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Il welfare culturale: un attualissimo tema inattuale

  • Pubblicato il: 15/06/2015 - 23:00
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Pier Luigi Sacco

«Stiamo assistendo alla maturazione di una consapevolezza delle potenzialità della cultura nel contesto medico-sanitario che va al di là della singola, piccola esperienza laboratoriale per diventare una nuova area di ricerca e di pratica clinica che può estendersi ad ambiti sempre più ampi delle professioni della salute». Pier Luigi Sacco sul convegno internazionale « Long Live Arts» tenutosi a L’Aja

 
Il 21 e 22 maggio scorsi, a L’Aia si è tenuto il convegno internazionale Long Live Arts!: un punto di incontro per i sempre più numerosi ricercatori, esperti e professionisti di tutto il mondo impegnati sul tema del rapporto tra cultura e salute. Le esperienze di arte terapia e di musicoterapia sono note da tempo, ma la differenza rispetto al passato, efficacemente illustrata dai partecipanti al convegno e dai temi delle relazioni presentate, sta però nel fatto che stiamo assistendo alla maturazione di una consapevolezza delle potenzialità della cultura nel contesto medico-sanitario che va al di là della singola, piccola esperienza laboratoriale per diventare una nuova area di ricerca e di pratica clinica che può estendersi ad ambiti sempre più ampi delle professioni della salute.
 
Una chiara testimonianza di ciò arriva dal fatto che, anche in un convegno così ricco e articolato, per poter mantenere una coerenza tematica è stato necessario circoscrivere l’attenzione ad un aspetto fondamentale, peraltro tra i più importanti: il ruolo della cultura nell’ambito dell’invecchiamento attivo e della gerontologia. L’Europa, e più in generale l’occidente, sono soggetti a dinamiche di invecchiamento che tutti conosciamo, e che stanno ponendo problemi nuovi che non si limitano a quelli già formidabili della sostenibilità finanziaria dei sistemi di welfare, ma hanno a che fare sempre di più con la qualità della vita delle persone anziane e con la dignità della vita umana in condizioni di progressiva perdita di capacità e di autosufficienza. Il panorama delle esperienze presentate all’Aia mostra chiaramente come esista ormai una solida corrente di ricerca e di pratica clinica in ambito gerontologico che fa della cultura uno strumento terapeutico di primaria importanza e di altrettanto primaria efficacia. Sono risultati che emergono non soltanto dalle sperimentazioni di maggior successo, ma anche dai progressi delle neuroscienze, che ci permettono di capire in sempre maggior dettaglio e con sempre maggior precisione attraverso quali sottili, e spesso complessi meccanismi la pratica artistica e culturale costituisca per il nostro cervello una vera e propria ginnastica che produce effetti profondi nel mantenimento delle capacità cognitive come di quelle emotive, per limitarci agli aspetti più macroscopici.
 
Da questo punto di vista merita particolare attenzione ad esempio il coinvolgimento delle persone anziane, anche con problemi di autosufficienza o di decadimento cognitivo, in attività legate alla dimensione sociale del fare musica, ad esempio il cantare in coro. Il gruppo di ricerca di Theo Hartogh all’Università di Vechta in Germania, ad esempio, ha costruito su queste basi un vero e proprio approccio alla gerontologia culturale che sta producendo risultati di notevole interesse da parte della professione medica. Analogamente, un neuroscienziato di primo piano come Erik Scherder dell’Università VU di Amsterdam ha offerto una panoramica degli effetti che la pratica culturale già in giovane età produce dal punto di vista della prevenzione del rischio di demenza in età avanzata. Ai contributi scientifici si affiancano poi esperienze pratiche di estremo interesse, spesso portate avanti anche da piccole organizzazioni, come nel caso di Creative Aging International, il cui direttore Dominic Campbell ha offerto una impressionante panoramica delle possibilità offerte dalla progettazione di attività culturali interamente pensate, e co-sviluppate, proprio con persone anziane affette da problemi di decadimento cognitivo e autosufficienza: più che una terapia, le arti diventano qui un vero e proprio modo di plasmare l’ambiente sociale in cui invecchiamo e di dargli soprattutto un connotato umano non soltanto dal punto di vista della qualità dell’assistenza, ma dell’esperienza del significato dell’invecchiare e della capacità di sentirsi ancora parte attiva della comunità malgrado le crescenti limitazioni a cui si è inevitabilmente sottoposti.
Il convegno, che pur avvenendo in una atmosfera di estrema apertura e informalità ha ricevuto attenzioni importanti anche dal mondo istituzionale olandese, si è chiuso con una chiara percezione di essere all’inizio di una lunga strada e ha prodotto come risultato concreto la creazione di una rete ancora più fitta tra gli operatori e gli sperimentatori attivi in ogni parte del mondo. Malgrado la rapidissima crescita e i risultati convincenti, si tratta tuttavia ancora di prospettive lontane dalla percezione dei decisori politici, dell’opinione pubblica e di gran parte della professione medica e sanitaria, e questa è una grandissima occasione persa. Le evidenze disponibili offrono un quadro concordante circa la possibilità di miglioramento della qualità della vita delle persone anziane attraverso la cultura, che a sua volta produce riflessi immediati tanto sull’efficacia che sui costi dei processi di cura e di assistenza. Un’applicazione sistematica di questo tipo di approccio alla popolazione anziana europea potrebbe avere un impatto su scala macroeconomica sui nostri sistemi di welfare, ottenendo un effetto contemporaneo di miglioramento delle condizioni di vita e di riduzione dei costi dei trattamenti, e allo stesso tempo aprendo nuove prospettive per i professionisti della cultura interessati a sperimentare nuovi percorsi e nuove specializzazioni.
Non sorprendentemente, è soprattutto nel nord Europa che le amministrazioni iniziano a guardare con attenzione a questi temi. Ma in Italia le esperienze non mancano, anche per quanto riguarda il particolare tema degli anziani. E quindi arrotoliamo il nostro messaggio, chiudiamolo nella bottiglia, affidiamolo alle onde e speriamo che qualcuno lo raccolga.
 
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