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Il workshop fotografico di Reza Deghati avvicina l’apertura del Museo Internazionale dell’Immagine-Terzocchio Meridiani di Luce

  • Pubblicato il: 14/10/2011 - 01:07
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI CIVILI
Articolo a cura di: 
Anna Follo
Workshop fotografico di Reza Deghati

Catania. Con la conclusione del workshop fotografico diretto dal fotoreporter iraniano Reza Deghati si è chiuso un importante capitolo del processo di costruzione del Museo Internazionale dell’Immagine-Terzocchio Meridiani di Luce che sarà realizzato a Librino. Il Museo dell’Immagine è stato ideato dalla Fondazione Fiumara d’Arte con il supporto Fondazione Telecom Italia per segnare la rinascita del quartiere catanese di Librino, uno dei più degradati della città e con un alto tasso di criminalità giovanile. Fiumara, fondata e presieduta da Antonio Presti, da 10 anni dedica il proprio impegno sociale e culturale per la riqualificazione del più popoloso quartiere di Catania, progettato a metà degli anni '60 da Kenzo Tange, dove oggi vivono più di 30 mila persone, molte delle quali in condizioni di disagio sociale ed umano. Il Museo Internazionale dell’Immagine-Terzocchio Meridiani di Luce nasce grazie alla partecipazione degli studenti delle scuole di Librino, dai quali è nata l’idea di un museo virtuale che sarà costituito da installazioni fotografiche, proiezioni video, realizzazioni multimediali proiettate sulle facciate cieche dei palazzi, che diventano in questo modo gli spazi espositivi del museo.
Durante i due anni di workshop con Reza Deghati, oltre 100 alunni delle scuole Campanella Sturzo, Mangano, Dusmet, Cannizzaro e San Giorgio sono stati diretti dal grande fotografo per imparare ad immortale immagini del proprio quartiere, della propria famiglia e della propria quotidianità. In questa prima fase del lavoro sono state scattate e archiviate più di 30 mila immagini che andranno a comporre la collezione del Museo Internazionale dell’Immagine-Terzocchio Meridiani di Luce; ora la Fondazione Fiumara d’Arte continua il suo lavoro di classificazione, editing, preparazione tecnica del museo. Il nome del museo, Terzocchio-Meridiani di Luce, è riferito all’idea indù di occhio del cuore: sul sito del museo Antonio Presti dice, riferendosi al terzo occhio: «Apritelo e vedrete Librino trasfigurato. Vedrete le facciate dei palazzi farsi schermo per immagini proiettate dal mondo intero, vedrete le strade e le piazze farsi museo, vedrete la poesia farsi ricchezza. (…) Terzocchio perché nei luoghi di mancamento, dove si affermano le tenebre e il buio, bisogna partire dall'illuminazione delle coscienze. Gli abitanti del quartiere devono acquisire la consapevolezza di valere, di essere belli».
Cento condomini hanno dato la disponibilità per diventare «tavolozza» per le opere del museo; ogni anno saranno scelte le 10 facciate su cui installare le gigantografie o alloggiare gli schermi dove proiettare le immagini raccolte nel grande archivio del museo. Supporto tecnico per lo sviluppo del progetto è stato fornito dalla Fondazione Aina World, da National Geographic Italia, da LesPheripheriquesvousparlent, dal Museo di Arles e dalla Fondazione Candido Cannavò Tifo positivo.
Anche la gestione ordinaria del museo rientrerà in un progetto di educazione civica, sarà infatti affidata ad una cooperativa sociale formata da ragazzi del quartiere e da figli di detenuti, che la Fondazione Fiumara sta organizzando in collaborazione con il Ministero di Grazia e Giustizia e con il Ministero delle Pari Opportunità.
La Fondazione Telecom Italia ha sostenuto economicamente il progetto, col quale condivide l’obiettivo di promozione del diritto alla conoscenza come fattore imprescindibile di inclusione sociale. Fabio Di Spirito di Fondazione Telecom Italia, intervistato da Veronica Femminino su BlogSicilia, ha espresso la propria soddisfazione in merito al progetto, definendolo «un esercizio di cittadinanza attiva, un momento di ridefinizione della propria identità attraverso la bellezza e la sua fruizione collettiva».
Il Museo Internazionale dell’Immagine-Terzocchio Meridiani di Luce si presenta inoltre come un interessante modello museologico. È infatti un museo che viene concepito per essere in continuo mutamento e che vive solo all’aperto come manifestazione e risultato di una rete di relazioni tra gli artisti e gli abitanti di Librino.

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