si potranno aprire definitivamente quei canali di comunicazione stabile con il mercato internazionale che potrebbero fare la differenza nella bilancia commerciale.
Infine esistono anche da noi le piattaforme di networking: Linecheck a Milano, Medimex in Puglia, Reset a Torino stanno attivando anno dopo anno sempre maggiori scambi a livello nazionale e internazionale a beneficio dell’intera filiera musicale.
 
Ma tutto questo forse non basta: occorre pensare a una strategia di posizionamento della musica made in Italy nel mondo perché attualmente l’immagine è stereotipata e vecchia, e per far questo bisogna affidarsi a giovani talenti capaci di generare anche un rinnovamento del linguaggio.
 
Dino Lupelli, direttore generale Linecheck, founder Elita, Presidente Italian Quality Music Festivals

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